Quando iniziai ad approcciarmi alla videoarte uno dei miei primi incontri avvenne proprio con le opere di Francesca Lolli. Ed è inutile dirvi che fu per me rivoluzionario. Era tutto lì, all’interno dei suoi lavori. Energia, rabbia e lotta. Attualità. Femminismo. Corpi non conformi. Ambiente. Sono solo alcune delle parole chiave che potrei utilizzare per descrivere parte del mondo raccontato da Francesca. L’urgenza dei temi trattati riesce, grazie al linguaggio visuale utilizzato dall’artista, a toccare i più, senza passare per un universalismo che possa in qualche modo annullarne la sua specificità e la sua potenza. Una dialettica, quella utilizzata dall’artista, che detiene la stessa forza che veniva utilizzata durante le prime sperimentazioni video politiche e performative dei movimenti femministi italiani degli anni ‘70, tra cui Collettivo Cinema Femminista di Roma e le Nemesiche di Napoli.
Run Baby!!!, l’ultimo dei suoi lavori, è stato presentato il 5 maggio a Perugia, all’intero di Spazio Mai (evento promosso dall’hub centrale di San Sisto in collaborazione con Libera…Mente Donna) e selezionato per numerosissimi festival del settore, tra cui la storica rassegna Videoart Yearbook di Bologna. Un’opera, quest’ultima, che arriva come secondo capitolo al precedente La Santa e la Puttana e che ribadisce l’urgenza di mettere in moto la pratica femminista, non solo come arma di autodeterminazione, ma anche di moto liberatorio per tutti i corpi esistenti in questa società.
Sara Papini: Hai appena presentato il tuo ultimo lavoro Run Baby!!! al pubblico sia a Bologna sia a Perugia, come è andata?
Francesca Lolli: Ogni volta che qualcuno mi chiede di poter mostrare un mio lavoro lo considero un piccolo miracolo. Il rischio di rimanere inascoltati è sempre molto alto in un mondo nel quale, soprattutto oggi, siamo bombardati da una quantità incredibile di immagini che, proprio per questo motivo, rischiano di perdere di senso. Succede anche a me: guardo così tanti contenuti da rischiare di confonderli o di non ricordarmeli. Sono sempre molto grata di poter esporre la mia ricerca. Sento molto forte l’importanza di un’arte “politica” (non partitica ma nel senso di polis, di sfera pubblica e comune). Ogni nostra azione è un atto politico. In ogni momento della nostra giornata, anche senza accorgercene, compiamo delle scelte che hanno ripercussioni su di noi, gli altri e sull’ambiente. Al di là di questa mia divagazione i due eventi sono andati molto bene! Il 5 maggio ho avuto l’opportunità di poter mostrare il mio lavoro nella mia città natale per una causa che ritengo fondamentale. Tutto il ricavato della serata è andato all’associazione Libera…Mente Donna, che si occupa dei centri anti violenza. Per quanto riguarda Videoart Yearbook… che cosa dire? Per me è stupendo sentirsi parte di questa grande e bella famiglia.
Run Baby!!!, il tuo ultimo progetto è un vero e proprio prolungamento naturale de La santa e la puttana. Tornano infatti il videogioco, la modalità narrativa e la nostra tanto amata eroina transfemminista. Come è stato produrlo e girarlo? Come è arrivata l’idea per questo secondo capitolo?
L’idea è quella di riuscire a fare una trilogia. La santa e la puttana nasce subito dopo il lockdown. Avevo tanto tempo a disposizione e ho iniziato a sperimentare in casa. All’inizio non avevo idea di dove mi avrebbe portata questo mio “girare immagini in libertà” quando, all’improvviso ho avuto l’idea: e se creassi questa eroina transfemminista che cerca in ogni modo di liberare il mondo da stereotipi e violenza di genere? Ed ecco che è nata La santa e la puttana, eroina che cerca di abbattere ogni tipo di pregiudizio e violenza senza però riuscirci. Il game over è sempre dietro l’angolo… i diritti che crediamo essere acquisiti non sono per niente scontati. Basta un attimo e si può tornare indietro di molti anni. La cosa che mi piace molto di questi due lavori è l’ironia con la quale si trattano temi importantissimi. Credo che certi messaggi possano passare in maniera molto più efficace se narrati con una certa “leggerezza” (che non vuol assolutamente dire superficialità). Il terzo video della trilogia vedrà come protagonista un eroe che combatte contro la mascolinità tossica. Perché anche gli uomini (ebbene sì) hanno bisogno del femminismo.
Il tuo lavoro tocca molteplici declinazioni artistiche. Quali sono i prossimi progetti?
In questo momento sto lavorando al terzo film in collaborazione con Bruno Bigoni, con il quale abbiamo già fatto due co-regie (Voglio vivere senza vedermi, del 2019 e Tre donne, di Sylvia Plath, del 2021). Questo film (che nasce all’interno dell’università IULM di Milano) vedrà protagonisti i ragazzi detenuti nel carcere di Bollate e sarà un film che, prendendo spunto dall’Iliade di Omero, risulterà essere una sperimentazione tra fiction, video performance e documentario. Per quanto riguarda la video arte ho in mente di girare un lavoro incentrato sul seno ma non ho ancora le idee chiare a riguardo. Una cosa alla volta altrimenti rischio anch’io il game over.
Sara Papini
Info:
Nasce a Genova ma attualmente vive a Bologna, città dove si è laureata all’indirizzo CITEM con una tesi sulla videoarte. Lavora nel mondo degli eventi nel settore della produzione ed è cultrice della materia di Studi Visuali all’UNIBO.
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