Giulio Di Sturco (1979, Roccasecca – FR) è un fotografo viaggiatore, la cui ricerca si concentra sulla società del futuro, alla luce dei cambiamenti ambientali e dell’evoluzione tecnologica in atto. Il suo ultimo progetto Ganga Ma (Madre Gange, il nome con cui gli indù chiamano il fiume), risultato di oltre un decennio di lavoro, sarà presentato in autunno al festival Les Photaumnales, rassegna internazionale di fotografia in Francia, e dal 25 settembre al 15 novembre 2019 negli spazi della galleria Podbielski Contemporary. Dal 2007 il fotografo ha esplorato i 2500 chilometri che separano il Gange dalla sorgente nella catena dell’Himalaya in India fino al delta nel Golfo del Bengala in Bangladesh.
Il soggetto principale di questa ricerca è un’entità inanimata: il fiume, che Di Sturco ha deciso di osservare come se fosse un organismo vivente fotografandolo con approccio biografico. Il suo approccio ha trovato conferma nel fatto che nel 2017 l’Alta corte di giustizia dello stato indiano dell’Uttarakhand abbia riconosciuto al Gange e al suo principale affluente, lo Yamuna, lo status di entità umane. La legge è stata rifiutata dalla Corte suprema perchè dichiarata inaccettabile dal punto di vista giuridico, ma costituisce comunque una pietra miliare nella ridefinizione della relazione tra entità umane e non umane.
Il Gange è un esempio emblematico della contraddizione irrisolta tra uomo e ambiente, poiché è un fiume intimamente connesso con ogni aspetto – fisico e spirituale – della vita indiana e tutt’oggi costituisce la principale fonte di sussistenza per i circa 400 milioni di persone che vivono lungo le sue sponde. Il suo ecosistema include una vasta eterogeneità di specie animali e vegetali, che stanno rapidamente scomparendo a causa dei rifiuti tossici smaltiti ogni giorno nelle sue acque. Grande vittima degli effetti del surriscaldamento globale, dell’industrializzazione deregolata e della sfrenata urbanizzazione, il Gange è oggi uno dei fiumi più inquinati al mondo ed è evidente che sia sull’orlo di una crisi umanitaria e di un disastro ecologico che metterà in pericolo oltre un terzo della popolazione indiana.
Le immagini di Giulio di Sturco, impeccabili, silenti e misteriose, ottenute aspettando la migliore luce per creare un’atmosfera sospesa nel tempo che evidenzia la stasi e l’assenza di vita, ricreano una sorta di “estetica dell’inquinamento” che travalica il confine della documentazione fotogiornalistica per avvicinare il pubblico e indurlo a riflettere sulla crisi ecologica globalizzata. L’intensità luminosa dell’alba attutisce tonalità e forme, enfatizzando la desolazione di quei luoghi un tempo ameni e contraddicendo la stereotipata iconografia dell’India che la vede satura di colori e di vita.
Le fotografie di Ganga Ma sono apparizioni che rilevano la condizione quasi surreale di questo ecosistema malato e l’impotenza degli esseri umani che ne fanno parte. Esemplare in tal senso è, ad esempio, l’immagine un operaio che cerca di disperdere una montagna di schiuma chimica con un debole getto d’acqua, una fatica di Sisifo che ci appare subito destinata al fallimento, oppure la sconsolata traversata in barca di due pescatori che presumibilmente torneranno alle loro case con un bottino avvelenato. A causa dell’innalzamento del mare e della salinizzazione, il delta, già depauperato nei periodi di secca quando le imprese edilizie prelevano sabbia da utilizzare come materiale da costruzione, si sta trasformando in deserto, che un etereo cavallo bianco sembra rifiutarsi di percorrere.
Info:
Giulio di Sturco. Ganga Ma
25 settembre – 15 novembre 2019
Podbielski Contemporary
Via Vincenzo Monti 12 Milano
www.podbielskicontemporary.com
Giulio di Sturco, Varanasi, India, 2008
Giulio di Sturco, Yamuna River, India, 2015
Giulio di Sturco, Varanasi, India, 2008
For all images: © Giulio di Sturco – Courtesy Podbielski Contemporary
L’arte è fatta per disturbare, la scienza per rassicurare.
(Salvador Dalì)
NO COMMENT