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Hoonaz Afaghi. La filosofia empatica della natura

Hoonaz Afaghi. La filosofia empatica della natura

Da sempre varie correnti filosofiche e religiose fondano il loro pensiero su un misterioso legame che collega tra loro tutte le cose, su un intimo rapporto fra la vita dello spirito e quella della natura, concepita come un immenso organismo animato: la materia diventa quindi manifestazione di un mondo spirituale in cui decade ogni distinzione razionale tra elementi. Tutto appare animato da un unico soffio vitale e le cose si compenetrano l’una nell’altra fino a risultare consustanziali e indistinguibili. L’innata consapevolezza di questo simbiotico legame tra uomo e natura ha alimentato nei secoli il sentimento che rapisce e che annienta ogni individuo di fronte alla vastità, l’indicibile nostalgia dell’Altrove insediata nel cuore di ognuno, il desiderio di trovare nella Natura la consolazione alla mortalità e nell’orizzonte la promessa di una dimensione ulteriore a cui potremo accedere in un successivo stadio di esistenza.

La principale fonte di ispirazione della pittrice iraniana Hoonaz Afaghi (1973, Tehran) è la natura, vista come una forza travolgente e maestosa, terribile e affascinante in cui l’essere umano si dissolve per poi ritrovarsi. Le sue immagini non riproducono un paesaggio reale, ma nascono da un montaggio di gradazioni cromatiche e abbozzi di forme tratti dal vero e trasfigurati in modo da non rappresentare più la realtà in sé ma la centralità dell’Io umano nell’universo quando riesce ad armonizzarsi con esso. La pittura evoca sulla tela con la soffusa indeterminatezza del miraggio l’essenza di paesaggi universali il cui ricordo risiede nell’inconscio di ognuno di noi, indipendentemente dalla regione del mondo di provenienza. Guardando Ballet (2019) ad esempio, possiamo immaginare una tempesta di sabbia nel deserto, Nature (2019) fa pensare a un paesaggio di montagna invernale in cui il riflesso delle rocce rimane incagliato in uno specchio d’acqua gelato, mentre Slit (2019) riattiva l’immagine mentale di un tronco d’albero esposto alle intemperie che per resistere prova a danzare con il vento. A queste impressioni ancestrali, richiamate sulla tela da veloci pennellate astratte, si interseca un ulteriore livello di significato: guardando attentamente (in alcuni dipinti tale aspetto è più evidente, in altri più nascosto) vediamo che ogni accenno di figurazione può sempre essere letto in due modi e al richiamo naturale si mescola sempre un’allusione antropomorfa. A questo modo Hoonaz Afaghi rivela la sua profonda connessione con la natura, intesa nella sua duplice valenza di divinità superiore e di corrispettivo delle emozioni umane. Il dato sensoriale di partenza infatti, completamente trasfigurato da una luce tutta mentale e dal sentimento dell’artista, assume il valore di una rivelazione interiore, il cui vero soggetto è il divenire incessante del mondo e l’estinguersi delle sue apparenze.

Il filosofo Immanuel Kant (1724-1804), principale esponente dell’Illuminismo tedesco che concepì la propria filosofia come una ricerca critica sulle condizioni del conoscere, aveva evidenziato il fatto che la nostra esperienza del mondo deriva dalle nostre soggettive facoltà conoscitive e dall’organizzazione della nostra mente, con la conseguenza che non riusciremo mai a conoscere la realtà, ma solo un’impressione di essa, derivante dalla nostra percezione. Questo concetto venne estremizzato da Johann Gottlieb Fichte (1762-1814), che arrivò a negare addirittura l’esistenza di una realtà assoluta perché, secondo il suo pensiero filosofico, non può esistere un mondo separato da colui che lo percepisce. Da ciò deriva l’assunto che la nostra conoscenza è, di per sé, un atto creativo e, come diretta conseguenza, lo stretto legame tra percezione e interiorità e il tentativo di recuperare una dimensione spirituale attraverso la contemplazione della natura, strumento privilegiato capace di innescare nell’uomo un insieme di sensazioni che lo portano a ri-conoscersi.

Il pennello di Hoonaz Afaghi scivola sulla tela per rincorrere una dea Natura sempre sfuggente nell’intento di trascendere il dato naturalistico particolare in una rappresentazione universale che sollecita nell’osservatore identificazione e risonanza. Ciò che rende così avvincenti i suoi dipinti è il rispecchiamento delle tensioni del soggetto in un universo pittorico dove proporzioni e gerarchie sono sottomesse solo a criteri espressivi e gli elementi naturali sono rievocati come presenza forte e diffusa nonostante il dissolversi della figurazione nel colore. L’auscultazione della natura è esercitata come osservazione, ammirazione e raccoglimento in attesa di un rispecchiamento che coincide con l’intuizione di un mistero, destinato a restare segreto, che è lo stesso dell’esistenza dell’uomo. Non ci è permesso di capire razionalmente, è piuttosto un percepire, un riconoscere qualcosa di nostro nell’infinita mutevolezza del creato. Non è misticismo né sentimentalismo, ma il primordiale impulso a riconnettersi con l’origine della vita, è la sensazione di intravedere qualcosa che va al di là, un oltre misterioso capace di accogliere in potenza tutte le manifestazioni visibili dell’interiorità. La contemplazione della natura nell’arte, come nella vita, è una purificazione e un superamento, è un momento catartico che prelude a una più profonda comprensione del mondo e del sé.

Il processo pittorico attraverso il quale l’artista sintetizza le forme naturali, il corpo umano e le sue invisibili emozioni in un un’unica immagine si può paragonare a una riflessione filosofica volta a indagare quel principio incorruttibile di vita e di moto intermedio tra anima e corpo che collega le varie manifestazioni dell’esistente e che le rende comunicanti e in parte interscambiabili. Tutto è in perenne trasformazione e guardando i dipinti di Hoonaz Afaghi non sapremo mai se ci troviamo di fronte a una corteccia che accoglie nelle sue nodosità il dolore umano o a un’anima che diventa tronco e legno per trovare pace e non potremo più distinguere tra la proiezione di un profilo femminile nelle eleganti asperità di una catena montuosa e la visualizzazione di un sentimento come roccia, neve o tramonto. Non c’è più separazione tra percezione e interiorità, mentre la contemplazione lascia il posto alla creazione.

Info:

www.hoonazafaghi.com

Hoonaz Afaghi, Ballet, acrylic on canvas, 2019

Hoonaz Afaghi, Slit, acrylic on canvas, 2019

Hoonaz Afaghi, Untited, acrylic on canvas, 2019

Hoonaz Afaghi, Nature, acrylic on canvas, 2019


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