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In conversazione con Camilla Sanguinetti di Alchem...

In conversazione con Camilla Sanguinetti di Alchemilla

Il nome Alchemilla, per chi vive a Bologna, è ormai una certezza. Fondata nel 2017, l’Associazione si è affermata come una delle realtà sperimentali e multiuso più innovative della città. La storia del progetto è anche molto altro, come mi ha spiegato Camilla Sanguinetti, una delle fondatrici di Alchemilla che ho avuto il piacere di intervistare.

Yong Chung, Cuoghi Corsello, Alchemilla, 2019, installation view, ph. Rolando Paolo Guerzoni, courtesy Alchemilla

Sara Papini: Come nasce il progetto di Alchemilla e qual è il suo intento?
Camilla Sanguinetti: Il principio di quello che poi è diventato il progetto Alchemilla è stato un esperimento tra amici realizzato nel 2017 all’interno degli spazi di un palazzo cinquecentesco nel centro di Bologna. Il focus del progetto era rivolto a un muro con un affresco datato alla fine del Settecento a trompe-l’oeil situato nel cortile del palazzo, intorno al quale, per una notte, sono stati riuniti tre mondi diversi: la valorizzazione di un palazzo storico come Palazzo Vizzani, la ricerca scientifica di una dottoranda dell’università La Sapienza di Roma e un intervento artistico site-specific. Dopo un anno, abbiamo organizzato Alchemilla, una mostra collettiva a cura di Fulvio Chimento. Successivamente sono arrivate altre idee, come quella di utilizzare alcuni spazi del palazzo per trasformarli in studi d’artista. In quel momento avevamo a disposizione un appartamento al piano nobile che era disabitato da molti anni; non immaginavamo ancora quello che sarebbe successo dopo. Così abbiamo dato spazio ad altri amici artisti che avevano la necessità di sperimentare progetti anche molto diversi tra loro, come allestimenti e prove di progetti performativi, fino a incontri di gruppi di ricerca, ma anche pranzi e cene organizzati per confrontarci. Nel tempo si è creata una comunità eterogenea di persone, diverse tra loro per età e formazione, che ha alimentato alcuni desideri comuni, come quello di avere un luogo di riferimento dove poter lavorare, esporre e stare insieme. A fine 2019 abbiamo costituito l’Associazione, per dare forma al nostro pensiero e per trovare le risorse necessarie. Lo statuto ha richiesto diversi mesi di elaborazione e il risultato è frutto di riflessioni tra persone con differenti competenze. In sintesi, Alchemilla si propone come un centro culturale interdisciplinare e multiuso, un luogo di sperimentazione, di studio, di lavoro e di ricerca, un posto dove incontrarsi e stare insieme, uno spazio indipendente e non profit.

Roberto Fassone, Ai Lai, LZ, And We Thought III, installation view at Alchemilla, ph. Rolando Paolo Guerzoni, courtesy Alchemilla

Ci parli della struttura di Alchemilla?
Alchemilla è composta da tanti elementi diversi che convivono tra loro e che spesso si incrociano. Le mostre – sempre a ingresso gratuito – o i progetti di residenze si sovrappongono continuamente, anche se in ambienti diversi, alle attività degli studi, che invece si svolgono durante tutto l’anno. A questi si aggiungono altre iniziative proposte dai soci o dagli artisti ospiti di Alchemilla, come incontri o workshop, e la selezione di progetti di altri artisti, curatori o critici e ricercatori o alle collaborazioni con altre associazioni o gruppi informali e con le istituzioni. Tutto questo richiede un’organizzazione precisa ma anche flessibile, che sia programmata ma che abbia anche tempi liberi, dove coltivare un margine di imprevedibilità nel quale ci riconosciamo e che vogliamo preservare, perché è legato alle relazioni tra le persone e allo scambio di idee. Come l’evoluzione delle piante, anch’esse organismi sensibili, spero che anche Alchemilla si sviluppi seguendo un modello diffuso, di coesione e di cooperazione tra specie diverse, che a mio parere può dare forma a una struttura sociale molto più forte e più stabile. C’è ancora tanto da dimostrare, ma l’idea è quella di continuare a lavorare in questa direzione.

Alessandro Pessoli, City Of God, 2021, installation view at Alchemilla, ph. Rolando Paolo Guerzoni, courtesy Galleria Zero e Alchemilla

Cosa ci puoi dire riguardo al programma delle residenze artistiche e ai progetti futuri?
Prima di iniziare il progetto Residenza Studio ci siamo interrogati a lungo sul senso che volevamo dare a queste residenze. Ancora una volta abbiamo voluto privilegiare l’aspetto della ricerca e della sperimentazione, quello relazionale e quello esperienziale, che gli artisti possono fare frequentando gli spazi di Alchemilla. Le residenze sono dedicate ad artisti italiani e stranieri, under 35, che operano nell’ambito delle arti visive e performative. Esse vengono finanziate grazie al supporto della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e della Fondazione Zucchelli. La selezione avviene per chiamata diretta a eccezione dei vincitori del premio Zucchelli, selezionati tra gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Il periodo di residenza (che di solito varia dai due mesi alle due settimane) si conclude con un evento aperto al pubblico – una mostra o una performance – oppure con una prova aperta o uno studio visit dedicati a un pubblico costituito da addetti ai lavori. Finora non abbiamo sentito la necessità di indicare dei temi da seguire, poiché l’intento principale è quello di creare le condizioni affinché gli artisti possano lavorare in un ambiente accogliente e stimolante con il quale confrontarsi e dove inserire liberamente le proprie ricerche e visioni. Tutti i nostri progetti vengono documentati grazie alla collaborazione di Veronica Santi (critica e videomaker). Per l’edizione di quest’anno abbiamo ospitato Edoardo Mozzanega (danzatore e coreografo) e Chiara Prodi (artista e danzatrice), con il progetto Dream of a Tiger, a giugno invece sarà la volta del vincitore del premio Zucchelli (non ancora proclamato) e che sarà curata da Tatiana Basso, mentre in autunno ospiteremo Enej Gala, artista sloveno che opera tra Londra, Venezia e Nova Gorica, a cura di Enrico Camprini. Per il 2024 le residenze probabilmente saranno solo due, una con Julia Carrillo, artista interdisciplinare di Città del Messico, mentre l’altra sarà assegnata al vincitore del Premio Zucchelli 2024.

Mattia Pajè, Fuori Terra, 2022, installation view at Alchemilla, ph. Carlo Favero, courtesy Alchemilla

Qual è il tuo ruolo di fondatrice in questo progetto?
È una domanda molto difficile, la prima immagine che mi viene in mente è di nuovo quella di Alchemilla come una pianta e di me come un giardiniere che l’ha seminata e che ora se ne prende cura. Se adesso questa pianta sta crescendo bene è anche grazie al terreno che abbiamo trovato a Bologna, fertile e pieno di energie, e poi ci sono le piante intorno a noi, tantissime realtà e persone che in questi anni sono state fonte di grande ispirazione e di supporto. Pensandoci meglio, potrei darti anche altre risposte più razionali, che riguardano il mio coinvolgimento diretto con questo palazzo, di proprietà della mia famiglia, in cui sono nata e dove sono tornata circa dodici anni fa. Dovei fare riferimento anche alla mia formazione legata all’architettura e all’urbanistica e di come questi aspetti mi abbiano permesso di riportare l’arte in un luogo dove effettivamente c’era sempre stata. Certe volte ho pensato che il Cardinale Lambertini che costruì la porzione di palazzo dove ci troviamo, sarebbe felice nel vederci all’opera in queste stanze e che, così facendo, un palazzo storico come questo mantenga il proprio senso anche nel mondo attuale.

Sara Papini

Info:

Alchemilla,
Via Santo Stefano 43, Bologna


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