Ha inaugurato lo scorso fine settimana a Verona il Festival Grenze Arsenali Fotografici, rassegna internazionale di fotografia che ogni anno riflette su un diverso aspetto dello “specifico fotografico” attraverso i lavori di artisti affermati ed emergenti che vengono invitati dai direttori artistici Simone Azzoni e Francesca Marra a esporre i loro progetti in varie sedi della città scaligera. Il nutrito programma di questa quinta edizione è dedicato al tema del falso, inteso come dubbio metodico sulla presunta verità dell’immagine e come strumento d’indagine sul destino della fotografia in base all’assunto che “la finzione non sia l’opposto della realtà, ma un ponte per comprenderla”. Come di consueto, alle proposte espositive si affianca un’accurata programmazione di eventi collaterali, conferenze, workshop, laboratori e l’atteso appuntamento della lettura portfolio, in cui professionisti affermati del settore (quest’anno Yvonne de Rosa, Valeria Lureano e Paula Sunday) offrono i loro feedback ad aspiranti fotografi e giovani artisti.
Il cuore pulsante del festival è il quartiere di Veronetta, uno dei più vivaci e multietnici della città, che ospita le mostre di Francesco Amorosino, Susi Belianska, Joan Fontcuberta/ Pilar Rosado, Thania Petersen, Klaus Pichler, Sethembile Msezane, Ruben Torras Llorca, Kai Yokoyama e Sonja Žugić al Bastione delle Maddalene, baluardo cinquecentesco che costeggia la sponda sinistra dell’Adige, recentemente adibito a museo permanente sulla cinta muraria e a contenitore culturale della città. Nello stesso distretto sono ubicate le mostre di Sara Munari e Lina Pallotta (presso Grenze | Galleria d’Arte Contemporanea, in collaborazione con Isolo17) e quelle di Valeria Laureano e Paula Sunday (presso Spazio Alva), mentre la sezione OFF, che coinvolge i lavori di Silvia Barp, Chiara Bruni, Alessandro De Leo, Janowska Jadwiga, Nahid Rezashateri, Stefano Zancan e Chiara Zuanazzi, è ospitata al Lazzaretto di Verona a Porto San Pancrazio, complesso costruito per volere della Repubblica di Venezia come ricovero di malati contagiosi e come luogo di quarantena per i viaggiatori provenienti dal Nord.
In quest’articolato palinsesto merita anzitutto una menzione speciale il progetto DÉJÀ-VU di Fontcuberta/Rosado, presentato in anteprima assoluta per l’Italia, che esplora le omologie dell’inconscio creativo artificiale e umano. La serie in mostra nasce dalla scansione dell’intero data base delle immagini digitali dei dipinti del Museo del Prado mediante un software di deep learning, progettato per allenare l’intelligenza artificiale, che attraverso un algoritmo GAN (Generative Adversarial Network) ne campiona i pattern visivi più ricorrenti per riprodurli sotto forma di opere a sé stanti di formato identico. La straniante galleria di stratificazioni figurative generata da questo esperimento, in cui la nostra memoria tenta senza successo di individuare precisi referenti stilistici, immerge lo sguardo negli abissi del perturbante con la sua indissolubile miscela di familiarità ed estraneità, suscitando, allo stesso tempo, una raffinata riflessione sugli stereotipi della cultura visiva attraverso una sistematica interrogazione sulla portata euristica delle categorie di imitazione, analogia e identità.
Se il progetto del duo spagnolo mette in risalto la labilità dei confini tra omogeneità e differenza, il lavoro di Ruben Torras Llorca, prodotto dal festival partner Panoramic di Barcellona (diretto da Fontcuberta), si fonda invece sulla collisione di mondi reali e immaginari che vengono amalgamati dalla rielaborazione digitale. Il film Road Moview nasce infatti dalla sovrapposizione di vedute tratte da Google Earth e personaggi di film cult, in un’unica ambientazione fittizia che rimanda all’estetica dei videogiochi e alla surrealtà del metaverso. Le mappe tridimensionali di Google e la narrazione cinematografica appaiono qui accomunate dalla stessa sospensione dei limiti spazio-temporali, finalizzata a offrire l’illusione di un’esperienza integrale a partire tanto da una restituzione il più oggettiva possibile della realtà quanto da una dichiarata finzione. La collisione di elementi innescata da Torras Llorca genera un’inaspettata coincidenza di opposti che quasi spinge lo spettatore a chiedersi cosa potrebbe succedere se gli capitasse di incontrare anche sé stesso nei frame dell’artista, accanto ai drughi di Arancia Meccanica, a Edward Mani di Forbice e ad altri casuali passanti.
Rimanda all’indistinguibilità tra paesaggio reale e immaginario e alle contradizioni concettuali dell’oggettività anche il progetto di Francesco Amorosino che, in Fantastic Voyage, documenta un suggestivo viaggio tra galassie e universi sperduti inquadrando a distanza ravvicinatissima polpe ed epidermidi di ortaggi e frutta, di cui rivela l’insospettabile bellezza. La sorprendente analogia tra micro e macro evidenziata da questi scatti induce l’intuizione di quanta bellezza sfugga all’occhio umano, albergando in livelli visivi interdetti alle nostre percezioni sensoriali.
Di segno totalmente diverso The day you were born, I wasn’t born yet, una poetica serie di immagini in cui Kai Yokoyama ricostruisce il proprio rapporto con la madre anziana attraverso fotografie tratte dall’archivio familiare e indistinti scatti di dettagli di paesaggio, che diventano metafora di pensieri e rimozioni. Con un approccio potente ma pieno di pudore, l’artista mette in atto un processo di costruzione della memoria che procede per frammenti, elisioni, premonizioni e amplificazioni oniriche. La rielaborazione-reinvenzione della memoria, questa volta collettiva e culturale, è il fulcro dell’opera di Sethembile Msezane, che in Kwasukasukela – Re-imagined bodies of a (South African) propone iconiche interpretazioni della donna africana attraverso un dialogo tra corpi statuari potenziati da attributi mitologici, architetture colonialiste e cieli astrattamente bianchi. La progettazione dell’identità ritorna nel Diario di una doppia, uso singola di Paula Sunday, appunti visivi sull’autorappresentazione che sembrano declinare in atmosfere lynchiane gli enigmi dei primi lavori di Cindy Sherman. Concludiamo questo excursus rammentando la sincera indagine di Lina Pallotta nel mondo “marginale” del movimento transessuale/transgender operata attraverso una serie di coinvolgenti ritratti in bianco e nero di soggetti che sembrano cercare un sofferto equilibro tra intimismo e volontà di auto-affermazione.
Info:
Grenze Arsenali Fotografici
1/09 – 26/09 2022
www.grenzearsenalifotografici.com
Joan Fontcuberta y Pilar Rosado, DÉJÀ-VU, 2022, courtesy Festival Grenze Arsenali Fotografici
Ruben Torras Llorca, Road Moview, 2021, courtesy Festival Grenze Arsenali Fotografici
Francesco Amorosino, Fantastic Voyage, 2018, courtesy Festival Grenze Arsenali Fotografici
Sethembile Msezane, Kwasukasukela – Re-imagined bodies of a (South African) 90s born Woman, 2015-2016, courtesy Festival Grenze Arsenali Fotografici
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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