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I Full Circle Pit Paintings di Simon Callery a KAP...

I Full Circle Pit Paintings di Simon Callery a KAPPA-NöUN

Il pittore londinese Simon Callery (b. 1960) è una delle figure più rappresentative della scena artistica del Regno Unito fin dal suo debutto, assieme a Simon English e Jenny Saville, nella mostra Young British Artists III (Saatchi Gallery, 1994) che ne consacra immediatamente la notorietà anche a livello internazionale. Il focus della sua ricerca si potrebbe sintetizzare con una dichiarazione da lui rilasciata in occasione della sua personale, intitolata Art Now, alla Tate Britain di Londra (3 agosto – 10 ottobre 1999): «La mia ambizione è dilatare il momento in cui i dipinti vengono percepiti fisicamente e visivamente e ritardare la velocità con cui vengono catturati e divorati». Da tale intento (quantomai all’avanguardia in un periodo in cui l’inflazione di immagini istantanee dell’era digitale non era ancora preconizzabile in tutta la sua portata) deriva la sua concezione di pittura come dispositivo di rallentamento, finalizzato a tradurre l’esperienza dello sguardo in un coinvolgimento percettivo e fisico totalizzante. Non dunque la pittura come illusione di profondità o rappresentazione su una superficie piana, ma come struttura stratificata che invita lo spettatore a rintracciare nella conformazione materica e cromatica dell’oggetto pittorico il processo mentale e tecnico attraverso il quale l’artista l’ha realizzato.

Simon Callery, “Full Circle Pit Paintings”, installation view at KAPPA-NöUN, photo by Michele Lombardelli, courtesy KAPPA-NöUN, San Lazzaro di Savena (BO) e 1/9unosunove arte contemporanea, Roma

Simon Callery, fin dagli esordi, ha ampliato i riferimenti del suo linguaggio visivo rivolgendosi verso l’esterno, inizialmente il paesaggio urbano che vedeva dall’appartamento al quinto piano con affaccio sul Limehouse Basin in cui viveva nei primi anni ‘90, per poi lasciarsi affascinare dalla terminologia e dalla pratica archeologica, a partire dai rilievi fotografici del sito di scavo Segsbury Camp sulla Ridgeway, realizzati con il fotografo Andrew Watson nel 1997 nell’ambito di un progetto promosso dalla Ruskin School of Drawing and Fine Art in collaborazione con l’Istituto di Archeologia dell’Università di Oxford. Dato il suo interesse a evocare la sintesi di un ambiente attraverso indizi non descrittivi, ciò che lo affascina della pratica archeologica è la complementarietà tra la dimensione sincronica orizzontale e quella diacronica verticale, dalla cui intersezione (operata anche nei suoi lavori) deriva una panoramica multidirezionale delle informazioni ambientali insite nei materiali della pittura. L’artista non ha mai abbandonato la metodologia archeologica, confermatasi negli anni una costante fonte di ispirazione degli sviluppi della sua disciplina artistica. Nel 2019, ad esempio, in qualità di Abbey Fellow in Pittura presso la British School di Roma, si è dedicato alla mappatura delle componenti ambientali costitutive della città, come rovine archeologiche, parchi periferici e l’acqua del fiume Tevere, da lui messe direttamente a contatto con grandi tele imbevute di pigmento, successivamente tagliate e cucite in studio.

Simon Callery, “Full Circle Pit Painting A”, 2024, canvas, oil, distemper, acrylic, pencil, aluminium, wood, height 64 x width 70 x depth 57.5 cm and “Full Circle Pit Painting B”, 2024, canvas, oil, distemper, acrylic, pencil, aluminium, wood, height 69 x width 64 x depth 62.5 cm, photo by Michele Lombardelli, courtesy KAPPA-NöUN, San Lazzaro di Savena (BO) e 1/9unosunove arte contemporanea, Roma

Queste opere, da lui definite Contact Paintings, esplorano la realtà ambientale di cui sono espressione in termini di profondità spaziale, sintesi cromatica e stratificazione temporale, restituendone le specificità in una forma fisicamente esperibile. Quello che ci chiede l’artista, dunque, non è di comprendere i suoi dipinti, ma di percepirli nel loro sviluppo graduale, affidandoci all’esattezza delle nostre impressioni nonostante l’impossibilità (da lui sistematicamente progettata) di arrivare a una visione d’insieme definitiva. È emblematica di tale aspetto la nuova serie intitolata Full Circle Pit Paintings, protagonista dell’omonima mostra in corso al KAPPA-NöUN di San Lazzaro di Savena (BO), realizzata in collaborazione con la galleria 1/9unosunove arte contemporanea di Roma. Sulla lunga parete opposta all’ingresso della sala espositiva si susseguono con ritmo regolare cinque dipinti scultorei, ciascuno dei quali è costruito dall’assemblaggio di quattro cornici in legno circolari distanziate e sorrette da parallelepipedi in legno parzialmente dipinti. Se la forma circolare di questi moduli deriva dalla rotondità delle fosse di scavo, da lui considerate intrinsecamente affini al suo lavoro, qui l’accento è sulla materialità della pittura, non più “calco” di un vuoto preesistente come nei Contact Paintings, ma costruzione stratificata nel tempo in cui il vuoto assume valenza di scansione spaziale e temporale, oltre che di partitura cromatica. Se nelle archeologie la relazione tra interno ed esterno viene evocata da composizioni di forme cucite e forate, tra loro sovrapposte in strati verticalmente paralleli da cui l’altrove trapela sporadicamente e misteriosamente, qui l’interno, solitamente precluso allo sguardo, è il fulcro della visione.

Simon Callery, “Full Circle Pit Painting C”, 2024, canvas, oil, distemper, acrylic, pencil, aluminium, wood, height 70 x width 80 x depth 70 cm and “Full Circle Pit Painting D”, 2024, canvas, oil, distemper, acrylic, pencil, aluminium, wood, height 69 x width 84 x depth 56 cm, courtesy KAPPA-NöUN, San Lazzaro di Savena (BO) e 1/9unosunove arte contemporanea, Roma

In ciascuno dei Full Circle Pit Paintings, infatti, il posizionamento reciproco delle cornici rivestite di alluminio o tela, sulle quali la pittura inizia a depositarsi come strato delicato e intermittente, crea un plesso di inquadrature convergenti che mettono a fuoco calcolati frammenti di un mondo potenzialmente infinito di pittura. In questo invito a perderci nei suoi meandri non c’è nulla di casuale, come dimostra la calibrata gradualità dei passaggi tonali tra un componente e l’altro. Lo spessore degli elementi lignei (recuperati tra i materiali di scarto delle scenografie del Royal Albert Hall di Londra, vicino al quale l’artista ha il suo studio) sembra mettere in prospettiva il processo della pittura nel suo farsi, materializzando ogni tocco di colore come se fosse una presenza scultorea. La relazione interno-esterno che nelle archeologie si manifestava come suggerimento subliminale, qui emerge in modo preponderante, dando una forma sensibile all’oltre e al dentro di quella pittura che siamo abituati a immaginare come entità bidimensionale. Se, come abbiamo detto, la percezione integrata di ogni composizione è solamente ipotizzabile per via compendiaria fondendo mentalmente le impressioni a cui ogni diversa angolatura della struttura dà accesso, la sequenza a parete dei cinque elementi è, invece, chiaramente leggibile di fronte come scala di bianchi progressivamente diversificati e di lato come sfondamento e come carotaggio del cuore più tenero della pittura.

Info:

Simon Callery. Full Circle Pit Paintings
20/04 – 01/06/2024
Visitabile solo su appuntamento contattando: kappanounart@gmail.com
KAPPA-NöUN
Via Imelde Lambertini 5, San Lazzaro di Savena (BO)


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