“Rimpiattino” – titolo della prima personale dell’artista Giacomo Montanelli a cura di Alessandra Franetovich, Giulio Saverio Rossi e Gabriele Tosi – nasce, si adagia ed è ospitata negli spazi dell’ex galleria Margini di Massa, all’interno dell’ottima cornice creata dalla settima edizione di Cantieri Aperti Festival – un progetto di Semi Cattivi, parte della programmazione di Toscanaincontemporanea2020, sostenuto da Regione Toscana in collaborazione con il Centro Pecci di Prato. In “Rimpiattino” – le opere esposte sono frutto di una residenza fatta precedentemente dall’artista proprio tramite Cantieri Aperti Festival.
Il titolo “Rimpiattino” già porta con sé in maniera implicita la dimensione giocosa nella quale l’artista Giacomo Montanelli, classe 1996, induce l’osservatore a perdersi.
In “Rimpiattino” l’artista si nasconde e ci trova piacevolmente coinvolti e sconvolti dalla moltitudine di possibilità narrative che si celano dietro il display pittorico. Con leggerezza calviniana, alla stregua di un barone Rampante irrisolto, Montanelli ci osserva, forse, da un punto di vista sopraelevato, attraverso due tele calanti dal soffitto: due grandi simil occhi (lavori questi ultimi creati al di fuori della residenza) ben rappresentano la matrice pittorica di Montanelli, forme irradiate, che derivano e ci arrivano senza grandi perplessità dalle Avanguardie storiche; forme sospese al limen tra precisione geometrica e astrazione vibrante, vitale. Questa è una pittura che si fa gioco, serio, capace di presentarsi all’appuntamento (e qui cito il titolo dell’omonimo e fantastico libro di John Berger) con il possibile.
Una pittura digital-analogica, che si nutre di simboli urbani, tanto quanto di quelli legati alla vasta cultura a tratti perturbante del web. Smile, insetti leggiadri e pulsanti (quasi a forma di cuore) fluttuano sul colore piatto e deciso, insieme alla classica freccia cursore da monitor di pc.
Cosa stiamo guardando? Un paesaggio, uno screensaver, un frame di un videogioco anni ’80, dove lo strumento pittorico si fa atto di displacement e tante storie in movimento accadono nello stesso tempo di visione. Una pittura che si potrebbe definire simultanea nel suo essere significato, a dispetto di una prima rigidità plastica strutturale di composizione che domina nell’immediato significante.
Le estese campiture di colore, à plat, sono pause riflessive, boccate di respiro che prendiamo tra un segno, un simbolo e l’altro: impronte, scritte incomplete e un alfabeto ridotto alla sintesi di un’esperienza sognata. Semplificare è riflettere in profondità. Una pittura apostrofo, che intervalla lo spazio di visione e che viene determinata dalla sua stessa indeterminatezza. Rimpiattino è probabilmente risolto se si esperisce, giocando, senza alcuna finalità dogmatica.
Una pittura profondamente leggera che ci lascia uno spiraglio aperto, un pertugio, un gioco voyeuristico tra scritte notturne e probabili muri di chissà quale luogo. Un invito a guardare oltre alla mera struttura pittorica. Alla mente sovviene il celebre “Étant Donnés” duchampiano.
Questa dicotomia, profondità / leggerezza la ritroviamo anche nell’unica scultura in mostra, arrivata fino a noi grazie una personale rilettura e ricostruzione di disegni familiari dell’artista. Una sfera blu, costellata da fori, con un prolungamento (quasi un buffo naso collodiano) si trova adagiata su una griglia optical lignea – la dicotomia tra la rigidità della linea e la morbidezza sferica ci introducono a un’introspezione immaginifica dell’artista composta da energie contrastanti ma equilibrate.
Progettazione e fantasia si rincorrono nell’ennesimo dualismo, nel segno di una narrazione fluida e liquida, in linea con una sensibilità contemporanea sempre più mobile e insofferente alle definizioni perentorie. Le opere di Montanelli sono, dadaisticamente parafrasando, problemi senza soluzione, che con parsimonia, con economia visiva – gli elementi nella composizione infatti sono sempre pochi, ci lasciano solo indizi o ipotesi.
In Montanelli tutto è seriamente gioco, rebus visivo, enigma intellettuale.
Info:
Giacomo Montanelli. Rimpiattino
a cura di Alessandra Franetovich, Giulio Saverio Rossi e Gabriele Tosi
16 – 25 ottobre 2020
Via dei Margini 11, Massa (MS)
Giacomo Montanelli, Rimpiattino, installation view, courtesy dell’artista e Cantieri Aperti, ph. Carlo Favero
Giacomo Montanelli, Rimpiattino, Frisbee, 2020, acrilico su tela, 120 x 70 cm, courtesy dell’artista e Cantieri Aperti, ph. Carlo Favero
Giacomo Montanelli, Rimpiattino, We should al be…, 2020, acrilico su tela, 120×70 cm, courtesy dell’artista e Cantieri Aperti, ph. Carlo Favero
Giacomo Montanelli, Rimpiattino, installation view, courtesy dell’artista e Cantieri Aperti, ph. Carlo Favero
(1990) Laureata al DAMS di Bologna in Arti Visive con una tesi sul rapporto e i paradossi che intercorrono tra fotografia e moda, da Cecil Beaton a Cindy Sherman, si specializza all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel biennio in didattica dell’arte, comunicazione e mediazione culturale del patrimonio artistico con una tesi sul percorso storico-critico di Francesca Alinovi, una critica postmoderna. Dal 2012 inizia a collaborare con spazi espositivi svolgendo varie attività: dall’allestimento delle mostre, alla redazione di testi critici o comunicati stampa, a laboratori didattici per bambini, e social media manager. Collabora dal 2011 con varie testate: Vogue online, The Artship, Frattura Scomposta, Wall Street International Magazine, Forme Uniche Magazine.
NO COMMENT