La prima edizione di maltabiennale.art, organizzata da MUŻA, Heritage Malta e Arts Council Malta e visitabile fino al 31 maggio 2024, presenta sull’isola quindici padiglioni nazionali, con un focus su nuove narrazioni che riflettono sul paesaggio culturale mediterraneo. Il Padiglione dell’Ucraina esplora il tema della decolonizzazione nel contesto dell’invasione russa e delle complesse dinamiche del Mediterraneo con il progetto “From South to North”, curato da Kateryna Semenyuk e Oksana Dovgopolova. L’artista invitata è Alevtina Kakhidze, che realizza per l’occasione l’opera filmica All Good? attorno a cui si sviluppa l’intero padiglione che si apre con una mappa priva di confini tracciati, dove sono indicati solo i nomi delle città che fanno parte della storia in oggetto e che è letteralmente attraversato da una timeline su plexiglas in cui l’artista ricostruisce per frammenti la storia della sua famiglia come microstoria influenzata e determinata dalle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina. Pensata per Malta, l’installazione proposta collega simbolicamente Malta e Odessa, interrogandoci sulla possibilità di ribaltare la percezione di una storia sempre tracciata da nord a sud, in cui il porto di Odessa (fondato ufficialmente nel 1794 dall’Impero zarista a seguito del territorio strappato all’Impero ottomano nel 1792) diventa invece una capitale culturale a nord del Mediterraneo, invitando visitatrici e visitatori a riflettere sul passato imperiale condiviso e sulle relazioni coloniali spesso nascoste in Europa.
Antonella Buttazzo: Qual è stata la vostra ispirazione dietro il progetto “From South to North” per il Padiglione Nazionale dell’Ucraina a maltabiennale.art?
Kateryna Semenyuk e Oksana Dovgopolova: Siamo partite dal concetto che sta alla base della maltabiennale.art e dal desiderio, insito negli intenti di questa manifestazione, di rilanciare la percezione e il significato della cultura europea contemporanea per l’intero continente. Abbiamo capito che la presenza della voce ucraina nello spazio culturale internazionale è assolutamente cruciale, specialmente nel lancio di una nuova piattaforma d’arte che parte con tali premesse. Per dar forma a questa missione, che per noi era prima di tutto un atto di responsabilità diplomatica, abbiamo invitato Alevtina Kakhidze, artista ucraina di fama internazionale.
Potreste condividere con noi il processo di curatela di questo progetto e raccontarci come avete collaborato con Alevtina per portarlo a compimento?
K. S. e D.: Per prima cosa crediamo sia importante sottolineare il fatto che, come curatici, ci siamo volute prendere la responsabilità affinché ci fosse un Padiglione Ucraino a un importante appuntamento culturale europeo, creando uno spazio diplomatico al centro del Mediterraneo nell’ambito di una nuova iniziativa che parte da premesse importanti a livello politico oltre che culturalmente interessanti, in cui abbiamo voluto portare la voce dell’Ucraina. La posizione che ha proposto la curatrice della maltabiennale.art, così come tutta l’organizzazione, ha guidato fortemente la nostra visione, che è quella di guardare il mondo in cui viviamo da una prospettiva non convenzionale, cioè non da Nord a Sud ma, al contrario, da Sud a Nord ovvero da quella che viene spesso considerata un’area marginale rispetto a quella che, invece, viene considerata un’area trainante. Crediamo che ciò possa cambiare la percezione stereotipata del destino di diversi paesi, come dell’Ucraina stessa che da molti è considerata un’estensione dell’“impero russo”. Ecco, quello che volevamo proporre, è di guardare all’Ucraina come a uno Stato a Nord del Mediterraneo e a partire da questa visione abbiamo chiesto ad Alevtina Kakhidze di trovare un linguaggio artistico per la rappresentazione di questa Ucraina, che lei ha accolto con una risposta incredibilmente potente proponendoci di mostrare la forza distruttiva dell’imperialismo russo attraverso il destino della propria famiglia. Il tema della decolonizzazione è l’ambito della nostra ricerca ma non nasce per Malta, è un tema su cui lavoriamo da anni in Ucraina con la nostra piattaforma culturale per la memoria Past / Future /Art che è prima promotrice del padiglione insieme al Museo Nazionale di Belle Arti di Odessa. Il Padiglione Ucraina è stato poi realizzato anche grazie alla collaborazione con NOS Visual Arts Production e Ukrainian Institute, e realizzato dalla ONG Cultural Practices con il sostegno della fondazione IZOLYATSIA, di Trans Europe Halles e di Malý Berlín, e co-finanziato da ZMINA: Rebuilding, un programma creato con il sostegno dell’Unione Europea, vincitore di un bando dedicato al sostegno degli sfollati ucraini e dei settori culturale e creativo, mentre partner speciale del Padiglione Ucraina è Aromateque.
L’artista ha dichiarato: «Il mio progetto vuole raccontare come l’Impero Russo (e forse molti altri Imperi, ndr) possa influenzare la storia di una famiglia». Il film e l’installazione ruotano infatti attorno a una sorta di sceneggiatura che procede per frammenti della sua memoria a partire dall’incontro dei suoi genitori ad Odessa, la madre dal Donetsk (regione in cui è iniziata l’aggressione russa a febbraio 2022) giunta in città per lavorare in una fabbrica di cavi d’acciaio (da un Impero in cui era proibito muoversi da una zona all’altra senza un permesso) spinta dal solo desiderio di vivere sul mare, il padre, georgiano, arrivato a Odessa per frequentare la Marina Militare. Alevtina, quali sono le linee guida per la drammaturgia dell’opera narrativa All Good? In relazione al film, c’è qualche aspetto del backstage che trovi importante condividere?
Alevtina Kakhidze: Ero curiosa di visitare alcuni luoghi cruciali della vita dei miei genitori a Odessa ancora attivi, ovvero la fabbrica di cavi d’acciaio dove mia madre ha lavorato prima che io nascessi e l’accademia militare in cui mio padre ha studiato per arruolarsi in fanteria di marina. Entrambi amavano il mare. Il film è un modo per interrogarli, ho immaginato che mio padre fosse con me in questi luoghi e mentre giravo mi sono chiesta cosa abbia determinato l’evento del loro incontro, il mare o l’“impero russo” che allora era URSS, cioè un unico paese sia per i georgiani sia per gli ucraini. Mi interessava portare questa storia in una prospettiva di decolonizzazione è vero, ma se ci penso, la mia famiglia non ha mai parlato di colonizzazione.
A.B: Hai trovato difficoltà a raccontare questa storia, che immagino sia stata dolorosa?
A. K.: Quando ho finito di elaborare la timeline, che ho realizzato in cinque giorni a Malta a partire dai materiali che avevo portato dall’Ucraina, e mi sono messa a guardare la storia di quattro generazioni della mia famiglia, ho visto che era una storia disastrosa. E quando mi sono trovata a raccontare al pubblico ciò che avevo riportato sulla timeline, i vari elementi e frammenti, le foto, gli appunti, i disegni, le piante, le stoffe e così via, la gente mi guardava come se inventassi i fatti. Per me, come artista, è stato un modo per rappresentarli, semplicemente, per la prima volta, e per rendermi conto che non ho nessuna difficoltà a starci di fronte. Ma non si tratta di una rappresentazione storica né teorica, né critica, è solo la storia della mia famiglia raccontata in modo del tutto personale. Certo che è una storia tristissima, mia madre è andata a lavorare in una delle fabbriche più pericolose e pesanti del paese per rimanere poi incinta e doversene tornare in Donbas per crescere me e morire sfinita a un checkpoint mentre tornava da una visita a mia zia in Ucraina, che anche ha avuto una storia tragica quando la sua casa è stata distrutta dai missili di un attacco recentissimo. Così tanti eventi duri e drammatici possono riguardare una sola famiglia.
A.B.: Qual è il messaggio che sperate che il vostro progetto trasmetta al pubblico di maltabiennale.art e oltre?
K. S. e D.: Sappiamo che a volte l’arte può cambiare le percezioni del mondo in modo più profondo rispetto alla ricerca accademica o ai titoli dei notiziari. Il nostro progetto offre la possibilità di guardare l’Ucraina da una prospettiva diversa, per noi assolutamente naturale: ovvero che l’Ucraina è uno Stato a tutti gli effetti, una nazione-cultura-civiltà separata dallo stato russo. Malta da parte sua è anch’essa una colonia atipica, perché non risponde alla caratteristica principale di “colonia” ovvero di luogo occupato e “civilizzato” dall’altra parte del mondo, di cultura e etnia del tutto diverse, ma è un popolo assai vicino, sono gente bianca proprio come gli inglesi. Per l’Ucraina è più o meno lo stesso: la maggior parte dei paesi occidentali ci vede e ci racconta come fossimo una colonia della Russia, ed è così grazie alla narrazione che negli anni ne ha fatto la Russia. La guerra in corso viene spesso raccontata come una guerra civile, mentre si tratta di un’aggressione di un paese contro un altro, di una guerra propriamente imperiale. Ecco, ci interessava lavorare sulla possibilità di contribuire a trasformare questa narrazione errata.
Info:
Dopo aver conseguito la maturità linguistica, ha proseguito gli studi laureandosi in Storia dell’Arte presso l’Università del Salento, con una tesi bilingue sui Preraffaelliti. Da allora, contribuisce attivamente come articolista e collaboratrice con blog nazionali e con riviste e programmi TV locali.
NO COMMENT