Quanto può rivelarsi arduo, per uno studente, trovarsi catapultato in un vibrante confronto con galleristi di spicco, collezionisti, critici acuti e professionisti del settore, senza tralasciare l’ebbrezza di entusiasmo che pervade l’animo dello studente? È una sfida prodigiosa, permeata di stimoli fecondi, dove lo studente ha l’opportunità di manifestare la consapevolezza artistica. La nona edizione di Opentour, che ha avuto luogo nella cornice dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, sotto la sapiente cura di Carmen Lorenzetti e Giuseppe Lufrano, non solo apre le porte dell’Accademia stessa, permettendo la fioritura di audaci talenti, ma coinvolge anche ben ventotto gallerie del territorio, creando un legame inestimabile tra formazione accademica e realtà lavorativa. Giovani talenti in galleria, grazie all’Accademia di Belle Arti di Bologna e all’Associazione Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea Confcommercio Ascom Bologna offre l’opportunità di vedere la ricerca di giovani studenti al di fuori dell’Accademia. Ho scelto di approfondire le proposte di alcune gallerie.
Partendo con la galleria di rilevanza incisiva nonché faro d’eccellenza nel panorama bolognese, P420 presenta Le Onde a cura di Davide Ferri, in collaborazione con Lorena Bucur e Giacomo Mallardo. Come le onde della matrice woolfiana, l’esposizione è un’indagine della natura mutevole, come l’uso di diversi medium, dell’identità di giovani talenti accademici. Mi viene in mente Johan Huizinga, con L’autunno del Medioevo, ove vi s’illustra un fenomeno ondulatorio, con diversi periodi che si succedono come onde, e dove il fenomeno lineare è del tutto assente. L’ho vissuta come un viaggio, dal firmamento al suolo, via mare. Anna Tappari, dalla performance sfuggente, tra spazio e voce; Veronica Bragalini, che crea intrecci di geometrie e autoritratti come serie grafiche dai colori tenui, mentre Riccardo Brevini si sposta sul materico con sculture nate da scoppi di petardi. Infine Sara Cortesi ritorna leggera con sculture che paiono essere delicate vele, caleidoscopiche e fragili. Cecilia Grelli, si dedica all’essenzialità nella pittura nei ritratti evanescenti dai tratti scarni, in contraddizione armonica dell’onda che si manifesta con Giulia Querin: sculture dalla traccia di una mano, dall’esile equilibrio fluido da pavimento a parete con forze intrinseche. Inoltre l’espansione inarrestabile trova confine nelle opere pittoriche di Jingyan Ding, ove pare che la tela sia imbevuta di un liquido viscoso e iridescente. Dopo un tal naufragare, approdiamo sulla terra ferma con Lucia Letizia Perillo, abile col pirografo, con cui cattura paesaggi e architetture su tessuto, e poi, il punto fermo: l’installazione dell’ancora nel muro di Siyang Jiang.
Galleria Studio G7, presenta l’opera video di Marco Erpete, che si inserisce nell’esposizione collettiva Space as a duty of care, curata da Daniele Capra. Col video e scene di vita quotidiana nel bagno di casa, Marco, discretamente, ci fa vedere come l’individuo si prende cura di sé da inquadrature discrete, con nota voyeuristica. Una donna che applica le creme per il corpo, un uomo che si fa la doccia. Ogni momento diventa simbolo della cura, a partire dalla propria pelle. Un video di 15 minuti che, a prima vista, può sembrare comune, banale, per poi ritrovarci a guardarlo, percependone i significati più sottili. Guardare, guardarci- lo specchio dell’umanità.
AF Gallery, con l’esposizione Compresenza degli opposti, a cura di Carmen Lorenzetti, gioca col colore come traduzione dello stato d’animo. Wu Jilan, coi colori tenui, crea opere pittoriche dolci, che richiamano alla memoria l’amicizia e l’amore, mentre Gabriele Ermini, dal colore ceruleo, richiama la melancholia, un passato, una memoria che si perde, lontana. Il tutto ritrova, in un unico spazio pittorico, il caos della natura con Donato di Schiena, vivace ed evocativo. Accattivanti, poi, i nani da giardino di Francesco Bendini.
LABS Contemporary Art presenta La misura delle cose, a cura di Lelio Aiello, Leonardo Regano e Valeriia Radkevych. Il fil rouge è il ricordo, la tradizione, il canto ancestrale. A partire da Marco Tombini, che decostruisce, secondo la new geometry il colore e il disegno rendendo il tutto scultura mobile; Irene Gris crea tessuti col modello del proprio corpo, un bozzolo; Athina Mehry Saraji anima tappeti persiani col disegno di mitologie antiche, animali e leggende; Daniele Chabonkin Cinquerrui, beffardo, crea uno spot video, tra l’umano e il grottesco, con forte denuncia consumistica, mentre tra placidità e brutalità troviamo Chantal Stanzione, dalle tele complesse e materiche; Mari, infine, ci pone sculture di stoffa, dal gusto popolare e naturale.
Ed infine, GALLLERIAPIÙ, con la bipersonale A Lullaby, che vede coinvolte le figure di Luca Campestri e Riccardo Bellelli. In uno stato di dormiveglia, ricordo inafferrabile, Campestri lavora con la visione notturna e lo spettrogramma, creando immagini sbiadite. Si intuiscono ragni, cervi. Così reali, vicini al contempo sfuggenti, in decadenza nella memoria. Bellelli gioca invece coi ready made dalle improbabili associazioni oggettuali, dalle rane alle aspirapolveri; sculture oniriche, buffe ed esilaranti. Una ninnananna di connessioni che si manifestano solo nel regno di Orfeo.
Info:
Opentour
22/06/2023- singola disponibilità spazi espositivi
Bologna
www.ababo.it/activities
Classe 1999. Si innamora dell’arte vedendo la madre dipingere. Studia Storia dell’Arte all’Università Ca’ Foscari (Venezia) e nel frattempo divulga online video di pillole d’arte. Si occupa di arte contemporanea in veste di critica, curatrice e artista.
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