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Gianni Lucchesi. Lacrime nella natura delle cose

Gianni Lucchesi. Lacrime nella natura delle cose

Hai deciso di visitare OUT THERE prima che il sovraffollamento di eventi e persone della Design Week non ti dessero altra scelta che spostarti con frenesia in una Milano che aspira a essere come prima della pandemia, ma che non lo sarà più. Guardi le mascherine stropicciate sulla tazza che usi come portamatite. Apri il computer per googlare qualche informazione prima di attraversare in metro la città e scendere a Lambrate. Digiti OUT THERE Gianni Lucchesi: trecentoquindicimila risultati in settantotto secondi. Apri il primo link e leggi: “Sculture, installazioni e dipinti sono testimoni dell’indagine di Lucchesi focalizzata, sin dai suoi esordi, sugli aspetti psicologici dell’individuo” – scrive la giornalista. L’articolo prosegue con una citazione dell’artista. “C’è però una svolta nel mio lavoro. Attraverso Galleria IPERCUBO mi sono avvicinato al concetto di ‘iperoggetto’ di Timothy Morton, inteso come qualcosa su cui possiamo riflettere ma che comunque teniamo a distanza senza percepire pienamente la portata di ciò che stiamo affrontando. In questo senso OUT THERE rappresenta un cambio rotta”.

Entri a Scalo Lambrate ma prima di arrivare allo spazio espositivo devi attraversare l’ampio giardino che circonda una vecchia costruzione industriale del Novecento. Un ex-scalo ferroviario. Ti sembra di essere in un bar sulle spiagge di Bali o di Malindi. Ragazzi dei capelli ricci e camicie vintage shakerano cocktail con il sottofondo di un DJ e i rumori dai passi sulla ghiaia. Nonostante ciò, ti accorgi subito, alzando il capo verso il muro di cinta, che sei a Milano: un’insegna gialla e blu, sgargiante e molto pop, indica che c’è un LiDL proprio accanto.

Attraversi lo spazio alberato e scavalchi le vecchie rotaie. Aroma d’incenso e lettini su cui distendersi e sorseggiare un drink. Cammini qualche passo più in là verso l’insegna della mostra, ma prima di arrivare ti soffermi su una tenda che propone Tarot Reading e Henna Tattoo. Finalmente sei lì. Sposti la tenda di velluto, si apre il sipario. Dopo qualche passo ti immergi in OUT THERE lasciandoti alle spalle la luce del giorno e delle candele. Ora ti trovi in penombra. Ogni dettaglio dell’allestimento è stato pensato in modo maniacale. L’illuminazione si esprime come parte integrante delle opere e sottolinea l’ombra nella sua fisicità. “È stato Davide Groppi a curare questo aspetto” senti dire all’artista dietro di te indaffarato con un collezionista. Osservi, fai libere associazioni. All’improvviso ricordi la parola Gesamtkunstwerk. Un’opera d’arte totale.

Ti avvicini alla prima serie di sculture intitolate “Across the River” (2021), “Piove” (2021) e “Ginevra” (2021). Sono gli “ambienti interiori”, cifra stilistica dell’artista, ricordi. Uomini solitari vengono raffigurati attraverso delle miniature in bronzo e racchiusi (protetti o alienati?) in cornici di spessore, un box in ferro che trascende la sua funzione essenziale di piedistallo. Ti soffermi di fronte alle opere. Pensi alle “strutture-strutturate-strutturante” di Bourdieu. Non ti ricordi del tutto le premesse di questa teoria ma riesci a sintetizzare il concetto in parole povere: gli individui hanno spazio soltanto per compiere azioni adeguate, coerenti e funzionali all’ordine stesso che le ha create.

Poco più in là, su una parete in cemento grezzo osservi due quadri di un metro e mezzo per due. Grandi campiture bianche dipinte in bitume al posto dell’acquarello. Sono due, ma per eloquenza espressiva scegli di concentrarti su “Cernonnus” (2021): un branco di cervi si sposta da destra verso sinistra inseguendo la propria ombra. Chini il capo sullo schermo graffiato del tuo cellulare e leggi il comunicato che hai scansionato con il qr code: “Prima di essere affascinato dalla simbologia di questo animale sono stato rapito dalla sua eleganza. Inoltre mi consente di enfatizzare da una parte il senso di gruppo, di comunità e dall’altra l’istinto, quello verso cui ci soffermiamo a fatica,” dichiara l’artista.

Ti guardi intorno. Su un cerchio appeso al soffitto, a non più di un metro e mezzo dal pavimento, una coppia conduce una danza melanconica sul filo dell’abisso. L’installazione si intitola “Tangueri” (2021) e ti ricorda quella città alla fine del mondo che si chiama Buenos Aires. Da questo anello in ferro un’ombra si proietta disegnando a terra un circolo da un pieno che non c’è. Dal vuoto al pieno. Come se donne, uomini, l’umanità intera stesse per sprofondare.

“Davanti all’evidenza dei drammi attuali non riusciamo a fare altro che distogliere lo sguardo,” prosegue l’artista nel comunicato. Ti chiedi se forse l’opera “Il golfista” (2019) non faccia riferimento proprio a questo. All’impegno delle energie nell’industria del tempo libero e l’enterteinment. Veramente siamo sul baratro dell’annientamento? Natura e Umanità compressa? Ricordi l’ultimo libro di Ian McEwan, non capisci mai il senso di queste libere associazioni. Leggi sulle note del cellulare la citazione di Virgilio.

Sunt lacrimae rerum: ci sono lacrime nella natura delle cose.

Ana Laura Esposito

Info:

OUT THERE di Gianni Lucchesi.
A cura di Nicolas Ballario. Light designer Davide Groppi.
IPERCUBO
Scalo Lambrate, Via Saccardo 12, Milano.
Fino al 26 settembre 2021 su appuntamento: info@ipercubo.eu

Gianni Lucchesi Installation view OUT THERE (2021 Courtesy: Gianni Lucchesi e Galleria IPERCUBOGianni Lucchesi, installation view OUT THERE, 2021. Courtesy Gianni Lucchesi e Galleria IPERCUBO

Gianni Lucchesi, In consapevolezza, 2021, cemento e bronzo, 20 x 20 x H194 cm. Courtesy Gianni Lucchesi e Galleria IPERCUBO

Gianni Lucchesi, Cernonnus, 2021, 250 x 150 cm, bitume su tela. Courtesy Gianni Lucchesi e Galleria IPERCUBO

Gianni Lucchesi, Cernonnus, 2021, ceramica. Courtesy Gianni Lucchesi e Galleria IPERCUBO


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