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Golnaz Anbari Attar. L’impressionista interiore

Golnaz Anbari Attar. L’impressionista interiore

Verrà forse un tempo in cui la luce interiore uscirà da noi, in modo che non avremo più bisogno di altra luce. (Johann Wolfgang von Goethe)

Per la pittrice iraniana Golnaz Anbari Attar (Tehran, 1981) “tutto nel mondo è formato da luce e finisce sotto forma di luce. Il segreto della vita è connettersi alla luce sempre e ovunque”. Questa riflessione, che richiama la saggezza della filosofia orientale, diventa un principio guida anche per quanto riguarda la sua produzione artistica, caratterizzata da una felice armonia di tonalità luminose e di forme liberamente ispirate alla natura. Secondo le ultime ricerche scientifiche ogni cosa nell’universo vibra: l’energia è in ogni cosa e, come hanno dimostrato le scoperte della fisica quantistica, tutta l’energia è Coscienza. La materia è formata da atomi, a loro volta composti dal nucleo e dagli elettroni che gli orbitano intorno, e all’interno del nucleo dell’atomo esiste un altro misterioso universo a cui è stato dato il nome di Spazio Quantico o Mondo Quantico. Una delle scoperte più disorientanti è stata che in tale Spazio opera una Legge di non località, secondo la quale due particelle di energia, pur essendo distanti, riescono a comunicare nello stesso momento in perfetta coscienza; ma la rivelazione più sconcertante è stata che le due particelle sono in realtà la stessa entità simultaneamente presente in luoghi differenti. La conseguenza di questa fluida sistematizzazione dell’Universo è che la materia non è altro che Pura Coscienza-Energia (Intelligenza) condensata in forme differenti e che le creature viventi fanno parte di un unico campo cosciente che vibra della stessa energia.

Questa breve digressione scientifica evidenzia come la maggior parte delle intuizioni veicolate dalla fisica quantistica si possano rintracciare anche nei dipinti di Golnaz Anbari Attar, che ritraggono la vivacità della natura come vibrazione energetica universale e come segreta corrispondenza empatica tra forme e colori che condividono la stessa superficie pittorica senza necessariamente incontrarsi in un unico piano di realtà. A prima vista i suoi quadri appaiono come gioiose combinazioni di campiture astratte in armonica e reciproca relazione, delimitate da sinuosi contorni che creano un raffinato gioco di complementarietà tra le forme. Ma appena l’occhio si abitua a questa festosa esplosione colorata, comincia a riconoscere sagome familiari, come uccelli, fiori, foglie e rami. Ogni figura appare plasmata nella medesima sostanza cromatica, quella pasta variopinta che sembra aggrappare alla tela l’energia universale che accomuna tutte le creature, quella forza vitale che forse dovremmo solamente risvegliare e riportare a galla per ricomporre le tragiche ferite della nostra contemporaneità. Le creature di Golnaz Anbari Attar sono Esseri di Luce, sono apparizioni filosofiche nate nell’aria e nel sottobosco che per un attimo si materializzano in una forma riconoscibile per invitarci all’ascolto, inteso come funzione superiore della mente e dello spirito che ci permette di sintonizzare le nostre percezioni con il fremito della Vita.

Se la felicità è uno stato di integrità dell’Essere in cui le emozioni e le percezioni sensoriali vivono all’unisono con il respiro del mondo senza volerlo prevaricare o accelerare, la vita diventa una grande esperienza di apprendimento e non una lotta per la sopravvivenza. Le figure individuate dal disegno dell’artista iraniana sono archetipi mitologici che assumono sembianze riconducibili al reale per accompagnare i nostri occhi e la nostra mente alla contemplazione di un’altrimenti inafferrabile dimensione universale. Golnaz Anbari Attar ricerca le sfumature di colore che percepisce nell’atmosfera in una giornata di sole, il luccichio dell’erba appena rinfrescata dalla pioggia, il riflesso sanguigno di un tramonto di fine estate sul mare o il tenero sbocciare dei fiori in primavera e li diffonde nello spazio pittorico con piccoli tocchi di colore e rapide pennellate, senza mettere a fuoco i dettagli, come se tutto fosse visto in un impossibile colpo d’occhio onnisciente. L’impressione visiva di un istante si dilata all’infinito, mentre le variazioni di luce non misurano più lo scorrere del tempo e l’avvicendarsi delle stagioni ma diventano gradazioni di un percorso iniziatico che conduce alla consapevolezza della luce.

Nonostante la riconoscibilità di alcune forme, nessuna sua tela si può definire realistica: Golnaz Anbari Attar passa spontaneamente dalla pittura della natura a quella dell’animo e dipinge dei verdi, dei gialli e dei rossi che ormai vede solo nella sua mente, ma che attraverso l’iniziale ispirazione naturale vengono accolti senza riserve nel nostro immaginario come se fossero impressioni primordiali di cui avevamo smarrito il ricordo. La loro contemplazione suscita un incondizionato senso di meraviglia, che ci spinge ad abbandonarci con fiducia alle caleidoscopiche vicende della materia pittorica, che ben rappresenta la materia unica di cui è composto l’Universo secondo la fisica quantistica. In una seconda e più approfondita fase di osservazione siamo quindi chiamati a percorrere con il pensiero i sinuosi contorni delle figure, a percepire nella loro mobilità la compresenza delle immagini che scorrono sotto il nostro sguardo, di quelle che possiamo intravedere in uno stato di latenza e di quelle che riusciamo ancora a immaginare.

Solo a questo punto potremo comprendere l’esatta origine della nostra sensazione di meraviglia, cioè l’intuizione che quella spontanea concordanza cromatica deriva da una precisa coscienza filosofica e da una profonda connessione con le regole universali dell’armonia. Per questi aspetti si può considerare la pittura di Golnaz Anbari Attar come una pratica di visualizzazione interiore in cui la luce si dona liberamente riempiendo tutto lo spazio disponibile, ma il mistero della sua continua metamorfosi rimane inviolato anche se ogni passaggio mentale, cromatico e lineare avviene nella massima trasparenza. La pittura si propone quindi come un accogliente spazio di meditazione in cui lo spettatore smette di essere tale e diventa protagonista della propria personale illuminazione che confluisce in quella dell’artista generando una nuova preghiera laica condivisa.

Golnaz Anbari Attar, Janan, mixed media on canvas, 2009

Golnar Anbari Attar, Ilion, mixed media on canvas, 2009

Golnar Anbari Attar, Untitled, mixed media on canvas, 2011


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