Walking in Beuys Woods è la personale dell’artista altoatesino Hannes Egger al Museo Arte Contemporanea di Cavalese, Trento. Un dialogo che Egger intesse con Joseph Beuys, reinterpretandone i lavori o ricreando lo spazio per un colloquio intimo. Il titolo racchiude il senso di un cammino, di un peregrinare in un luogo a metà tra l’immaginario e il reale. Ad essere rievocata è l’idea del viaggio sciamanico, inteso anche come processo di metamorfosi dell’uomo-stregone in animale, da cui riceve il potere che lo aiuterà nelle pratiche di guarigione del singolo e della comunità.
La realtà è solo quella che si mostra agli occhi? O c’è una verità oltre l’aspetto superficiale delle cose che si dischiude al termine di un percorso fatto di pericoli, esperienza della morte e risveglio?
La mostra viene concepita da Hannes Egger come una grande narrazione che si rivolge al suo senso privilegiato, l’udito. Un racconto che aiuta a vedere l’invisibile, appellandosi a memoria e immaginazione. L’ascolto predispone ad un rapporto intimo tra pubblico e opera, ad immaginare ciò oppure chi non si vede. L’orecchio è fatto per recepire segreti, confessioni, recide tutte le barriere di ordine fisico. Riesce a comprendere le sfumature più impercettibili dell’animo.
Il tutto ha inizio con un momento di purificazione, come ogni atto sciamanico o rituale che sia, con il video Auskehren, in cui Hannes Egger rilegge l’Aktion di Beuys nella piazza Karl Marx di Berlino. Lo spazio espositivo viene ripulito dall’artista altoatesino, rifiuti e residui raccolti dalla scopa, strumento comune a Beuys e ad Egger, vengono esposti in una vetrina. La performance di Beuys aveva connotazioni politiche, essendo stata svolta il giorno della Festa dei lavoratori. La trasparenza, la pulizia anche in questo caso appartengono al vocabolario della Democrazia e dell’Ecologia.
Il viaggio prende forma con l’attraversamento di un bosco artificiale, fatto di alberi caduti, morti, connessi ai ricordi delle persone del luogo. Il pubblico si muove tra tronchi spogli, non sapendo di essere catturato da foto-trappole nascoste fra gli alberi. Le persone sono prede, riscoprono la propria natura, di essere degli animali più evoluti in quanto creatori di segni. Ad essere riattivati sono memorie ataviche, tempi primordiali di caverne e riti magici.
È uno dei tanti boschi immaginati da Beuys che fece del piantare alberi un’azione artistica?
L’incontro con l’animale si fa reale a conclusione dell’attraversamento del finto bosco. I like Beuys and Beuys likes me è l’omaggio di Egger alla celebre performance dell’artista tedesco, ricordata dalla presenza di un ampio panno di feltro nel centro della stanza. L’ambiente è vuoto, si sentono passi, versi, il lupo che abita i boschi delle valli, il coyote di Beuys, le prede, le fiere feroci. Convivere con la propria animalità, riscoprire la natura entro l’uomo. Porre fine a quell’arrogarsi il diritto di separare radicalmente l’umanità dall’animalità di cui si è reso colpevole l’uomo negli ultimi quattro secoli secondo Claude Lévi-Strauss.
Ma la mostra è anche un grande racconto, la leggenda di Beuys. In Talking with Beuys incontro immaginario con l’ombra dell’artista tedesco, una voce narra in maniera romanzata la sua storia, lasciando a ciascuno la libertà di interpretare parole evocative ed enigmatiche cariche di poesia.
Momento culminante del percorso è l’incontro diretto con l’opera di Beuys, il cui spirito si manifesta come se fosse stato evocato dal rito del pubblico stregone. La Kunsthalle Beuys, come la Hütte di Heidegger lontana dal mondo cittadino, al centro della sala cela al suo interno alcuni dei lavori più noti dell’Operazione Difesa della Natura. L’azione di propaganda svolta da Beuys fu eccezionale. Manifesti, foto accompagnarono il suo operato artistico, con l’intento di influire sulla società, considerando unico grande capitale umano, la creatività. Hannes Egger mette in atto questo principio attraverso la sua arte volta alla collaborazione e alla ricerca condivisa di risposte a questioni metafisiche e esistenziali. Il pubblico preparato affronta l’ultima sala a cui è chiamato ad un ruolo attivo. All’ascolto si accompagna la risposta. L’indagine è antropologica, sociologica. In Secret Block il pubblico partecipa collettivamente ad un rito in cui elementi simbolici ne evidenziano il carattere quasi sacro, magico, primordiale. Il focolare, gli oggetti reali oppure immaginari, una voce-guida attivano la visione dell’invisibile a conclusione di un processo di riconfigurazione dei sensi.
Hannes Egger, Hello, 2017, foto/photo Maria Gapp
Hannes Egger, Auskehren, 2018, video (Elisa Nicoli), 02’08”
Hannes Egger, Kunsthalle Beuys, 2018, legno, insegna luminosa, neon / wood, neon sign, neon light. Foto Roberta Segata, courtesy Museo Arte Contemporanea di Cavalese
Antonella Palladino, dopo la laurea in Conservazione dei Beni Culturali, ha proseguito la sua formazione presso la Fondazione Morra e il Pan. Attualmente vive a Pavia ed è docente di Storia dell’arte.
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