Nel mito della caverna Platone racconta di una stirpe di uomini incatenati dalla nascita in un antro oscuro e costretti a vedere solo le ombre della realtà esterna proiettate sulla parete opposta all’uscita alla quale sono costretti a rivolgersi. Fidandosi delle proprie interpretazioni sensibili, considerano reali le forme che intravedono e non riescono a comprendere che esse sono generate da un fuoco collocato all’apertura della prigione che funge da diaframma tra loro e i veri oggetti situati fuori. Secondo il filosofo ateniese il mondo dei concetti universali è intellegibile alla ragione ma non alla percezione, che riesce a rilevarne solo alcune manifestazioni parziali e soggettive come le ombre proiettate dal fuoco nella caverna. Gran parte del pensiero occidentale si fonda sulla “luce della ragione”, intesa come aspirazione a raggiungere verità assolute, postulando un’implicita analogia tra la pretesa inconfutabilità dell’approccio razionale e l’oggettività del senso della vista, che risulta istintivamente il più convincente quando si tratta di discriminare il vero dal falso.
Fabrizio Corneli (1958, Firenze) sin dagli esordi stravolge la presunta attendibilità della testimonianza oculare con strutture minimali in grado di generare suggestivi giochi di ombre e luci che, osservate da precise angolature o in determinate ore del giorno nel caso dei lavori realizzati per l’esterno, si trasformano in immagini. Queste visioni, sospese come miraggi sul punto di scomparire, sostituiscono il corpo sensibile dell’opera con un’emanazione immateriale che ne rappresenta il fine e la più autentica essenza, sovvertendo l’abituale gerarchia tra realtà e illusione. Anche se ciò che è concreto e tangibile (i minuziosi intagli su lastre di rame, acciaio e alluminio collocati all’interno o in prossimità delle fonti luminose che producono le immagini) non sembra a prima vista relazionarsi con ciò che si percepisce a livello sensoriale, l’efficacia dell’opera deriva proprio da questa discreta matrice hardware che porta inscritta la sofisticata competenza matematica e scientifica che ne permette il funzionamento percettivo.
A distanza di dieci anni dall’ultima personale, Corneli torna a esporre allo Studio G7 una raffinata selezione di lavori che ripercorrono i principali filoni di una ricerca artistica improntata a una mai ripetitiva coerenza e ne presentano gli sviluppi più recenti.
Si parte quindi da Busy Bees (2009), proiezione luminosa generata da un’ampolla in vetro con lampada interna che mostra due grandi fiori da ammirare al buio, esotici e avvolgenti come le infiorescenze che in natura dischiudono i loro petali solo quando l’umido silenzio della notte le protegge da sguardi indiscreti. L’effetto dell’opera in questo caso si basa sull’antico principio dell’anamorfosi, che consiste nel proiettare un’immagine su una superficie in modo tale che il soggetto sia riconoscibile solo da un preciso punto di vista, secondo lo stesso principio delle decorazioni architettoniche illusionistiche con cui i pittori Manieristi e Barocchi affrescavano i palazzi nobiliari. A differenza di quest’ultimi Corneli applica le regole prospettiche e percettive da cui nascono le sue figure evanescenti al dispositivo-generatore e lascia che le forme si materializzino libere da ogni contorno nella reciproca compenetrazione di ombre e luci.
Il confine tra visibile e invisibile diventa ancora più labile nelle due opere della serie Halo (2016), formate da due lastre quadrate di alluminio verniciate in verde e viola, su cui un led proietta un cerchio dai contorni sfumati tono su tono. La perfezione di queste sagome astratte diventa atmosfera spirituale quando ci si addentra nel raggio d’azione dell’opera, che a distanza ravvicinata emette una soffusa iridescenza sferica che evoca l’aureola del divino e del santo rendendo immanente un’indefinibile apparizione energetica.
L’excursus cronologico si conclude con la grande installazione cinetica site-specific intitolata Respiro (2017) che accoglie il visitatore all’ingresso della galleria: una struttura rotante sospesa composta da strisce di led alternate di colore bianco caldo e freddo gira su se stessa espandendosi come se fosse una creatura senziente o il misterioso dna di un’intelligenza artificiale superiore. Il suo movimento centrifugo assorbe nell’orbita di rotazione lo spazio circostante che gradualmente sincronizza il proprio tempo con la regolare e progressiva dilatazione della struttura che allargandosi si protende verso l’alto sollevando con sé anche i pensieri e le emozioni di chi la contempla.
La mostra evidenzia il talento di Corneli nel rendere tangibili sensazioni e impressioni rarefatte: l’artista, ribaltando la priorità platonica dei concetti rispetto alle opinioni, mette la razionalità al servizio della poesia e ripristina l’ancestrale attitudine dell’arte a indurre stupore e meraviglia per invitare lo spettatore in un’affascinante caverna di sogni in cui è ancora possibile abbandonarsi all’otium antico.
Info:
Fabrizio Corneli. Attenzione Scultura in Rapido Movimento.
2 dicembre 2017 – 10 febbraio 2018
Testo critico a cura di Silvia Evangelisti
Studio G7
Via Val D’Aposa 4 A, Bologna
Fabrizio Corneli, “Busy Bees” 5, 2008, bottiglia e pallone da laboratorio scientifico verniciata, ottone, lampada alogena, trasformatore
Fabrizio Corneli, “Halo” verde sfumato azzurro, 2016 materiali vari su alluminio verniciato, led
Fabrizio Corneli, “ATTENZIONE Scultura in rapido movimento”, 2017, veduta dell’installazione presso la galleria Studio G7
Fabrizio Corneli, “ATTENZIONE Scultura in rapido movimento”, 2017, veduta dell’installazione presso la galleria Studio G7
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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