Si è inaugurata a Verona la quarta edizione di Grenze – Arsenali fotografici, festival dedicato alla fotografia internazionale contemporanea, che quest’anno sposta la sua sede nel quartiere di Veronetta al Bastione delle Maddalene grazie alla collaborazione con l’Assessorato ai Rapporti UNESCO e l’Assessorato alla Cultura – Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri del Comune di Verona. Un ricco programma di eventi, che si concentra dall’1 al 10 settembre con appendici che si protraggono per mese, e che convergono in una sfaccettata riflessione sulla periferia intesa come necessità di guardare al centro con occhi diversi e come laboratorio che impone alle forze centrifughe una direzione centripeta per recuperare gli scarti e le marginalità.
Per approfondire il progetto abbiamo avuto il piacere di rivolgere alcune domande a Simone Azzoni, curatore, critico d’arte e docente di Forme e linguaggi dell’arte, che condivide con la fotografa e docente Francesca Marra la curatela e la direzione artistica e organizzativa.
Emanuela Zanon: Da quali input nasce l’idea del tema di quest’anno e come si è articolato in relazione alla programmazione degli eventi espositivi? Aggiungo qui un’altra curiosità: perché avete scelto ancora una volta un titolo in lingua tedesca?
Simone Azzoni: L’input nasce dalla posizione della sede principale del Festival: il Bastione delle Maddalene. Volevamo essere nel difficile quartiere di Veronetta non come degli alieni avulsi dal contesto, ma come parte integrante di esso. Così il concept Periferia poteva essere una possibilità e un’opportunità per invertire la direzione delle forze centrifughe che tendono a espellere la diversità e la marginalità relegandole ai bordi del contesto urbano. Da quei bordi si può ripensare lo sguardo per riportare al centro lo scarto. La parola Grenze, in lingua tedesca, che nasce dalla sede storica del nostro Festival (l’Arsenale asburgico), ci consente di essere precisi nella scelta del concept. Una parola mirata ma spessa e densa di possibilità.
Nei giardini del Bastione delle Maddalene è esposto il progetto COVISIONI in cui i fotografi selezionati raccontano i giorni della pandemia. Quali riflessioni potrebbero emergere da questa rassegna sul ruolo della fotografia nel documentare, interpretare e metabolizzare la più stringente attualità?
Dario Mitidieri e Joey L. sono due approcci diversi al reportage. Allo stesso modo Isacco Emiliani e Giuliana Traverso sono due sguardi polari sul paesaggio. Questi, come altri punti, costituiscono per noi una costellazione, un insieme di punti da unire per formare una mappa utile a muoversi nella contemporaneità. I Maestri sono la stella Polare.
Una delle caratteristiche più significative del festival è il coinvolgimento di spazi normalmente non deputati all’arte, scelta che in questa edizione mi sembra particolarmente accentuata nell’Inside Out Project, un allestimento sulla collina del Bastione delle Maddalene che ha visto l’affissione ambientale di ritratti in grande scala di lavoratori. Come sono state reclutate le persone fotografate e quale viaggio intraprenderanno le loro immagini al termine della mostra?
Volevamo far galleggiare, far emergere nel quartiere di Veronetta quei lavoratori che ne costituiscono il collante sociale in osservanza stretta all’articolo 1 della nostra costituzione. Il lavoro è integrazione, quindi abbiamo esposto la faccia di chi quotidianamente è resiliente tra risse, spaccio, disagio sociale. Quest’idea è piaciuta a JR e ad Insideout project, che ci ha autorizzato a eseguire le linee guida di JR stesso. Le foto, proprio per le regole che ha stabilito JR (l’anonimato del fotografo, quello dei lavoratori, ecc…) si consumeranno nel luogo decomponendosi al tempo.
Un’ampia mostra collettiva realizzata in collaborazione con il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri propone una selezione di lavori di grandi fotografi del calibro di Luigi Veronesi, Mauro Fiorese, Keith Carter, Christopher Morris, Gabriele Basilico e molti altri. Quali elementi comuni emergono da questo prestigioso insieme polifonico?
La selezione è stata accompagnata da un testo di Giusi Pasqualini che in merito scrive: “Periferia in greco antico significa circonferenza, dal verbo peri-fero (portare in giro, girare) e sottende quindi l’esistenza di un centro. Questa idea del centro ha guidato la scelta, forse inaspettata, di una fotografia astratta come Fotogramma 26 di Luigi Veronesi. E poi la periferia è anche ciò che trovandosi fuori da un centro è ai margini, lontano, contrastante, differente. Dal punto di vista dell’ottica, per visione periferica si intende la capacità del nostro occhio di cogliere contemporaneamente ciò che accade in altre direzioni oltre a quella centrale. In questo senso si sono scelti quegli scatti che sono esemplificativi di una fotografia che scardina le sue caratteristiche, utilizzando filtri, tempi lunghi, tecniche come il panninge la sfocatura per destrutturare l’immagine e renderla simile a ciò che si scorge con la coda dell’occhio. Poi c’è la periferia collegata all’urbanistica, e quella che costruisce inevitabilmente la guerra quando con la distruzione fa di ogni centro un deserto desolato”.
Un altro appuntamento fisso del festival è quello delle Letture Portfolio, i cui protagonisti sono quest’anno Augusto Pieroni, Yvonne De Rosa e Stefano Mirabella, che offre a fotografi emergenti la possibilità di ricevere un feedback sul loro lavoro da affermati professionisti del settore. È mai capitato che questo incontro, a cui gli interessati accedono tramite una prima selezione a distanza, sfociasse in una collaborazione?
Sì, certo, alcuni dei fotografi “visti” ad esempio da Yvonne hanno esposto poi nella sua galleria di Napoli Magazzini Fotografici e gli stessi docenti hanno innescato collaborazioni reciproche a partire da incontri accaduti durante il Festival. Questo è uno degli obbiettivi che sottende le nostre intenzioni: generare contatti e promuovere nuove traiettorie per i giovani artisti. Alcuni che ieri erano nella sezione Off oggi sono nella selezione principale del Festival Panoramic di Barcellona (diretto da Fontcuberta).
Info:
Joey L, We came from fire, 2015, courtesy the artist
Joachim Falck-Hansen, London Kiss, 2017, courtesy the artist
Giuliana Traverso, Irlanda, s.d., courtesy the artist
Dario Mitidieri, Bombay, 1992, courtesy the artist
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
NO COMMENT