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Fiction is a Terrible Enemy. L’incubo distop...

Fiction is a Terrible Enemy. L’incubo distopico di Will Benedict

Fiction is a Terrible Enemy è la personale del californiano Will Benedict organizzata a Roma da Fondazione Giuliani. Il filo conduttore delle opere selezionate, fra video, gouache, e poster, è l’indagine sul rapporto tra realtà e finzione, che ci porta a riflettere sulla pericolosità delle storie che ci raccontiamo per vivere sereni. Il titolo voluto dall’artista prende spunto da una profonda critica al discorso di Trump nel giorno del suo insediamento. Infatti, “We have alternative facts”, frase utilizzata dal suo ufficio stampa, in risposta ad una nota tendenziosa sui numeri dell’insediamento presidenziale precedente, descrive il modus operandi, dell’attuale amministrazione statunitense: l’alternativa è la finzione.

Will Benedict, “I AM A PROBLEM (T.O.D.D.)”, 2016. Video, 7min. Courtesy Fondazione Giuliani per l’Arte Contemporanea

Un anno prima, Trump si era definito un candidato “Law and Order” citando, per i più giovani, una famosa fiction, ma in realtà appropriandosi di una frase del repubblicano Nixon durante la sua campagna elettorale alla fine degli anni 60. Secondo l’artista, questa espressione apparentemente innocua, potrebbe diventare una scorciatoia politica per esercitare uno strapotere e condurre alla reclusione milioni di persone. Will Benedict ha scelto la Fondazione Giuliani per proiettare in anteprima il nuovo video musicale realizzato per la band Wolf Eyes: si tratta di Enemy Ladder (2017), per l’album I AM A PROBLEM (2016) e contiene una selezione di film realizzati negli anni passati. I suoi video si rifanno spesso a formule codificate di giornalismo, quindi tecnicamente, sono del tutto riconoscibili da ognuno di noi. Ma il modo in cui queste forme tradizionali si ibridano con aspetti parodistici di una realtà parallela, o con un futuro fantascientifico, produce in noi un effetto di straniamento e causa un inaspettato sguardo narcisistico. Con un loop ipnotico, l’artista ci spinge a guardarci allo specchio e a ridere di noi stessi. Ci invita a scomporre la realtà in cui siamo immersi, e a provarne disgusto, come in The Bed That Eats (2015) in cui il candido letto, sfondo di tanti elegantissimi #sundaymorning, postati da food e fashion blogger, si trasforma in una creatura immonda. Il lusso del B&B, che perpetrato diventa accattonaggio, degrado e liquame. Questo messaggio, associato alla gigantesca golden “M” della nota catena di fast food, è chiaramente una denuncia all’epoca del consumismo e alla bulimia inarrestabile che questo ha prodotto.

Will Benedict, “The Bed that Eats”, 2015. Video, 7 min. Courtesy Fondazione Giuliani per l’Arte Contemporanea

Attraverso un breve intermezzo di gouache si riacquista una dimensione più contemplativa: si può tirare il respiro e recuperare la distanza tra noi e l’opera, anche se l’approccio alla sovrapposizione ibrida non ci lascia. Ogni opera bidimensionale è in realtà una stratificazione di livelli e anche in questo caso, è come se guardassimo più canali contemporaneamente. Untitled (2014), per esempio, è un’illustrazione in cui l’artista cerca di catturare il movimento del corpo, e noi che vediamo un uomo di spalle, potremmo essere in strada dietro di lui, ma la prospettiva scelta, unita alla cornice di vetro e alluminio, ci rimanda inevitabilmente allo sguardo-spia di Street View, o di qualche telecamera di sorveglianza. Il concetto di “Altro”, invece, è alla base dei video prodotti per l’album I AM A PROBLEM della band post industrial/noise Wolf Eyes. Due film chiaramente legati a questioni di attualità quali, terrorismo, immigrazione, protezionismo e ridefinizione dei confini geopolitici. In Enemy Ladder (2017) – secondo lavoro commissionato dalla band, e proiettato in anteprima proprio in occasione della mostra, interno ed esterno si mescolano: sotto una pioggia incessante, la squadra speciale S.W.A.T. è colta in un momento epico, in tenuta d’assalto, pronta a sgominare una pericolosissima gang, che per noi resta un nemico invisibile. All’interno dell’appartamento, al sicuro e al caldo, vediamo soltanto una donna che legge un libro, incurante, mentre i bambini guardano la tv. Ed è qui che avviene il ribaltamento tra realtà e finzione: Chi guarda cosa? È come se vedessimo una fiction poliziesca irrompere in casa nostra per tenerci al riparo dalla vita reale, mentre in tv due barboncini si contendono la poltrona presidenziale.

Will Benedict, “I AM A PROBLEM (Enemy Ladder)”, 2017. Video, 3.30 min. Courtesy Fondazione Giuliani per l’Arte Contemporanea

In T.O.D.D. (2016) la dicotomia Io/l’Altro è sicuramente più esplicita, grazie anche alla forma in cui è presentato l’incontro. Si tratta di una classica situazione televisiva, nota a tutti: il talk show. Nel caso specifico il giornalista Charlie Rose, conduce il suo personale show, e di fronte a lui, l’altro, il suo ospite, che letteralmente è un alieno, intervistato sul problema dell’immigrazione. Ciò che vediamo attraverso l’insistito primo piano è solo lo sguardo di un uomo, e la sua fermezza nel rispondere su questioni personali e dolorose, come qualsiasi altro ospite. Il video si colloca cronologicamente dopo i sanguinosi fatti di Parigi, e con la Tour Eiffel piegata e quasi implosa in una spirale, il rimando al terrorismo è inevitabile. A fare da collante tra i due video c’è l’opera di Wolfgang Breuer, No title (2011): Si tratta di una sirena munita di diffusore spray, come se la polizia fosse un congegno portatile, un accessorio da borsa, in grado di diffondere igiene e sicurezza con un semplice gesto. Toilets not Temples (2014) è l’ultimo video in ordine di allestimento, ma in realtà si tratta del primo lavoro grazie al quale è nata la collaborazione tra Will Benedict e i Wolf Eyes, infatti l’artista fu ricontattato dalla band, dopo aver scelto il brano Black Vomit, per questo film. Toilets not Temples è un giro per il mondo attraverso reportage e interviste sulle politiche alimentari e sulla distribuzione del cibo tra i vari paesi, dai salmoni norvegesi alle cipolle indiane, dal vino californiano ai generi alimentari geneticamente modificati, che danno vita a creature mostruose metà topo e metà uomo che come in The Walking Dead si moltiplicano e annientano l’umanità. La tensione visiva che si crea nei video-collage di Will Benedict costituisce una denuncia politica e sociale neanche troppo velata su molteplici fronti del sistema di vita occidentale, che impoverisce le risorse terrestri e partorisce mostri, alla luce intermittente di Law and Order.

Info:

Will Benedict. Fiction is a Terrible Enemy
11/02/2017 – 8/04/2017
Fondazione Giuliani per l’Arte Contemporanea
Via Gustavo Bianchi, 1 -00153 Roma
Da martedì a sabato 15.00-19.30 e su appuntamento
fondazionegiuliani.org


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