I “festival” di videoarte in Italia
La rassegna INVIDEO, organizzata a Milano fin dal 1990 a cura dell’Associazione Italiana Amici Cinema d’Essai – AIACE, dichiara esplicitamente di essere una “mostra internazionale di video e cinema oltre […] punto di riferimento per tutta la produzione audiovisiva legata all’arte elettronica e alle nuove tecnologie”.È importante segnalare quanto descritto nel sito della mostra poiché evidenzia come i promotori abbiano privilegiato l’evoluzione tecnologica dei dispositivi applicata ai linguaggi di ogni singolo genere, dando e spazio alla proiezione anche di opere di cinema sperimentale in pellicola: “lo scopo [della mostra è] di dotare Milano di un archivio permanente dedicato alla produzione artistica sperimentale nel mondo (video arte, cinema e video di ricerca e sperimentale, documentari, videomusica, video di danza e teatro, ritratti di artista, fiction sperimentale…), [che acquisisca] anno dopo anno, attraverso un lavoro di ricognizione approfondito e ad ampio raggio, le opere italiane e internazionali più significative che vengono presentate al pubblico nel corso della grande Mostra annuale. In occasione della manifestazione, oltre alla presentazione di un programma particolarmente ricco e diversificato, vengono proposti incontri con gli autori, anteprime, dibattiti, retrospettive, performance e video installazioni.” Le opere acquisite in archivio, che nel tempo sono state digitalizzate, sono di tipologie diverse, sia dal punto di vista dei formati originali, sia per quanto riguarda i generi e le retoriche sottese. Nel ricco apparato di cataloghi, pubblicati dal ’90 e corredati di testi critici, è possibile rintracciare le schede originali di tutte le opere mostrate nei giorni di festival. Il pregio di INVIDEO consiste nell’aver creato per primo, un vasto archivio aperto al pubblico dapprima ospitato negli spazi del “Medialogo” della Provincia di Milano, poi negli spazi concreti della Fabbrica del Vapore, sempre a a Milano. La mostra ha visto avvicendarsi vari direttori, consulenti e curatrici/curatori dei cataloghi dal 1990. Nell’ultimo periodo è stata diretta da Romano Fattorossi (sempre presente fin dalla prima edizione) e da Sandra Lischi, con la consulenza artistica di Elena Marcheschi. L’organizzazione e l’archivio sono a cura di Alessia Barzaghi.
La rassegna Avvistamenti (non) è un Festival, si celebra a Bisceglie. Nata nel 2002 come progetto articolato del Cineclub Canudo, nel suo titolo riecheggia la tradizionale vocazione del territorio a tenere costantemente sotto osservazione le coste minacciate dal mare. Per estensione, avvertono gli organizzatori Antonio Musci e Daniela Di Niso: “Avvistare vuol dire guardare lontano, vedere ciò che è distante o non facilmente visibile all’occhio umano. L’avvistamento presuppone dei confini da varcare, dunque la distanza non è intesa come barriera, ma come distesa che si offre al vedere, un territorio da esplorare, in cui avventurarsi per primi. Avvistamenti, fin dalla sua prima edizione, si pone come punto di riferimento per la ricerca e la sperimentazione in ambito artistico, tra video, cinema, musica, teatro e arte contemporanea, con proiezioni, mostre, videoinstallazioni, workshop, incontri e performance dal vivo degli artisti invitati. Avvistamenti è un progetto dedicato all’innovazione audiovisiva e sonora, alla sperimentazione artistica e cinematografica, al video d’autore e alla musica elettronica e contemporanea, alla connessione tra diversi linguaggi artistici, all’intermedialità e all’expanded cinema, al rapporto tra suono e immagine, all’installazione interattiva e multimediale, alla videoarte e alla videoperformance.” In sostanza, ed è bene sottolinearlo, il (non) festival Avvistamenti si concentra proprio sui linguaggi artistici e sulle loro interazioni o, come ultimamente si suol dire, sulle loro ibridazioni. Nonostante gli organizzatori insistano sulla impossibilità di una rigida categorizzazione post digitale, osservano una rispettosa distanza tra i generi, il loro idioma poetico, e allargano l’attenzione al rapporto tra immagine e suono al punto da dedicare alle loro interazioni una sezione specifica intitolata Sonimage. Anche Avvistamenti ha un respiro internazionale che vede la partecipazione di importanti artisti stranieri e possiede un archivio che è in via di digitalizzazione e inventariazione.
A Napoli, dal 2005, si celebra la rassegna internazionale di videoarte Magmart, sotto la direzione di Enrico Tomaselli. È una mostra non competitiva dedicata esclusivamente alle opere di videoarte con partecipazioni da tutto il mondo racimolando in quindici anni di attività un archivio di duemila artisti e migliaia di opere attualmente disponibili solo in parte sul sito del festival senza link attivi ai video per motivi di copyright. Secondo quanto afferma Enrico Tomaselli: “Il festival Magmart nasce nel 2005, con un duplice intento: valorizzare la videoarte italiana, e rafforzare l’interscambio artistico-culturale con il panorama video artistico internazionale. In questa prospettiva, soprattutto per quel che riguarda il primo punto, costante è stata la ricerca di buone opportunità per portare la videoarte italiana nei luoghi istituzionali dell’arte contemporanea. Sin dalla sua prima edizione, il festival ha stabilito quindi una partnership con il CAM – Casoria Contemporary Art Museum (Napoli), presso cui si svolge l’evento finale del festival, con la proiezione dei 30 video selezionati, che a loro volta vanno ad arricchire la collezione del museo stesso. Nel corso degli anni, il festival ha instaurato diverse collaborazioni in ambito italiano e internazionale. La V edizione del festival, oltre il consueto evento finale al CAM, è stata caratterizzata dalla proiezione integrale degli oltre 300 video inviati, durante una tre giorni al PAN – Palazzo delle Arti di Napoli. Ugualmente, la VII edizione ha visto la proiezione integrale nella sede del Forum Universale delle Culture. A partire dal 2013, in parallelo con il festival, sono stati organizzati dei progetti speciali come il progetto 100×100=900. 100 artisti internazionali sono stati invitati a realizzare ciascuno un video su un anno del ‘900. Nel 2014, ha fatto seguito il progetto F.I.V.E. Feelings International Videoart Experience. Il progetto era focalizzato sui cinque sensi, e si è attivato attraverso un call aperta, dalla quale una giuria ha selezionato 25 video, cinque per ciascuno dei sensi. Nel 2015, il progetto FOODS, in coincidenza con l’Expo universale di Milano, che aveva come tema “Feeding the planet – energy for life”. Dal 2014, il festival è diventato biennale.”
A Bologna, a partire dal 2006, si tiene il Videoart Yearbook, importante appuntamento interamente dedicato alla ricerca videoartistica. Promosso da Renato Barilli, inizialmente il comitato scientifico si avvale della collaborazione di Alessandra Borgogelli, Paolo Granata, Silvia Grandi, Fabiola Naldi, Paola Sega, ai quali, recentemente, si sono aggiunti Guido Bartorelli e Pasquale Fameli. La rassegna è nata nell’ambito del Dipartimento delle Arti Visive dell’Università degli Studi di Bologna e fin dai suoi esordi ha contribuito in modo fondamentale a selezionare e promuovere la ricerca videoartistica più interessante a livello nazionale. L’iniziativa, diretta principalmente agli studenti universitari, ha da subito conquistato un ruolo autorevole a livello nazionale ed è diventata un punto di riferimento per artisti e appassionati. La formula scelta dai curatori prevede una esplicita e naturale aderenza al mondo dell’arte contemporanea delle opere in video aprendosi tuttavia alle variegate forme della ricerca e della sperimentazione proposte dagli artisti. Ogni anno una personalità del mondo dell’arte contemporanea è invitato a tenere una conferenza sulla propria esperienza professionale legata alla videoarte. Nel 2009 esce un catalogo dell’annuario della videoarte che raccoglie saggi metodologici del comitato scientifico e schede per ognuno dei centoquattro artisti presentati durante i primi tre anni di rassegna. Un primo nucleo archivistico che è andato incrementandosi negli anni grazie alla costante indagine sul campo. Come affermato nel risvolto della terza di copertina, la videoarte a livello mondiale è uno dei linguaggi artistici più frequentati: “Bologna in questo campo ha qualche merito prioritario, dato che nel gennaio 1970 vi si tenne una mostra in cui già compariva una rete di monitor, animati da un circuito chiuso e destinati a trasmettere opere direttamente registrate su nastro elettromagnetico. Renato Barilli, che fu tra i curatori di quella mostra, è poi divenuto il decano del settore arte contemporanea del Dipartimento delle Arti Visive dell’Ateneo petroniano, e in tale veste ha sentito il dovere e il diritto morale di istituire una rassegna annuale della migliore produzione video, limitata al nostro Paese.”
Sempre a Bologna, ma a partire dal 2015, si tiene Meta-Cinema che ha per sottotitolo: Festival non competitivo delle audiovisioni ibridanti. La rassegna mira a presentare le sperimentazioni audiovisive digitali a tutto tondo, cioè al di là dei generi, focalizzate sulla ibridazione dei linguaggi, dei temi, delle poetiche, in tutti gli ambiti audiovisivi: dal documentario all’animazione, dalla video arte alla video performance, dalla video danza al video teatro. Come per l’annuario della videoarte, siamo in presenza di una iniziativa accademica rivolta principalmente agli studenti, atta a divulgare la ricerca in ambito audiovisivo, ma seguita da molti artisti e cultori della materia. Il concept del festival parte da alcune considerazioni cruciali: “a partire dalla digitalizzazione dei segnali analogici, espressioni come cinema sperimentale, cinema d’artista, cinema underground, videoarte, video performance, animazione, assumono sempre meno validità nel definire le creazioni audiovisive – ormai incentrate essenzialmente sulla post-produzione e sul montaggio – poiché in grado di avvalersi di ogni prodotto disponibile in forma digitale, realizzando sempre nuove ibridazioni estetiche che ricombinano i linguaggi e il repertorio, i generi e le tecniche, con potenzialità espressive e sfumature pressoché illimitate.” Meta-Cinema è un progetto culturale dell’Accademia di Belle Arti di Bologna ed è curato da Piero Deggiovanni e Teresa Valdaliso. La rassegna ha respiro internazionale e contiene al suo interno giornate di studi sui vari aspetti della videoarte in relazione alle poetiche e alle ricerche attuate dai principali autori italiani e stranieri, ed è in collaborazione con il Reale Collegio di Spagna in Bologna. A partire dal 2020, l’archivio del festival è entrato a far parte del Fondo Storico dell’Accademia e si aprirà alla consultazione in loco.
IBRIDA, Festival delle arti intermediali, nasce a Forlì nel 2015 allo scopo di indagare e divulgare le produzioni e le ricerche più recenti nell’ambito dell’audiovisivo sperimentale (videoart, found footage, meta-cinema, animazione 2D e 3D, ecc.), accogliendo in maniera del tutto naturale al suo interno anche la performance art e la musica elettronica. Si tratta di un festival non competitivo curato dall’Associazione Culturale Vertov Project, con la direzione artistica di Francesca Leoni e Davide Mastrangelo. IBRIDA fiorisce dai semi di una precedente rassegna sempre a cura del duo Leoni/Mastangelo, e dal 2016 si sviluppa in più giornate all’interno della Fabbrica delle Candele e altri spazi della città di Forlì. Questo festival, secondo quanto afferma Davide Mastrangelo, “non nasce da una richiesta culturale o economica precisa, ma da una necessità nostra di creare uno spazio fisico, nel quale incontrarsi, che sul nostro territorio mancava. Un luogo dedicato alle ibridazioni, un festival che mettesse la sperimentazione audiovisiva al centro della questione e che desse spazio sia agli artisti affermati e sia ai giovani talenti. Ibrido rispetto ai linguaggi ai codici dell’audiovisivo degli ultimi anni. Questa è una teoria che abbiamo affrontato e discusso più volte. Con questo ci teniamo a sottolineare che non vogliamo assolutamente tracciare dei confini, perché la sperimentazione è sempre stata libera da schemi e in continua evoluzione. Noi in qualità di artisti e ricercatori supportati da critici e studiosi, ci limitiamo a presentare il fenomeno per quello che è ampliando la strada”. L’idea di presentare la ricerca artistica in atto senza alcun pregiudizio è riverberata dallo spazio che ospita il festival che, per sua struttura – un cortile ampio su cui si affacciano sale di diversa metratura – induce all’idea di comunità e condivisione, di presa diretta e simultanea con la realtà del contemporaneo.
Spostandoci a Occidente, e più precisamente alla Galleria per l’Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Viareggio, sempre a partire dal 2015, ecco Over the Real. Festival internazionale di videoarte. Con la direzione artistica di Maurizio Marco Tozzi e Lino Strangis, il festival ha un comitato scientifico che si avvale della consulenza di Veronica D’Auria, Alessandra Arnò, Adonay Bemudez, Gabriel V. Soucheyre. La rassegna aspira a un collegamento internazionale e, secondo le parole di Tozzi scritte nel catalogo 2015 che accompagna il festival, “nasce grazie alla collaborazione di esperti del settore che non hanno solo svolto l’importante ruolo di selezionatori delle opere ma hanno concorso a inserire il Festival di Viareggio in un circuito dell’arte contemporanea che ha già contribuito a riportare alla luce molte città europee che grazie ad eventi di cultura digitale hanno creato nuovi interessanti scenari anche dal punto di vista turistico”. Entrando più nel merito del senso generale del Festival, Strangis, dal canto suo, sottolinea che “per introdurre la mentalità che sta alla base di questo festival basterebbe forse far riferimento alle motivazioni che ci hanno portati a sceglierne il titolo OVER THE REAL (“oltre la realtà/realtà oltre”) e subito proporre una prima domanda di fondo: ‘cos’è la realtà?’ […] una definizione fatta di precisi confini tra ciò che c’è, esiste, e ciò che costituisce una interpretazione da parte dell’uomo, che percepisce e rielabora i fenomeni, assegnandogli qualità e comportamenti non riscontrabili come effettivamente presenti. […] Nelle opere degli artisti che presentiamo si configurano realtà alternative che, venendo ad essere sugli schermi, nel nostro Spazio-Tempo, ampliano letteralmente le gamma di fenomeni che compongono il reale, spingendo sempre oltre l’asticella che segna i limiti di ciò che è conoscibile e, se le cose esistono in un certo modo nel momento in cui le osserviamo, allora quando si fruisce una di queste opere esse letteralmente aumentano la realtà”. Il festival ospita conferenze, incontri didattici e performance. Dal 2019 Over the Real è parte integrante del Lucca Film Festival.
Piero Deggiovanni
Invideo, logo by Beppe ReFraschini
Devis Venturelli, Sculpt the Motion, 2017
Festival Avvistamenti, logo by Studio grafico “labbestia” (Stefano Ciannamea e Serena Coppolecchia)
Ilaria Pezone, asmrrrr molesto, 2019
magmart, logo by Enrico Tomaselli
Eleonora Manca, Vedersi visti (da qui, sottrai), 2018
Videoart Yearbook, logo by Paolo Granata e Silvia Grandi
Sara Lorusso, Welcome to My Room, 2018
Metacinema, logo by Teresa Valdaliso Casanova
Ibrida Festival, logo by Francesco Galli
Over the Real, logo by Studio grafico Bogus Lab
Iginio De Luca, Gemelli d’Italia, 2009
Piero Deggiovanni (Lugo, 1957) è docente di Storia dell’arte contemporanea e di Storia e teoria dei nuovi media all’Accademia di Belle Arti di Bologna e al LABA di Rimini. È critico e ricercatore nell’ambito dell’arte contemporanea, membro del comitato scientifico del Videoart Yearbook dell’Università di Bologna. Da diversi anni si dedica esclusivamente alla ricerca, concentrandosi sulla videoarte e il cinema sperimentale.
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