La Fondazione dell’Albero d’Oro risale al 2019. L’obiettivo era di restituire vita e anima a palazzo Vendramin Grimani, già noto come palazzo Grimani Marcello, uno dei più bei palazzi che si affacciano sul Canal Grande. La missione della Fondazione è favorire tutte le azioni artistiche, culturali e didattiche a beneficio della città di Venezia, della sua storia e della sua rinomanza internazionale in collaborazione con prestigiose istituzioni pubbliche e private italiane e internazionali. Per approfondire questo progetto abbiamo avuto il piacere di intervistare la direttrice Béatrice de Reyniès.
Francesco Liggieri: Vorrei fare capire chi è Béatrice de Reyniès senza riassumerlo io, vorrei che lo facesse lei descrivendosi con il titolo di un’opera d’arte.
Béatrice de Reyniès: I Quattro Impromptus op. 90 di Schubert.
Cosa possono fare un museo o una fondazione d’arte per la crescita del Paese?
Una fondazione culturale senza scopo di lucro punta a distinguersi per la sua missione che è di promuovere azioni artistiche, culturali e pedagogiche a favore della città e della storia di Venezia, contribuendo alla sua reputazione internazionale collaborando con numerose istituzioni pubbliche e private, sia italiane che internazionali. Se la Fondazione riuscirà a promuovere l’espansione e la trasmissione dei valori culturali e artistici e a incoraggiare i giovani a intraprendere carriere artistiche attraverso le varie attività e i programmi offerti, darà un contributo attivo allo sviluppo del Paese.
Come ha influito la pandemia sul suo lavoro?
Palazzo Vendramin Grimani ha aperto le porte al pubblico durante la pandemia: l’apertura è avvenuta in condizioni speciali, con piccoli gruppi di visitatori.
Quanto è importante l’aspetto educativo per la Fondazione dell’Albero d’Oro?
Per ogni mostra importante, cerchiamo di produrre un libretto di visita per i bambini e, più recentemente, di organizzare visite speciali dedicate alle famiglie. In futuro, cercheremo di rendere le nostre mostre accessibili ai visitatori più giovani, attraverso soluzioni di mediazione alla loro portata.
Può raccontarci come nascono le scelte espositive?
Il Consiglio di Amministrazione della Fondazione si riunisce regolarmente per discutere la scelta dei temi espositivi proposti da me e dai propri membri. I temi variano a seconda delle Biennali e delle opportunità di incontro e scoperta di artisti e temi di attualità.
Il pubblico va formato o va intrattenuto all’interno di una mostra d’arte?
In una mostra d’arte, la nostra ambizione è quella di suscitare interesse per le opere presentate e per il lavoro dell’artista, che in alcuni casi ha lavorato in residenza su alcune delle opere esposte. Il modo in cui le opere sono presentate è forse la chiave per plasmare il modo in cui guardiamo l’arte, e per questo la scenografia e l’illuminazione sono molto importanti. Le opere d’arte possono toccarci, interrogarci o commuoverci, ma non intrattenerci. Quando danno felicità, una certa serenità e illuminazione, quando permettono di sviluppare l’immaginazione o alimentano l’immaginario, mi sembra che abbiamo svolto il nostro ruolo di trasmettitori.
La figura del progettista culturale, quando e quanto è importante all’interno di un organigramma di una fondazione o di un museo?
Non abbiamo un progettista culturale nel nostro organigramma: progettiamo programmi di eventi in team, con persone di diversa estrazione, in modo da avere un’offerta sfaccettata e multidisciplinare.
Che consigli darebbe a un giovane artista che vuole diventare grande all’interno del mondo dell’arte?
Che segua la sua voce interiore.
In Italia, nelle mostre, c’è carenza di opere di giovani artisti. Lei crede che sia una questione culturale, sociale o semplicemente di coraggio?
È importante dare spazio ai giovani artisti, che dovrebbero esporre e presentare le loro opere accanto a quelle di artisti affermati. Questo è il ruolo principale dei musei statali. Tutte le altre istituzioni private dovrebbero essere libere di fare le loro scelte in linea con la loro missione. Dobbiamo rendere merito alle numerose fondazioni che hanno il coraggio e la vocazione di presentare il lavoro di giovani artisti.
Esiste un luogo che lei identifica come l’inizio del suo percorso e del suo lavoro, nella sua memoria?
Sì, le mie lezioni di disegno e scultura e il piacere di lavorare in atelier in un’atmosfera di creazione.
Se non fosse la direttrice della Fondazione dell’Albero d’Oro, cosa le piacerebbe fare?
Mi sarebbe piaciuto fare il Direttore d’orchestra, ma se non fossi la Direttrice della Fondazione dell’Albero d’Oro potrei creare e sviluppare un altro luogo artistico aperto, multiculturale e vivace…
Info:
www.fondazionealberodoro.org/it
Artista e curatore indipendente. Fondatore di No Title Gallery nel 2011. Osservo, studio, faccio domande, mi informo e vivo nell’arte contemporanea, vero e proprio stimolo per le mie ricerche.
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