In araldica l’Arpìa è una figura chimerica con volto e petto di donna, orecchie d’orso, corpo, ali, artigli e coda di avvoltoio: tra le molteplici incarnazioni dell’ibrido mostruoso, ciò che rende questo personaggio particolarmente temibile è il fatto che rimandi all’incontrollabile ferinità da cui origina l’ancestrale e misterioso potere delle donne, uno dei tòpoi più ampiamente celebrati in arte e letteratura. Da millenni le società patriarcali si impegnano a mantenere represso questo potenziale sovversivo, pericoloso per la stabilità di regole arbitrarie che traggono parvenza di legittimazione da un supposto ordine naturale delle cose, che l’orientamento ideologico di volta in volta dominante tenta di consacrare come l’unico possibile. Ma, come proprio la natura ci insegna, il nostro modello di organizzazione sociale non è altro che il risultato di una costante negoziazione tra forze contrastanti, ciascuna delle quali quando viene soffocata rimane in agguato attendendo di prendere il sopravvento. Da questo punto di vista quello della donna è da sempre (ovvero da quando si parla di civiltà) un corpo politico, venerato da tutte le culture per la sua capacità di incubare la vita, ma al tempo stesso oggetto di coercizione e controllo per scongiurare il rischio di un’indesiderata e destabilizzante supremazia femminile.
Queste tematiche, collegate all’interesse per un’iconografia eterodossa della donna, sono il fulcro della ricerca di Giusy Pirrotta (nata a Reggio Calabria nel 1982, vive e lavora a Roma), artista visiva che, dopo un inizio legato all’installazione e alla videoarte integrata dalla scultura, negli ultimi anni si è concentrata su quest’ultimo medium. In particolare, si è affidata alla scultura in ceramica per elaborare un’intensa trasposizione plastica del suo vissuto personale: plasmare, cuocere e smaltare la materia, peraltro con crescente raffinatezza tecnica, assume per lei una valenza liberatoria e catartica, che si attua facendo confluire le sue urgenze esistenziali autobiografiche nell’alveo delle amplificazioni magiche e pagane delle riflessioni sulla millenaria sottomissione femminile da parte della comunità degli uomini. In termini estetici il suo immaginario, in bilico tra la dimensione fiabesca ed etnografica, guarda al passato per dare continuità a una sorta di “matrilinearità ribelle”, in cui Giusy Pirrotta riconosce l’aspetto più vitale del suo essere al mondo in quanto donna. Le sculture, portate avanti istintivamente a partire da bozzetti grafici, incorporano elementi simbolici tratti da un sincretismo di mitologie provenienti da ogni epoca e cultura, che in questo crogiòlo si arricchiscono di nuovi attributi iconografici da lei elaborati ex novo.
La figura dell’Arpìa menzionata in apertura è il filo conduttore della mostra personale dell’artista attualmente in corso a Bologna presso CAR Gallery, che presenta gli esiti più recenti della sua ricerca iconologica sulle connotazioni mostruose e diaboliche della rappresentazione della donna. Il titolo, Luna Coronata, allude alla consolidata tradizione del rapporto tra i cicli lunari e le donne, strettamente connesso alla magia e alla stregoneria, a cui l’artista aggiunge l’aggettivo “coronata”, tratto dal nome di una particolare specie di aquila, originaria dell’Africa sub-sahariana e oggi a rischio di estinzione, così chiamata per le caratteristiche piume erette alla sommità del capo. La mostra indaga il confine tra reale e fantastico approfondendo il potenziale mitopoietico del linguaggio dell’artista attraverso un’ambientazione che sperimenta le possibilità installative della ceramica, medium solitamente associato alla preziosità di pezzi singoli di dimensioni contenute. Protagoniste assolute dello spazio sono dunque l’Arpia coronata (2024) che accoglie il visitatore all’ingresso e la fattucchiera torturata di Mani legate (2024), gigantesse sospese nel vuoto con un corpo fluttuante di ciniglia evocatore del volo (facoltà stregonesca per antonomasia), ma al contempo catalizzatori di un’esperienza tattile, che poi si estende anche alle lussureggianti superfici smaltate della ceramica. Lo stesso prodigioso sovradimensionamento caratterizza anche L’imperatrice (2024) disegnata a china nera su un tessuto steso a parete, totem molle e multiforme in cui confluiscono organi e frammenti provenienti da corpi diversi, la cui simbiosi suggerisce una sfrenata e fantasiosa fertilità.
Questi tre personaggi portanti sono circondati da altre sculture più piccole, che ne moltiplicano la presenza o che ne completano a distanza la struttura. Mani legate e L’imperatrice, ad esempio, sono dotate, rispettivamente, di fantastici piedi e mani in ceramica che, pur collocandosi in posizione paratattica rispetto al corpo principale delle sculture, non vedono affatto indebolita la relazione con esse. L’Arpia coronata, invece, è circondata da quelle che sembrano essere alcune delle sue infinite possibili gemmazioni, ovvero da corpi-contenitore minori in cui gli attributi propri della figura mitologica si sommano a caratteri sessuali femminili impudicamente esibiti come decorazione superficiale. Davvero pregiate, infine, le due Teste alberate con uccelli (2024) che aprono la mostra, impossibili maschere di ceramica che solo un volto soprannaturale potrebbe indossare, in cui il proliferare di abbozzi di volatili sulla sommità delle concrezioni arboree allude al simultaneo affastellarsi dei pensieri. Qui l’inventiva immaginifica dell’artista si scatena nel perlustrare dal punto di vista compositivo il labile confine tra l’informale e il deformante, dimostrando una facilità di osmosi tra l’una e l’altra che, se sviluppata appieno, potrebbe diventare la sua cifra stilistica più caratterizzante.
Info:
Giusy Pirrotta. Luna Coronata
25/05/2024 – 27/07/2024
CAR Gallery
via Azzo Gardino 14/A, Bologna
www.cardrde.com
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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