Data / Ora
Date(s) - 14/08/2021 - 27/08/2021
7:00 pm
Luogo
Fourteen ArTellaro
Categorie
Serena Fineschi | Ingannare l’attesa
Rassegna Osare Perdere
a cura di Gino D’Ugo
Nella visione di una minimale esperienza del corpo, Serena Fineschi ci avvicina a una dimensione precaria, in bilico tra ciò che possiamo vedere e la percezione che da essa ne può derivare.
Il tempo scorre e, rispetto all’immobile, il gesto del girarsi i pollici è già trasmissione di un’esigenza o di un segnale di impazienza. Attraverso un atto apparentemente insignificante o tacciato di pigrizia, le falangi ruotano a costruire orbite che appaiono infinite e rimandano a un quesito esistenziale.
Se l’esperienza del corpo è restituzione della mente, questo gesto contenuto è sintomo di riflessione e rinuncia a ciò che altri si aspettano; lo stesso corpo si sottrae alla funzione e attraverso una compulsiva reiterazione svincola la mente dal percorso automatico confrontandosi col disagio, per un’imminente proseguo.
All’inizio degli anni ‘20 Dino Campana scriveva “Fabbricare, fabbricare, fabbricare/preferisco il rumore del mare…” con la sua triplice ripetizione a rendere manifesto uno stato di disagio e monotonia ritmato dal fardello continuo di necessità quotidiana in una società industrializzata rimandando alla indefinitezza propria dell’infinito, evidenziando il lavoro di costruzione e di demolizione, infruttuoso, folle, nel quale l’uomo moderno è attanagliato.
È passato un secolo e la necessità di una critica al nostro vivere, non solo non viene meno, ma richiede una maggiore attenzione per la quale Serena Fineschi ne rimarca concettualmente il significato, a suo modo, ad libitum.
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