L’edificio che ospita lo Städtisches Museum Abteiberg, Mönchengladbach è firmato da Hans Hollein. Il progetto è stato avviato nel 1972 per poi concludersi nel 1982; si tratta di una struttura architettonica ricca di sorprese sia nella struttura interna sia nell’aspetto esterno e che, con la sua fantasiosa complessità, può permettersi di competere con gli edifici museali più famosi. Le radici del museo risalgono però al 1904 e sono legate alla fondazione di un’associazione, alla prima donazione di opere espressioniste del dr. Walter Kaesbach e al prestito permanente (dal 1970) della Collezione Etzold. Pur a fronte di un budget disponibile non molto elevato, sono seguite acquisizioni eccezionali che includono opere di Gerhard Richter, Sigmar Polke, Ulrich Rückriem, Mike Kelley, Franz West, Martin Kippenberger, Dieter Roth e Jonathan Meese.
Infine, nel 2002, è stato aperto il giardino delle sculture Abteiberg. Con ciò, il Museo Abteiberg ha finalmente acquisito la dimensione di dialogo con l’esterno, sempre progettato ma mai prima realizzato, e che si può definire come un’estensione del museo direttamente nello spazio urbano, affacciato sul vecchio mercato di Mönchengladbach.
Fino al 9 maggio, il museo ospita una mostra di Hiwa K, artista di formazione eclettica, esule e intellettuale curdo-iracheno. Questo suo status di una vita divisa tra luogo di origine e luoghi di formazione e lavoro ha continue ricadute nella sua opera, là dove tratta questioni esistenziali e di distanza e di integrazione tra persone che hanno dovuto fare di un paese ospite la loro seconda patria. La mostra è incentrata sul tema della distruzione e in questi tempi di orrori e conflitti il tema è per davvero molto attuale, ma la traccia tematica del percorso espositivo in realtà si allaccia a un lavoro che è stato prodotto per Documenta 14: “View from Above” del 2017, dove si prendeva lo spunto dalle macerie in cui era stata ridotta Kassel nel 1945, sul finire del Secondo conflitto mondiale.
In mostra troviamo, tra un’infinità di documenti e tracce iconiche, anche testimonianze di intellettuali curdi in Iraq, il che è stato un modo per dare voce a un “mondo e a un popolo” non sempre ascoltato nella maniera più corretta e onesta, e diciamo pure spesso sopraffatto dagli eventi storici e dalle aggressioni. Così l’autore è stato capace di fermare le parole su di un passato più ottimista e forse carico di illusioni, ma allo stesso tempo rievocando, per analogia, gli anni della cosiddetta Guerra Fredda, la Guerra Iran-Iraq del 1980-88, le due Guerre del Golfo e, con le persone, nel giocare sulle sponde del parallelismo e nel soffermarsi sulla loro situazione attuale, si sono collegati le dimensioni e i luoghi del passato con l’attualità del loro pensiero. Ma si guardi bene, non si tratta di un’operazione nostalgica, né di una presa di posizione rispetto alla sconfitta o alla soppressione dei diritti; direi che lo sguardo giusto è proprio quello di aver permesso alla parola di manifestarsi, di aver usato il sistema estetico dell’allestimento per creare una rete di ragionamenti che rimanda ad altre parole, a una libertà del pensiero spesso sottostimata o addirittura vilipesa. Gli esempi, in questo senso, sarebbero infiniti e stanno nelle pieghe di un quotidiano che purtroppo non finisce mai di sorprenderci con le sue prese di posizione stupide o con i comportamenti più retrogradi a cui siamo di continuo obbligati ad assistere. Sarebbe pretestuoso pretendere di parlare di storia orale, ma di una coralità che risente di una forte dimensione collettiva e partecipativa di certo sì. E possiamo affermare senza tema di smentita che la sua stessa educazione ha influenzato i suoi lavori, che sono il risultato di una costante critica al sistema educativo tradizionale, alla professionalizzazione dell’arte e al mito dell’artista individuale.
Il curriculum di Hiwa K è di tutto rispetto; si ricordano tra gli altri, la partecipazione a Manifesta 7 (che nel 2008 fu curata da Adam Budak, Anselm Franke / Hila Peleg e Raqs Media Collective, e fu organizzata da un grande team internazionale, gestito da Hedwig Fijen, Andreas Hapkemeyer e Fabio Cavallucci); il progetto “Chicago Boys While We Were Singing They Were Dreaming” per la Serpentine di Londra (2010); l’invito da parte di Enwezor alla mostra “All the World’s Futures” (Biennale di Venezia, 2015); l’invito a Documenta 14, nel 2017. La mostra e il successivo acquisto di documenti filmici sono stati finanziati dal Ministero della Cultura e della Scienza dello Stato del Nord Reno-Westfalia e dalla Fondazione Hans Fries. La mostra è stata curata da Susanne Titz e Haris Giannouras.
Roberto Grisancich
Info:
Hiwa K. All Cities Have Destruction In Common
11/03 – 9/05 2021
STÄDTISCHES MUSEUM ABTEIBERG
Abteistraße 27 / Johannes-Cladders-Platz
41061 Mönchengladbach
Telefono: +49 – (0) 2161-252637
mail@museum-abteiberg.de
Hiwa K, Materie prime, 2009-2020; per gentile concessione dell’artista e KOW Berlin, vista della mostra Museum Abteiberg, 2021, ph Achim Kukulies
Hiwa K, Materie prime, 2009-2020; per gentile concessione dell’artista e KOW Berlin, vista della mostra Museum Abteiberg, 2021, ph Achim Kukulies
Hiwa K, This Lemon Tastes of Apple, 2011; per gentile concessione dell’artista e KOW Berlin, vista della mostra Museum Abteiberg, 2021, ph Achim Kukulies
Hiwa K, The Bell, 2020; per gentile concessione dell’artista, KOW Berlin e Ida Pisani, veduta della mostra Museum Abteiberg, 2021, ph Achim Kukulies
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