Abbiamo intervistato Francesco Ozzola, direttore della galleria Suburbia Contemporary di Granada, uno degli spazi più interessanti sulla scena artistica internazionale riguardo a proposte: artisti, mostre ma anche progetti no-profit paralleli e itineranti come Satellite.
Federica Fiumelli: Suburbia Contemporary è attiva già da qualche anno nel panorama dell’arte contemporanea internazionale. Ci racconti come è nata, e perché hai scelto Granada?
Francesco Ozzola: Vivo a Granada dal 2014; presi coscienza della sua reale ubicazione nel continente con i primi viaggi in macchina da Madrid, città dove abitavo prima. Da Madrid a Granada si arriva percorrendo la Carretera Andalucía, una volta superato il passo di Despeñaperros e quando si entra in Andalusia i cartelli stradali iniziano a essere tradotti in arabo. Granada è situata all’estrema periferia Europea. Questa distanza dal centro non è da valutare solo in termini geografici, ma anche sociali ed economici, e proprio quest’aspetto ha dato fondamenta al progetto Suburbia. Sfruttando le risorse a disposizione, facendo a meno del superfluo, Suburbia raggiunge i suoi obiettivi facendo buone pratiche e lavorando online in maniera globale. Suburbia Contemporary nasce come spazio no-profit nel 2017, poi nel settembre del 2018 si evolve a galleria, rappresentando artisti emergenti e a media carriera, a livello globale, con un programma incentrato sulla ricerca, facendo della qualità il suo punto cardine.
Questo periodo di grossa difficoltà che stiamo vivendo a livello globale a causa del Covid-19 ha cambiato e sta cambiando qualsiasi scenario: come si sta muovendo la galleria? In programma per fine marzo avevate l’opening del solo show di Mabel Palacín, “El Pasajero”, di cosa si tratta e come state proponendo la preview online?
Come consuetudine, anche durante questo periodo, stiamo promovendo il lavoro dei nostri artisti curandone la comunicazione, attraverso i social network e le piattaforme di vendita online. A maggio avremmo dovuto presentare il lavoro di tre artisti sudafricani, Jake Aikman, Bonolo Kavula e Jacob Van Schalkwyk a Future Fair New York, ma vista l’emergenza, anche la fiera virerà totalmente sul digitale.
Sul piano delle esposizioni in galleria abbiamo dovuto posporre l’inaugurazione di “El Pasajero”, solo di Mabel Palacín a data da definirsi. “El Pasajero” è una installazione site specific composta da un numeroso set di fotografie che generano forme, disegni, storie, che a sua volta si ricompongono in cerchi, che ordinano gesti e risonanze, e infine formano un occhio che ci guarda. Con “El Pasajero” Mabel Palacín rappresenta la vita quotidiana, raccoglie semplici azioni (di cui proprio ora siamo privati) nei vagoni della metro di diverse città: 77 passeggeri consultano il cellulare,15 leggono,16 dormono, 22 ci guardano e solo uno ha con sé del pane. La metropolitana viene presentata come un non-luogo, nel quale si producono grandi concentrazioni di persone, dove Mabel Palacín evidenzia le tracce lasciate da ogni singolo individuo ricostruendo una storia collettiva e dove noi tutti inconsapevolmente siamo il passeggero. Paradossalmente l’immagine del passeggero durante questo periodo di crisi e di isolamento è scomparsa, quindi vista la capacità di Mabel di percepire i mutamenti della società e della sua immagine, abbiamo deciso di condividere una preview online.
Certamente il lavoro della galleria non può esaurirsi online, le gallerie sono punti di incontro sociale, con un ruolo fondamentale nel tessuto culturale delle città, le gallerie vivono del pubblico, per questa ragione una volta finita questa emergenza inaugureremo e finalmente riapriremo al pubblico.
Un altro dei progetti che dovevate inaugurare in questo periodo è Satellite a Firenze – un project space “mobile” che ha visto parte della sua attività anche in un’altra città, Cape Town. Ci racconti come nasce, e come collaborerà con un altro nuovo progetto per l’arte contemporanea fiorentino, la neonata “La Portineria”? Anche in questo caso state proponendo una preview online? E perché il passaggio da Cape Town a Firenze?
La natura itinerante di Satellite consente di raggiungere una ampia varietà di talenti e differenti pratiche artistiche nei vari emisferi in cui risiede e nasce dall’idea di creare nuovi veicoli espressivi: gli artisti coinvolti nella galleria provengono da diverse parti del mondo e seguono definizioni diverse di pratica artistica. Con la collettiva “Surroundings”, mettiamo in mostra i primi risultati di questo sguardo globale, contando con la presenza di artisti come Jake Aikman, Michelangelo Consani, Bonolo Kavula, Sepideh Mehraban, Mabel Palacín, Laura Paoletti, Robert Pettena, Jaime Poblete, Jacob Van Schalkwyk e Shakil Solanki. Anche in questo caso ci sarà una preview digitale, che avrà lo scopo di avvicinare il pubblico al project space e all’esposizione di apertura. Lo spazio espositivo dove attualmente risiede Satellite, è lo spazio gemello de “La Portineria” di Matteo Innocenti. “La Portineria” sarà uno spazio di ricerca in ambito locale e italiano, mentre Satellite avrà uno sguardo più internazionale, così faremo dialogare queste due realtà con il fine di fomentare il discorso sull’arte contemporanea, le inaugurazioni saranno sfalsate di modo da poter sempre rendere visibili due esposizioni.
Granada, Cape Town e Firenze sono città con un forte potere evocativo, ci descrivono scenari lontani e differenti fra loro, e personalmente trovo interessante pensare di avvicinarli con una linea comune. Ogni città corrisponde a gruppi di persone vicine al progetto, che lo hanno supportato e lo supportano, infatti non si può parlare di un passaggio da una città all’altra, ma di un processo naturale del progetto, che dopo aver “mappato” il territorio, passa alla fase successiva. Il progetto Satellite non si fermerà a Firenze, come del resto Suburbia potrebbe muoversi altrove.
Per gli artisti e i curatori che ci stanno leggendo, in che modo Suburbia seleziona i propri artisti e come nasce solitamente un progetto espositivo? Che rapporto avete con i curatori esterni e come portate avanti il rapporto con gli artisti che scegliete?
Il numero degli artisti rappresentati dalla galleria è molto ridotto, questo permette di curare ogni dettaglio delle esposizioni, sia in galleria come in fiera. Ogni evento ha sempre un approccio curatoriale ben definito, e il numero limitato di artisti consente di avere un rapporto personale con ognuno, fattore sicuramente di grande valore per un progetto a lungo termine.
Abbiamo iniziato con una serie di personali a Suburbia, per poi fare la prima collettiva nello spazio di Cape Town a cura di Alexandra Karakashian e Khanya Mashabela. Ci siamo presentati al primo grande appuntamento in Italia con il solo show di Jake Aikman, artista sudafricano, e per l’occasione abbiamo pubblicato un catalogo con un testo di Sean O’Toole. Quest’anno abbiamo ripetuto l’esperienza, presentando un solo show di Jaime Poblete, con l’introduzione al suo lavoro di Antonio Arévalo. In occasione dell’ultima edizione della Investec Cape Town Art Fair, su invito di Nkule Mabaso e Luigi Fassi, abbiamo presentato Bonolo Kavula nella sezione Tomorrow/Todays.
Cosa ne pensi del sistema dell’arte contemporanea? Noti differenze nel lavorare in Spagna, rispetto all’Italia o ad altri Paesi? Come definiresti l’attuale scena spagnola?
Il lavoro delle istituzioni e i musei non dovrebbero solamente tutelare il patrimonio, ma cercare di fomentare la ricerca e formare il pubblico integrandolo nel tessuto culturale; un pubblico attento, che può accedere facilmente a contenuti creativi e concettuali, non solo rende il sistema dell’arte più dinamico, ma porterebbe senza dubbio un contributo alla società.
Qui a Granada ho iniziato con una attività no-profit. Credo che dare spazio alla ricerca sia essenziale, pur volendo cercare la strada più radicale, alla fine ci si trova di fronte la realtà, il mercato. Per Suburbia la digitalizzazione dell’arte ha rappresentato una grande opportunità, ci possiamo relazionare con diverse realtà in tutto il mondo. La nostra proposta è ben recepita negli Stati Uniti, in Belgio, Regno Unito, Germania e in Sud Africa, dove vedo un sistema dell’arte ben strutturato, dove ognuno fa la sua parte, dove tutti si supportano, dove noto un giusto scambio fra artisti, curatori, musei, fondazioni, collezionisti e infine con la fiera di Cape Town che racchiude in sé tutto questo e lo amplifica. Credo che non si possa parlare di un sistema dell’arte: credo che cambi molto nel raggio di pochi chilometri, a seconda delle politiche intraprese dalle varie città, in generale ci vorrebbe più positività, in Italia, e ancor di più in Spagna, più scambio e meno autoreferenzialità.
Come ti prefiguri lo scenario artistico post-virus tra possibilità e svantaggi?
Sarà un periodo interessante, prendiamo ogni cambiamento come un’opportunità, siamo flessibili, ultimamente abbiamo avuto il tempo di mettere a punto e poi in pratica strategie di comunicazione e vendita. Avremmo voluto partecipare alle fiere previste, che ci danno stabilità, e modo di consolidarci laddove arriviamo con le nostre reti, ci rifaremo più avanti. Credo che questo periodo possa portare a guardare le cose con maggiore attenzione, spero sia arrivato il momento di prendere le cose con più consapevolezza e guardando più a lungo termine, tralasciando la frenesia con cui ci ha fatto vivere a lungo il consumismo.
Info:
Suburbia Contemporary at Investec Cape Town Art Fair 2020, Main Booth. Lilietta Njovana, Jake Aikman, Bonolo Kavula, Francesco Ozzola, Kim Makin
Jaime Poblete Nigredo Opening at Suburbia Contemporary
Jake Aikman at Suburbia Contemporary
Mabel Palacin, El pasajero, 2020
Robert Pettena, Alla conquista dell’inutile, 2017
Suburbia Contemporary; the venue
For all the images: courtesy Suburbia Contemporary
(1990) Laureata al DAMS di Bologna in Arti Visive con una tesi sul rapporto e i paradossi che intercorrono tra fotografia e moda, da Cecil Beaton a Cindy Sherman, si specializza all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel biennio in didattica dell’arte, comunicazione e mediazione culturale del patrimonio artistico con una tesi sul percorso storico-critico di Francesca Alinovi, una critica postmoderna. Dal 2012 inizia a collaborare con spazi espositivi svolgendo varie attività: dall’allestimento delle mostre, alla redazione di testi critici o comunicati stampa, a laboratori didattici per bambini, e social media manager. Collabora dal 2011 con varie testate: Vogue online, The Artship, Frattura Scomposta, Wall Street International Magazine, Forme Uniche Magazine.
NO COMMENT