Nell’era digitale e dell’esperienza mediata è radicalmente cambiato il rapporto dell’uomo con la natura: il paesaggio, osservato a distanza, sognato, rimpianto e manipolato, è diventato quasi un concetto astratto, un fondale scenografico su cui proiettare gradazioni emozionali che rivestono le superfici senza indagare la profondità visiva e organica del reale. Assediati da immagini sempre più spettacolari che si contendono l’attenzione in una serie infinita di istanti saturi ma intercambiabili, stiamo forse perdendo la capacità di sintonizzarci con il visibile e di recepire la spontanea sintassi di un ecosistema millenario che oggi appare sempre più frammentato e avulso dalla nostra percezione. È ancora possibile accostarsi al dato di fatto naturale senza fagocitarlo con le nostre sovrastrutture mentali e ideologiche e trarre dal paesaggio linfa e nutrimento per una visione del mondo libera dalle pressioni dell’efficienza e della finalizzazione? Nella mostra Per ogni estatico istante alla galleria Studio G7 due artiste di generazioni diverse che utilizzano mezzi espressivi differenti (ma tra loro in questo caso sorprendentemente complementari) provano ad accostarsi con sguardo lucido e partecipe agli ambienti naturali a loro familiari per tradurne l’essenza in immagini di innata eleganza. Entrambe operano con il bianco e nero, una scelta che sottolinea la loro volontà di scandagliare la forma generale delle singole cose che si perpetua e si rigenera in ognuna delle sue manifestazioni visibili. Il tempo lungo dell’osservazione (quello impiegato delle artiste per isolare dal rumore del mondo circoscritti frammenti significanti e quello richiesto allo spettatore per immergersi nei loro paesaggi e per cogliere il contrappunto di rimandi e opposizioni che li collegano) non dà quindi adito a una narrazione, ma a un arcipelago di istanti assoluti nella loro interna coerenza.
Le fotografie di Paola De Pietri (Reggio Emilia, 1960) si possono leggere come documenti poetici delle trasformazioni della pianura padana, luogo dove è nata e cresciuta e dove continua a vivere, nel passaggio da un’economia di tipo rurale, in cui uomini, piante e animali erano in sintonia con le stagioni, all’industrializzazione e al successivo abbandono delle case coloniche ormai inutilizzate. La sua idea di pianura coincide con un’immagine di campagna sparita, in cui i residui di un sistema agrario obsoleto si presentano come brani di archeologia architettonica ormai estranei al contesto che li circonda. Ossature di cascine isolate si ergono nella nebbia come isole enigmatiche, uno spazio altro sancito da selvaggi grovigli di rovi e da sparuti alberi spogli, che sembrano aver seguito lo stesso destino di obsolescenza delle case. Queste sporadiche evidenze di un tempo passato, drammaticamente immobili e separate dall’incalzante flusso della vita produttiva, appaiono come i fonemi ormai privi di senso di un linguaggio frammentato e afasico. La cura del dettaglio, la perfezione dell’impianto compositivo e le infinitesimali gradazioni di grigio che costruiscono l’immagine senza mai arrivare al bianco o al nero assoluti, individuano le sottili linee di collegamento tra le cose che ricostruiscono la relazione tra ciò che è rimasto e ciò che manca. Questa sensibilità tradisce il profondo amore dell’artista per la sua terra e si traduce in immagini impeccabili che non cedono ad alcun facile intento apologetico o di denuncia.
A dialogare con le visioni della fotografa troviamo la pittura di Giulia Dall’Olio (Bologna, 1983), autrice di tumultuosi carboncini su carta in cui la natura è rappresentata come un’esplosione improvvisa di fronde nello spazio-tempo azzerato del foglio bianco. Ogni lavoro parte da una macchia-accumulo, un buco nero di materia creativa grezza che si espande in tutte le direzioni e trova definizione figurativa solo nelle sue estreme propaggini. Attraverso un raffinato processo di spolveratura e riassorbimento, l’artista fa emergere “per via di levare” le foglie, che appaiono inscindibili dall’impressione del loro movimento nell’aria. La spontaneità e l’efficacia di queste immagini appena abbozzate ricorda la sprezzatura dei fondali con chiome arboree degli affreschi cinquecenteschi, con cui condividono anche la volontà di emanciparsi dai confini dello spazio architettonico reale per creare sulla parete l’illusione di un’immersione nella natura. Così, oltre alle carte incollate su tela (con una tecnica che i restauratori usano per preservare gli affreschi “strappati” dal muro per motivi conservativi, ma anche i mercanti d’arte senza scrupoli per frammentare arbitrariamente porzioni di intonaco dipinto rubate), all’incrocio tra due pareti della galleria troviamo il grande wall drawing Selva O.O., intervento site-specific che traspone in scala ambientale il respiro di questa riflessione sul rapporto tra il dato naturale e la sua sintesi visiva. I lavori di Giulia Dall’Olio realizzano con naturalezza la coincidentia oppositorum che il filosofo Niccolò Cusano considerava “trascendente le capacità del nostro intelletto” quando il pensiero si rivolge a concetti-limite quali l’idea di massimo e l’idea di minimo: astrazione e gestualità, luce e ombra, precisione e istinto si mescolano in un tutt’uno organico che affonda le sue radici nella potenza trasformatrice della natura.
Le due artiste in mostra innescano un fuoco incrociato di diagonali visive e traiettorie concettuali che si contraddicono e si completano a vicenda per trovare un minimo comune denominatore nell’esito quasi grafico delle rispettive tecniche espressive e nell’utilizzo della cancellatura e dell’assenza come elementi strutturali primari dell’immagine. Accomunate dall’interesse per l’interazione tra uomo e paesaggio, suggeriscono una raffinata riflessione sullo statuto dell’immagine intesa quasi come una sorta di negativo del reale che lascia emergere ciò che manca o non si vede più.
Info:
Giulia Dall’Olio e Paola De Pietri. Per ogni estatico istante
a cura di Irene Sofia Comi
26 settembre – 21 novembre 2020
Galleria Studio G7
Via Val D’Aposa 4 a, Bologna
Giulia Dall’Olio e Paola De Pietri. Per ogni estatico istante. Exhibition view at Galleria Studio G7, Bologna
Paola De Pietri, Senza Titolo, dalla serie Questa Pianura 2004, 2014-17, 2016, stampa digitale ai pigmenti su carta cotone, 137,5 x 165 cm, ed. 3+1a.p.
Giulia Dall’Olio, g 19][199 d, 2020, carboncino su carta, 45 x 45 cm
Giulia Dall’Olio e Paola De Pietri. Per ogni estatico istante. Exhibition view at Galleria Studio G7, Bologna
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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