Genetica della forma è il titolo della collettiva inaugurata lo scorso 9 aprile alla storica Galleria di Arte Moderna “Giovanni Carandente” di Palazzo Collicola, che, sotto la firma del giovane curatore Davide Silvioli, ha, in seguito alle due personali d’inaugurazione (Costellazione privata di Matteo Montani e Re-Echo di Mark Francis), portato avanti il programma espositivo stagionale.
L’ontologia della forma, tematica che trova facilmente una definizione concreta nel terreno fertile della scienza, se applicata all’arte contemporanea nasconde, invece, pur nella sua presunta semplicità, l’impossibilità di una codificazione. Silvioli sceglie coerentemente di dare totale libertà ai sette artisti riuniti (Antonio Barbieri, Giulio Bensasson, Roberto Ghezzi, Giulia Manfredi, Miriam Montani, Bernardo Tirabosco e Medina Zabo) di reinterpretare l’idea di forma, attraverso continue ibridazioni, di elementi per natura contrastanti.
Certamente, il pensiero contemporaneo ha intrapreso inevitabilmente il suo percorso, superando e, alle volte rielaborando, le numerose argomentazioni, sia quelle che volevano materia e forma scisse tra loro, figlie del platonismo, sia quelle figlie del sinolo aristotelico che invece ne sostenevano l’unione. Rapportando tale argomentazione alla sostanza (ousia) dell’opera d’arte e dunque legando questa ai concetti di essere e divenire, atto e potenza, materia e forma, il rischio maggiore è quello di cadere in un dibatto metalinguistico che la critica moderna e contemporanea hanno più volte intrapreso, per distrarre l’attenzione dello spettatore dalla sua totale dipendenza dal giudizio estetico.
Ragionare sulla forma, in un’era in bilico tra il post-umanesimo e il trans-umanesimo, dove il linguaggio, non solo “visivo” ma anche semantico, è arrivato a estremizzare l’idea di sperimentazione al punto da servirsi smodatamente dei prefissi “meta” e “trans” per acquisire un valore di giudizio qualitativo, appare come una scelta conservatrice.
Dinanzi al repentino progresso tecnologico, si sviluppano in parallelo poetiche artistiche che definiscono la forma tramite impulsi interiori, spesso legati a un desiderio di simbiosi con il mondo organico e naturale. Si pensi al Blauer Reiter (1912), visto dalla critica come movimento di evasione dal funzionalismo. L’errore più comune è stato quello di adottare un approccio comparativo tra le opposte tendenze, per mascherare gli interessi politico-economici di un ceto medio-alto; non fu certamente un caso, infatti, che il primo polo ebbe vita breve rispetto al secondo.
Genetica della forma si inserisce nel dibattito offrendo la testimonianza di come, nonostante le tendenze contemporanee si siano mosse in direzione della smaterializzazione, il desiderio degli artisti di comprendere l’essenza di un’opera sarà sempre e comunque molto forte.
Non so dove non so quando (2016) di Giulio Bensasson, è un tentativo di ribellione da parte della materia organica verso quella artificiale: diapositive di paesaggi naturali e dimenticati vengono contaminate da muffe che, reagendo all’agente chimico della pellicola, si insediano in superficie, mutando continuamente la loro forma. Nelle opere di Bensasson, questi concetti sembrano apparire slegati, la muffa, infatti, continuerà a espandersi, rinunciando alla certezza salvifica di una forma definitiva.
Le Naturografie di Roberto Ghezzi, artista e pittore fiorentino, sono invece l’esempio di come un’opera possa prendere forma “attraverso” la natura. L’artista adagia le sue tele sul terreno, per farle “dipingere” dalla terra e deteriorare dal materiale organico. Ghezzi opera in simbiosi con il contesto naturale e, da pittore, prevede il disegno finale della tela, attraverso l’analisi di quest’ultima. La ricerca di una forma pura non prescinde tanto dalla plasticitàdella materia, quanto dalla natura del pensiero, che determina le forme particolari. Le Naturografie sono figlie di un’attenta fase progettuale: prima di porre la tela sul suolo organico, e soltanto dopo mesi di attesa e osservazione scrupolosa, l’artista estrae il tessuto della tela e fissa in essa le sostanze e gli elementi organici depositatesi.
Il rapporto tra forme naturali e forme artificiali viene analizzato dall’altro artista toscano, Antonio Barbieri. Grazie a scanner sofisticati e all’uso di stampanti 3D, l’artista crea le sue opere scultoree per poi intervenire con il colore. Il processo artistico di Barbieri sembra alludere alla presenza di una struttura insita nella forma naturale; la sua ricerca parte dalla volontà, citando Klee, di rendere visibile ciò che è nascosto alla vista. Chrysolina/Colonna (2022), sebbene sia strutturalmente il frutto di un’alternanza di codici matematici che si ripetono seguendo il ritmo della forma naturale e organica, evoca, come un totem, una funzione simbolica e spirituale.
L’origine della forma e il suo continuo divenire – la sua genetica per l’appunto – è il fulcro principale della collettiva curata da Silvioli. Centrale è quindi il carattere poietico delle opere in mostra, un aspetto inteso come il passaggio dal non essere all’essere in presenza, scatto determinato dalla prossimità con il loro archè, o principio formale, che gli artisti lasciano volutamente incompiuto e indefinito.
Se per Hegel la morte dell’arte si risolveva nell’incapacità di un’opera, come oggetto e pensiero, di autoannientamento, Genetica della forma rivendica la volontà dell’opera stessa che, libera da vincoli formali, procede in un divenire continuo, riaffermando il valore spirituale originale rinnegato dalla critica “concettuale” moderna. “The less you have to see, the more you have to say”: quando il messaggio dell’opera è immediato, ogni ulteriore parola è superflua.
Giulia Pontoriero
Info:
AA.VV., Genetica della Forma
a cura di Davide Silvioli
9/04/2022 – 22/052022
Galleria d’Arte Moderna “Giovanni Carandente”
Palazzo Collicola
piazza Collicola, 06049 Spoleto
Giulio Bensasson, Genetica della forma, installation view, Galleria di Arte Moderna Giovanni Carandente, Palazzo Collicola, Spoleto. Courtesy l’artista
Roberto Ghezzi, Genentica della forma, installation view, Galleria di Arte Moderna Giovanni Carandente, Palazzo Collicola, Spoleto. Ph. Giulio Buchicchio. Courtesy l’artista
Antonio Barbieri, Genentica della forma, installation view, Galleria di Arte Moderna Giovanni Carandente, Palazzo Collicola, Spoleto. Ph. Giulio Buchicchio. Courtesy l’artista
Medina Zabo, Genentica della forma, installation view, Galleria di Arte Moderna Giovanni Carandente, Palazzo Collicola, Spoleto. Ph. Giulio Buchicchio. Courtesy l’artista
Bernardo Tirabosco, Genentica della forma, installation view, Galleria di Arte Moderna Giovanni Carandente, Palazzo Collicola, Spoleto. Ph. Giulio Buchicchio. Courtesy l’artista
Laureata in Scienze dell’Architettura alla Sapienza di Roma, con diploma di master in Arte contemporanea e Management presso la Luiss Business School, attualmente lavora come stagista e project manager presso Untitled Association. Diplomata in Fotografia e Critica d’Arte a Bologna, attualmente porta avanti i suoi progetti personali ed è parte del team del progetto culturale Forme Uniche.
NO COMMENT