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I disegni dal fronte di Salvatore Garzillo alla Bi...

I disegni dal fronte di Salvatore Garzillo alla Biennale Disegno di Rimini

Salvatore Garzillo ha cominciato a fare domande che era ancora un piccirillo senza baffetti.  Cresceva nella Napoli anni ‘90, città difficile e non molto ospitale. E quando sentiva l’eco di regolamenti di conti o sibili di proiettili correva tra le braccia di sua madre con gli stessi chiodi nella testa: chi? come? perché? Lei lo stingeva forte e lo liquidava con un bacio: “fai troppe domande tu”. Piano piano Salvatore capì che per avere risposte doveva fare il cronista. Penna, taccuino, scarpe comode per andare lontano. In pochi anni è diventato un nerista coi fiocchi.

Salvatore Garzillo, “Ho paura di uscire”. Disegnato a Saltivka (Kharkiv), Ucraina, 2022, courtesy dell’artista

Ha tessuto inchieste, scandagliato processi. Sempre sul filo della nera. Sempre un passo avanti agli altri. Ma la svolta vera arriva in un giorno del 2010.  Giornata abbastanza sciapa di notizie e fattacci di sangue. Il poliziotto incaricato del mattinale butta lì una battuta per stemperare gli animi.  Non fa ridere, lo sa anche l’agente, ma sorridono tutti e Garzillo disegna facce e difetti di quella scenetta surreale. «Fu un’illuminazione per me.  Disegnavo da quando ero bambino, ma per la prima volta capii che potevo disegnare i miei pensieri». Nasce il cronista-artista.  Sottile, veloce, la faccia da bravo ragazzo che invita alla confidenza. Tiene la penna in mano e sembra un eterno studente, «sapessi da quanti schiaffoni mi ha salvato». Nel palazzone della questura di via Fatebenefratelli a Milano lo conoscono e lo ammirano in tanti. I suoi taccuini sono opere d’arte. Il suo talento un unicum nel mondo del disegno. Nel quaderno di appunti nasconde uno scrigno di fatti di cronaca: sotto, il ferreo racconto del morto ammazzato, l’ora, il luogo, la scena morbosa del delitto e la testimonianza sgangherata del vicino di casa smunto… sopra, il disegno che si delinea nella mente del cronista, il più delle volte reso sotto forma di «estetica buffa perché il fatto più truce è sintesi di miseria e umanità e l’umanità senza ironia non sta in piedi». «Disegnare è una necessità fisica per me», dice Garzillo.

Salvatore Garzillo, “Un soldato della Npu, la milizia cristiana che difende i fedeli dagli attacchi dell’Isis”. Disegnato a Samarra (Baghdad), Iraq, 2021, courtesy dell’artista

Fino a luglio sarà ospite scelto della mostra “La Geografia delle storie” alla Biennale del Disegno di Rimini. Ci saranno due macro aree: “la Nera”, ovvero una stanza dove sono contenuti i disegni fatti al giro di nera, dall’omicidio di ‘ndrangheta al processo Impagnatiello fino al “pulviscolo” della narrazione che si frammenta nei visi allampanati dei vecchi di una casa di riposo in fiamme o nei tormenti di un ladro di strada beccato con le mani nel sacco. L’altra sezione si chiama “Laggiù”, perché la vita è sempre un andare lontano a scovare luoghi e fatti, per capirli e portarli entro la visuale stretta di noi comuni mortali col culo accomodato in poltrona. Garzillo è stato in Iraq poi in Ucraina, i primi tre mesi dell’invasione russa, il fronte caldo della guerra, quando si sentiva soffiare il vento che sa di precipizio e tormento e la terra del luogo può diventare un pigmento con cui colorare la scena.  «Talmente antica l’arte del disegno che è diventata nuova», spiega il giornalista. «Con una differenza: prima si disegnava per ricordare un volto o un fatto. Oggi il disegno è la dimostrazione che esisti ed esiste questo tempo». E comunque, «non c’è mezzo più ironico e tagliente. Il disegno è subdolo, se fatto con sincerità sa essere un colpo di machete allo stomaco».

Salvatore Garzillo, “Sono ancora viva?”. Disegnato ad Avdiïvka, Ucraina, 2022, courtesy dell’artista

Successe anche coi disegni da Bucha. «Ero nel posto delle fosse comuni, non c’era niente attorno». Solo un maledetto odore di morte e un albero smilzo. «Ho guardato questo albero e ho pensato che era già lì prima della guerra, quando Bucha luccicava di vita ed eventi. Poi durante la guerra, quando cadevano i corpi di donne e bambini trascinati dalle bombe e dai fucili. E ci sarebbe stato dopo, davanti all’opera immensa e salvifica della ricostruzione. In quel momento era il miglior testimone della storia». E poi come fai a disegnare un corpo martoriato? «È pura pornografia… Mi trovavo nel Donbass a Kramators’k. Ero arrivato da pochi minuti dopo il bombardamento della stazione ferroviaria, sessanta cadaveri sparsi per terra e questa ragazza piccola piccola fatta a brandelli dalle bombe. Non riuscivano a ricomporla e a metterla nel sacco. Soldati armati fino ai denti che non sapevano cosa fare di fronte a una bimba spappolata. Da una coperta ho visto spuntare una mano che teneva una chiave, forse era la mano della madre.  E quella chiave mi colpì moltissimo, poteva essere della casa che lasciavano o di quella in cui erano dirette». Pensieri confusi. Uno stordimento. «C’era un ragazzo con le scarpe uguali alle mie». Le stringhe storte, il piede inerme. La mano che vibra. Il disegno che prende forma. Un pensiero stordente: «potevo essere io al suo posto!». Testimoniare, testimoniare, testimoniare.  In ogni modo possibile. Garzillo, però, usa sempre la penna, «mi piace l’idea di non cancellare».

Salvatore Garzillo, “Molto lontano da casa”. Disegnato a Kharkiv, Ucraina, 2022, courtesy dell’artista

«All’inizio riproducevo soltanto volti e persone rispondenti alla realtà per trovare sicurezza. Ora disegno spesso persone con tratti animaleschi, soprattutto le mie fonti». In fondo è dai tempi di Esopo che gli animali ci insegnano a stare al mondo. C’è il grande drago, investigatore bravissimo e folgorante. Poi la tartaruga, un poliziotto della sezione omicidi assai saggio e riflessivo. Infine il bufalo, l’uomo dell’antiterrorismo, apparentemente brutto ma con una potenza maestosa e spiazzante. Anche i fatti della vita talvolta si piegano alla legge semplice degli animali. Il rospo, per esempio, era il famoso principe azzurro di un fattaccio di cronaca nera. «Ero alla mobile e avevano arrestato questo tizio bellissimo che aveva un lavoro pazzesco e che tutti amavano e ammiravano. Ma era un violentatore seriale, e una collega mi dice: hanno arrestato il principe azzurro. Subito l’ho pensato e disegnato come un rospo». Poi arriva Impagnatiello. L’orco. L’assassino feroce e spietato di due creature innocenti. Ha ucciso la fidanzata, ha ucciso il bimbo che portava in grembo. «In aula lo vedevo sempre lì raccolto su uno sgabello, chiuso in sé stesso, la sensazione che mi dava è che volesse sparire dal mondo. Tutti mi dicevano “si è chiuso a riccio” ma un riccio ha le spine e io non credo sia più in grado di offendere».

Salvatore Garzillo, “I fantasmi sottoterra”. Disegnato ad Avdiïvka, Ucraina, 2022, courtesy dell’artista

Il killer spietato, nelle mani del cronista-artista, è diventato allora un insetto pallina, un vermetto panciuto grande poco più di un centimetro, lo sfiori e si chiude e si ritrae vigliaccamente, i bimbi d’estate provano un gusto sadico nel farlo ruzzolare dalle scale.  Esiste, non esiste, per il mondo non conta nulla e non fa più nemmeno paura.  A lungo andare finisce che fai i conti anche con te stesso. Sei anche tu sulla ruota frenetica della vita e non ti puoi sottrarre alla narrazione.  E allora nasce l’autoritratto. «Il mio più bello in assoluto è una sagoma vuota con un intrico di fili nel cuore e nella mente. Ma potrei rappresentarmi anche come un uccellino perché l’uccellino è sottovalutato. Ti sembra dolce e inoffensivo e magari nel momento più importante della tua vita ti caca sulla testa e ti sporca il vestito riportandoti alla dura realtà». Saggezza da cronisti o forse solo la livella napoletana: «Puoi essere il più importante uomo della terra ma ci sarà sempre un uccellino pronto a cagarti sulla testa e a rovinarti la festa».

Simona Bertuzzi

Info:

Salvatore Garzillo. “La geografia delle storie”
A cura di Alessandro Mori
17/05 – 28/07/2024
Palazzo Bartolini
Via Giuseppe Verdi, 11
47921 Rimini
www.biennaledisegnorimini.it


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