La mostra personale di Dominique White “Hydra Decapita” ha inaugurato lo scorso 12 Novembre 2021 presso VEDA Firenze, anticipata da una presentazione monografica dell’artista durante l’ultima edizione della fiera Artissima di Torino. L’esposizione sarà visitabile fino al 15 Gennaio 2022.
Negli spazi di Manifattura Tabacchi, dove la galleria ha trasferito al momento la propria sede, le sculture afferenti all’estetica ed etica marittima di White trovano un ambiente capace di esprimerne a pieno le fonti di partenza e svilupparne gli esiti. Le opere qui realizzate, in un piccolo studio ricavato all’interno del contesto espositivo, portano a un nuovo livello le ricerche dell’artista in merito ai temi del naufragio, connesso agli ambiti dell’emarginazione, considerabile in varie declinazioni e della nascita del sistema colonialista. Il “naufragio” come concetto persiste nella sua poetica ed è collegato alla distruzione, che diviene una forma di rinascita e di possibile futuro.
Sperimentando i materiali cari alla sua pratica, quali il caolino, la raffia, le vele e le conchiglie, Dominique White annette l’elemento del ferro trovato in loco. La deperibilità e la vulnerabilità restano caratteristiche primarie, in un limbo fra deriva, decadenza, recupero e monito di eventi in procinto di compiersi. La storia è in realtà l’elemento chiave della produzione, concepibile su diversi piani: la biografia personale dell’artista si mescola alle vicissitudini subite e narrate dal materiale, in grado di produrre nuovi racconti una volta convertito in opera d’arte. Nella lavorazione che White definisce come “demanding process”, c’è un rapporto di collaborazione con il residuo utilizzato, spingendolo al limite delle proprie possibilità, unito a un contatto fortemente fisico, quasi di “violenza”, nella sua interazione con esso.
La sensazione più profonda evocata da queste installazioni è quella di mutamento, una trasformazione in corso, costante e imprevedibile nei suoi ulteriori processi temporali; un cambiamento che rappresenta un concreto riflesso dei riferimenti storici e sociali che le opere implicano. Partendo da un vocabolario di ispirazioni comune, che attinge al mondo della Blackness, delle minoranze in genere e di come le strutture statali capitalistiche siano nate e si siano nutrite di esse; l’artista amplia nel tempo i propri richiami, ancorandosi fortemente alla contemporaneità, a quei fatti di cronaca in cui si fronteggiano problematiche millenarie. Il movimento del Black Lives Matter; le ingiuste morti che continuano a perpetuarsi e le ribellioni scaturite; le statue simbolo del colonialismo abbattute in molteplici luoghi del pianeta e gli uragani che si verificano periodicamente nei Caraibi, ne nutrono l’immaginario approdando a un insieme di dolore e bellezza.
Questi corpi che si ergono nello spazio della galleria, generano percorsi e mondi altri nei quali immergersi, divengono qualcosa da cui non si può scappare, una sorta di risacca che attira dentro sé stessa e ci impone di essere considerata in tutto il suo “brutale” splendore. Attuando un’attività di recupero e di esposizione al deperimento sulle merci più secolarmente legate allo sfruttamento e alle dominazioni, Dominique White celebra e rende omaggio alla Blackness, evitando consapevolmente di porsi in una posizione di potere rispetto all’oggetto d’arte e ciò di cui è costituito. La fuga dalla definizione formale è consapevole e ha come obiettivo la costruzione di un futuro nuovo e collocabile negli abissi, laddove vige una forma di anti-stato e passato, presente e avvenire convergono.
L’acqua, elemento cardine per l’artista, è stato approfondito nei tempi recenti accostandosi agli studi di Marcus Rediker e Peter Linebaugh, in particolar modo l’idea indagata di idrarchia dal basso. Il mare era ed è tutt’oggi, il luogo reale di comando e di tensione verso il cambiamento: è lì che si costituisce la resistenza allo sfruttamento, la cooperazione e la solidarietà fra schiavi, fuggitivi, ribelli e pirati. La gente di mare organizza il proprio modo di vivere in autodeterminazione, in democrazia e in un sistema egualitario, votato alla sopravvivenza; una condizione in contrasto con la società di terraferma di impronta patriarcale. Se l’idrarchia dal basso è un virtuoso esempio di inclusività, quella dall’alto al contrario ha prodotto conseguenze che incidono tuttora sulla nostra storia: l’eredità dell’istituzione globale della schiavitù nel presente è costituita dalla discriminazione, la povertà, l’ineguaglianza strutturale e le morti premature.
Nella recente produzione dell’artista diviene evidente quanto sia importante fare luce sui fenomeni di oppressione, ma allo stesso tempo il protagonismo della resistenza, della lotta per lo smantellamento del potere che parte dal mare, proprio lì dove il futuro è realizzabile. Spesso questa battaglia rimane silente, un’astrazione di numeri senza voce e soggettività, che molti artisti denunciano come ad esempio Kendis William (1985, Baltimore) la quale asserisce che spesso “la blackness provoca un senso di mito, di iconicità, mentre questo è trattenuto dalla morte, senza titolo, senza supporto, senza nomi, volti, tanti altri riconoscimenti della vita[1]”. Il mito dell’idra di Lerna, mostro dalle numerose teste che poteva essere sconfitto solo se queste venivano recise e bruciate, ricorre nelle generazioni, paragonata da Erasmo da Rotterdam alla guerra. In questa mostra i prolungamenti della creatura bestiale raffigurano lo stato, il capitalismo e il colonialismo, l’anti-blackness; tramutando l’idra in un istigatore di devastazione e allo stesso tempo erede di un futuro crollato. Una trasfigurazione da un essere mitologico all’altro quasi, come se l’idra non divenisse che una fenice e, una volta giunta la distruzione, il barlume della speranza continuasse ad ardere; non sarà un caso che nell’antico mito egizio la fenice risorgesse dalle acque, in verità.
Dominique White ci invita a prestare attenzione, a modificare realmente il nostro modo di pensare e gli stigmi che inconsapevolmente abbiamo interiorizzato; lo fa in maniera principalmente materica e trasferendo le tracce del manufatto artistico sul visitatore che calpesta il suolo espositivo. Le impronte del messaggio continueranno a diffondersi negli ambienti che attraverserà e perdureranno fino a dissolversi come le opere stesse dell’artista, di cui l’anima rimarrà invece viva. Come afferma infatti ancora Kendis Williams, in un’assonanza con White che trovo essenziale riportare: “Penso alla blackness, e questo vuoto o oscurità come un costrutto che aveva potere prima dei corpi definiti dal concetto di razza, prima che la codificazione estetica e morale del buio e della luce diventasse fenomenologicamente politica e cominciasse ad essere invocata in massa per separare e segregare. È un frutto moderno che pende da un albero più vecchio. C’è una reale necessità di smettere di vedere nel modo in cui continuiamo a farlo” [2].
Caterina Fondelli
[1] “Physical Apprehension of Black Skin Kandis Williams in conversation with Legacy Russell”, Mousse Magazine 77, 2021,p.42 (https://www.moussemagazine.it/magazine/physical-apprehension-of-black-skin/)
[2] Ivi, p.51
Info:
Dominique White. Hydra Decapita
12/11/2021 – 15/01/2022
VEDA
@spazioveda
info@spazioveda.it
c/o Manifattura Tabacchi, B7 – Via delle Cascine 35, 50144 Firenze
Orari: martedì – sabato h 12.00 – 19.00
Dominique White, May you break free and outlive your enemy, 2021, cast iron, null sail, sisal, kaolin clay, worn rope, raffia, cowrie shells, 485 x 320 x 420 cm. Hydra Decapita, installation view at VEDA, Florence. Courtesy the artist and VEDA, Florence. Photo: Flavio Pescatori
Dominique White, The Hunted, the Betrayed, the Traded, 2021, cast iron, sisal, kaolin clay, raffia, cowrie shells, mahogany, 200 x 150 x 165 cm. Hydra Decapita, installation view at VEDA, Florence. Courtesy the artist and VEDA, Florence. Photo: Flavio Pescatori
Dominique White, A fugitive you cannot find a record for is the most successful fugitive of all, 2021, cast iron, mahogany, 250 x 130 x 80 cm. Hydra Decapita, installation view at VEDA, Florence. Courtesy the artist and VEDA, Florence. Photo: Flavio Pescatori
Dominique White, Fungibility evades capture, 2021, cast iron, mahogany, 204 x 220 x 10 cm. Hydra Decapita, installation view at VEDA, Florence. Courtesy the artist and VEDA, Florence. Photo: Flavio Pescatori
Dopo la laurea in Lingue, letterature e culture artistiche europee, si dedica alla mediazione culturale in istituzioni di prestigio a Londra. Tornata in Italia, ottiene un master in Contemporary Art Markets presso NABA, Milano, collaborando prima da assistente e poi come organizzatrice di mostre per gallerie d’arte contemporanea. Scrive per alcune pubblicazioni del settore e recentemente ha iniziato a dedicarsi alla curatela indipendente, a seguito di un corso in pratiche curatoriali presso la School for Curatorial Studies di Venezia.
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