Giulio Paolini. del Bello ideale

“Del bello ideale”, come emblema di una ricerca infinita in tensione verso una dimensione armonica, divina, ideale. Il titolo della mostra si erige quasi come dolce sintesi del lavoro artistico di Giulio Paolini, tramite l’esposizione di alcune opere portanti dell’intera produzione sino a dei lavori più recenti. Ospitata presso la Fondazione Carriero (26.10.18 / 10.02.19), quest’ultima dedica e rielabora il lavoro dello stesso artista in una collaborazione curata da Francesco Stocchi, invitando la scenografa Margherita Palli per la creazione di interventi scenici in grado di dialogare con le opere e con il pubblico, tramite una visione introspettiva e strutturata.

Fondamentale, dunque, è la struttura dell’esposizione, la quale vede attraversare l’ampio lavoro dell’artista secondo tre nuclei tematici, eretti come punti d’argomentazione ed esplicativi dell’intero percorso, nonché tematiche fondamentali della ricerca di Paolini. I nuclei si intercedono in una relazione non cronologica, fisicamente organizzati individualmente all’interno dello spazio ma in un continuo dialogo aperto e correlato.

Il primo nucleo ruota attorno al tema del “Ritratto e Autoritratto”, molto caro all’artista, nel quale fortemente si cimentò, possedendolo sino ad un totalizzante capacità conoscitiva che porta alla negazione, dunque filtrandola sino ad arrivare alla sottrazione dell’autore nella sua opera.

Sussegue un tema dedicato alla ricerca di Paolini per la misura, “In superficie” dove sviluppa la sua indagine riguardo il tema della prospettiva nelle sue varie declinazioni, come la linea dell’orizzonte, la specularità o la ripetizione come medium di analisi dello spazio e del tempo.

Infine, “Uno di due”, l’esplorazione del rapporto tra il mito e la classicità, memorie ed emblemi infiniti di bellezza, che ci riconducono ad un mondo “Altro”, creando nello spettatore un vuoto metafisico.

Il pensiero di Giulio Paolini, difatti, riecheggia in una reale riflessione metafisica sull’intero individuo, specchiato nella sua creazione artistica, sospeso e velato, tra il vuoto dello spazio e il pieno delle ombre, tesse la sua presenza fra una dimensione eterea ed al contempo analitica, di misura, di composizione.

Estremamente legato ad un “fare artistico materico”, le sue strutture artistiche constano un processo mentale e di applicazione contestuale elaborati, mantenendo come principio unificante, il gesto, il materiale, la forma elementare, come il pensiero semplice, umano, emotivo, chiavi di tensione per un pensiero verso l’evolversi.
Elementi che scuotono pensieri strutturati, di ricerca, di analisi, simboli della filosofia paoliniana nonché sintesi e principi, che rivelano come sia il gesto che precede ogni forma di raffigurazione.

Un dialogo tangente con Giulio Paolini ci porta qui ad inoltraci più a fondo in alcuni dei temi, nei quali “Del bello ideale” ci amalgama, sino a interrogativi più vasti, poiché consta di molteplici sfumature, per una prospettiva più intima conferita da alcune argomentazioni dirette dell’artista stesso.

Addentrandoci nel vivo delle tematiche analizzate nella mostra, spicca come fondamentale questione, il suo atteggiamento decisionale assunto in relazione agli elementi triadici che intercorrono nel processo creativo, ovvero la relazione dell’artista con l’opera, con il pubblico, l’opera con il pubblico.

Paolini giunge attraverso la sua estrema eleganza formale ad un “distacco” cosciente, voluto, quasi necessario, nei confronti dei principi di autorialità, posizionandosi per antitesi a molte figure artistiche la cui considerazione del “fare artistico” sfocia nella massima “tentazione all’autobiografia” come Leitmotiv di un’ossessione quasi presenzialistica.

Paolini si pone in “sottrazione”, eludendo ogni elemento di autorialità, ramificandosi dunque in dimensioni impalpabili, definite da mille determinazioni, incalcolabili, duplicando le possibilità di approccio e di comprensione e per quanto il suo processo di elaborazione progettuale a riguardo anche di un più suo maturo approccio, si mostri programmato e composto, anche i principi di aleatorietà e casualità incidono, i quali lo stesso artista riconduce ad un elemento aggiuntivo quasi programmato:

“Retrocedendo per sottrazione al punto di partenza, o recuperando la direzione verso il punto di arrivo, ci avviciniamo sempre allo stesso traguardo. L’evocazione del nulla (dove tutto svanisce fino alla perdita del ruolo dell’autore), lascia spazio alla casualità, a un “fuori controllo”, cioè a qualcosa di inaspettato ma pur appartenente alla “regola” implicita all’opera.

Un ulteriore particolare evidenziato nelle tematiche espositive, riporta agli occhi la relazione che intercede fra il corpo e la mente, delle volte contrastante nella sua ricerca, come individuo e come artista. Un infinito “stare” per il pensiero teorizzante di ogni meccanismo, umano, universale, per una dialettica totalizzante, fra un gesto minimo frazionario e la immensa teoria storica.

La Storia dell’Arte, si proietta in innumerevoli opere che rivendicano un amore, una passione da cui proviene lo stesso rapporto con il Mito. Il mito sacralizzato e de-sacralizzato, testimonianza, reviviscenza, memoria o rovina, il rapporto con il Sacro si erige fondamentale in Paolini.

La poetica dei suoi materiali parla di elementi apparentemente divenuti silenziosi, inorganici, immobili, ma sapienti di un proprio “stare” e sempre soggetti, ma al contempo, il rapporto con il suo corpo come medium artistico, molto legato all’Arte Povera ovvero ad un periodo storicamente e culturalmente artistico di implicazione del corpo, si trova anche qui, sospeso:

“Tutto è rovina, passata o futura: tutto meravigliosamente svanisce, come già detto, presentando ai nostri occhi la radice degradata ma indissolubile di ciò che vediamo.
Ho affermato altre volte – e mi piace  ripetere – che all’età di diciannove anni, compiuto il mio primo quadro, “presi i voti”. La fede insegue percorsi sempre diversi ma, all’origine coincidenti.”

Giulio Paolini è molto legato alla materia e al concetto legato all’azione, al pensiero costruito attorno alle inclinazioni degli elementi, l’intelletto che verbalizza la misura, i sentimenti ed i momenti sacri.

Un periodo artistico il suo, sopratutto, legato ad un fare esperienza dell’arte diretta, le cui traccia di testimonianza rimangono uniche e limitate: gli inviti divengono memorie da incorniciare, i manifesti d’artista reali opere, i libri d’artista sculture, divenendo ad oggi materiale “ricercato”, da collezionare.
Paolini, pertanto, non si astrae dall’origine, confluendo inevitabilmente nel rapporto tra la testimonianza cartacea e le immagini d’oggi, effimere, fugaci, afferma così:

“Dimorare in esilio: arte e religione condividono sentieri paralleli, nell’attesa di verifiche che non si manifestano e rimandano a un dopo illimitato. Come si sa nasco grafico, fuori dalla mura delle Accademia di Belle Arti: troppo legato alla matita, alla carta per tradire la mia “antica” formazione. Senza peraltro rinunciare ad avvicinarmi alle tecniche oggi disponibili.”

Un elemento che contraddistingue Paolini, inoltre, è la parola. Risuona la cura per il linguaggio in ogni qualsivoglia elemento compositivo del suo lavoro: dal titolo alla parola come oggetto-forma-verbo-visuale.
La sua poeticità converge il suo pensiero, le sue parole d’elegia suonano quasi liriche accostate alle sue opere, ricercate, articolate, suggestive e delicate.

La dimensione del linguaggio suggerisce e genera innumerevoli giochi e quesiti, sino ad uno degli enunciati della filosofia del linguaggio più intriganti di Ludwig Wittgenstein, ovvero “I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”.

Ebbene Paolini, non ha timore di dimorare nel mondo delle parole, l’infinito come corrispettivo di possibilità eterna:
“A proposito delle parole di Wittgenstein, vorrei precisare che non esiste un “mio” mondo e neppure ne sento la mancanza: mi bastano, e già accedono, i segnali del mondo reale per tentare, con le forze che ancora mi rimangono di prenderne distanza ed arrivare a una convivenza accettabile.”

Per tutte le immagini:
Giulio Paolini
del Bello ideale, 2018
installation view della mostra alla Fondazione Carriero, Milano
Ph. Agostino Osio
Courtesy Fondazione Carriero, Milano


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