La Galleria Lorcan O’Neill ha aperto le proprie porte per ospitare la personale di uno degli esponenti di spicco del panorama artistico italiano degli anni Settanta.
Nato a Torino nel 1936, dove ancora vive e lavora, Giorgio Griffa, dopo un iniziale approccio tradizionale alla pittura, dal 1960 si forma presso Filippo Scroppo, pittore astrattista facente capo alla scuola di Felice Casorati. Con la propria sensibilità artistica, si colloca a pieno titolo nel clima dell’epoca, tuttavia, decidendo di rimanere al di sopra dei rigidi inquadramenti di alcune delle tendenze più forti di quel momento.
Per poter comprendere per intero la ricerca trasversale di Griffa, e contestualizzare la sua personalità, bisogna raccontare il fervido contesto in cui esordì. La sua attività si situa in quel radicale periodo, nato in seno all’instabilità del dopoguerra e ai conseguenti sconvolgimenti politici e sociali, in cui l’arte subì una straordinaria trasformazione. Pensiamo, ad esempio, a Jackson Pollock e alle sue tele di grandi dimensioni realizzate con la tecnica del dripping: con l’annullamento della figurazione tramite un’attività gestuale semplice e il rapporto di non assoluta preminenza di nessuna zona dell’opera, venne scansato completamente lo stile pittorico classico. Non più l’atto del dipingere con cavalletto e tela, quasi non più la meditazione che sempre, per molti, rappresentò la divergenza tra fotografia e pittura, ma un gesto e getto creativo che evidenzia l’essenza e l’autoreferenzialità della pittura. Si trattava di nuove pratiche visive ed esperienziali che, confinando il dato figurativo ed evidenziando il processo creativo, non necessitavano di mediazioni.
Ma concentriamoci su Griffa. In Italia, nella seconda metà degli anni Sessanta, Germano Celant spostò l’attenzione del pubblico sull’Arte Povera: quel nuovo atteggiamento che svalutava l’oggetto d’arte in virtù del processo creativo e dell’azione artistica. Giorgio Griffa, che entrò in contatto con alcuni rappresentanti dell’Arte Povera, certamente in qualche modo ne fu influenzato, ma sviluppò il proprio linguaggio al di fuori della tendenza.
L’artista fu anche associato al Minimalismo e si accostò alla Pittura Analitica, ma mantenne sempre la volontà di rimanere autonomo e libero da qualsiasi subordinazione. Infatti, riferendosi al gruppo dei pittori analitici dichiarò: “cavalli da scuderia ma cani sciolti”.
I lavori esposti nel grande spazio della Galleria Lorcan O’Neill svelano una qualche assonanza con queste tendenze e mostrano un ampio raggio di ricerca: tre gruppi di opere che appartengono rispettivamente agli anni Settanta, agli Ottanta, mentre quelli dislocati nella seconda sala fanno capo ad anni più recenti (2019-2021). Le tele grezze, prive di qualsiasi supporto, fiancheggiano le pareti della galleria consentendo al fruitore un approccio ravvicinato e assolutamente immersivo. I colori, che sembrano entrare nel supporto senza invaderlo, e che tuttavia padroneggiano le tele con grandi pennellate e segni, sembrano tocchi leggeri e regalano, a chi le osserva, una piacevole sensazione di sospensione.
In Griffa, si evince, non solo la volontà di studiare e adottare le condizioni proprie dei materiali e dei colori, ma anche un estremo e continuo desiderio di sperimentare liberamente il lato più profondo dell’arte, che è spesso divergente rispetto alla componente formale, che in lui appunto è messa da parte. Sussiste l’intenzione di scandagliare, attraverso la traccia pittorica, il mondo più nascosto e riservato, l’aspetto gnoseologico dell’arte. Eppure, non c’è un evidente aspetto personale in queste tele, forse sono traduzione di una necessità intima, ma è come se rimanessero a disposizione delle mutevoli indagini di chi osserva.
L’opera accoglie la gestualità di Griffa, traducendo nel miglior modo possibile, senza orpelli, la verità dei colori. Ma ciò che è più interessante nella ricerca dell’artista è la volontà di non padroneggiare l’arte, di non piegarla alle proprie esigenze, ma, al contrario, la sua capacità di tradurre ciò che l’arte e i materiali gli domandano. Ecco in cosa risiede l’essenza della ricerca di Griffa, che è in tal modo libera e potenzialmente infinita.
Claudia Pansera
Info:
Giorgio Griffa
Galleria Lorcan O’Neill, Roma
22/02/2022 – 22/04/2022
mail@lorcanoneill.com
+39 06 6889-2980
Giorgio Griffa, Obliquo, 1976. Acrilico su tela, 80 x 77 cm. Courtesy Lorcan O’Neill Gallery
Giorgio Griffa, Campo Giallo, 1986. Acrilico su tela, 147 x 112 cm. Courtesy Lorcan O’Neill Gallery
Giorgio Griffa, Campo Giallo, 1984. Acrilico su tela, 175 x 397 cm. Courtesy Lorcan O’Neill Gallery
Nata a Reggio Calabria nel 1998. A Roma consegue la laurea in Studi-Storico artistici con una tesi sperimentale sull’artista Nik Spatari. Ha scritto per alcuni magazine ed è attualmente studentessa del corso di laurea magistrale in Storia dell’Arte. Apprezza l’arte in ogni declinazione e ama raccontarla.
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