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In conversazione con il curatore di “Superluminal”...

In conversazione con il curatore di “Superluminal”: Barnabás Bencsik

Abbiamo incontrato il direttore artistico Vida Szabolcs del Light Art Museum di Budapest, e abbiamo fatto alcune domande a Barnabás Bencsik, uno dei due curatori della mostra Superluminal. Parlando dell’attuale esibizione, abbiamo anche ragionato sulla visione generale del museo, inaugurato nel 2022.

“Superluminal”, veduta della mostra, LAM, Budapest, 2024. Ph. Dávid Bíró, courtesy Light Art Museum Budapest

Sara Buoso: Ti piacerebbe introdurre la mostra Superluminal?
Barnabás Bencsik:
Superluminal è la seconda mostra alla LAM. L’etimologia del termine fa riferimento a lumen, luce come flusso luminoso, questa accezione ha suggerito la direzione della mostra. Il termine è ancora più interessante perché è tratto da una teoria discutibile o sovversiva, che afferma che la luce non è il fenomeno fisico più veloce nell’universo, assunto delle scienze basate sulla Teoria della Relatività di Albert Einstein. Al contrario, questa teoria afferma che ci sono determinate situazioni in cui esista un qualcosa di più veloce della luce, e questa mostra ne è la nostra personale interpretazione. Volevamo essere critici nei confronti di teorie consolidate e rappresentare artisti che lavorano in posizioni simili sia metaforicamente sia per atteggiamento, con l’obiettivo di sfidare il consenso attuale. Superluminal rappresenta questa posizione a un livello più profondo, connettendosi ai fenomeni della luce e del sole, che sono al centro di questa mostra da diverse prospettive.

Vera Molnár, “OTTWW, Ode to the West Wind”, 1981-2010. Ph. Dávid Bíró, courtesy Light Art Museum Budapest

Quali sono stati i criteri alla base della scelta delle opere e degli artisti rappresentati?
LAM è un’istituzione la cui missione è la luce. L’ambiente fisico è stato creato appositamente per focalizzare tale fenomeno e, per questo, è completamente buio: una contro-tesi del white cube. Tuttavia, dal momento che il museo si trova in un monumento protetto, ciò determina alcuni vincoli specifici per la selezione delle opere, sebbene la sua architettura ci consenta però di creare universi, spazi, storie e atmosfere separati. Una seconda linea è la tradizione che trova radici nell’eredità di alcuni artisti ungheresi come László Moholy-Nagy e György Kepes, e di quelli del Movimento Modernista che iniziarono a coinvolgere la luce artificiale come mezzo o materiale nel loro processo di creazione. Ciò implica un’altra linea: non solo diamo valore alla luce come fenomeno o medium, ma anche alla tecnologia coinvolta nel processo artistico. Questi artisti hanno iniziato a coinvolgere sistematicamente nuovi mezzi e nuovi strumenti provenienti dalla scienza e dalla tecnologia e ne stiamo ricercando di nuovi che rappresentino questo stesso atteggiamento in modo poetico, pseudo-scientifico o speculativo, a livello fisico, culturale e simbolico. Inoltre, per Superluminal, abbiamo voluto giocare e mescolare il digitale quale avanguardia contemporanea, e l’analogico per interpretare il fenomeno della luce da diverse posizioni. Dalla scoperta dell’elettricità in poi, quando si parla di luce si parla necessariamente di tecnologia. La nostra è una direzione completamente nuova rispetto alle tecniche tradizionali e per questo dobbiamo essere aperti a nuove prospettive. Tali fenomeni stanno fertilizzando l’estetica delle arti e della tecnologia, designando una posizione artistica e un nuovo linguaggio. L’installazione White Noise, 2007, di Žilvinas Kempinas, è emblematica a questo proposito perché fa riferimento all’analogico. Mentre il rumore bianco era normalmente un fenomeno nella televisione a raggi catodici in bianco e nero degli anni Settanta e Ottanta, l’opera in questione non raffigura uno schermo televisivo ma una situazione cinematografica seppur non sia nemmeno una proiezione in quanto non vi è nessun flusso di luce. È ambiguo: è un oggetto o un’immagine proiettata? È una sfida intellettuale che invita a perdere i sensi attraverso i due lati della realtà. Al confine tra digitale e analogico si trovano anche l’installazione Nautilus, 2021, di Žilvinas Kempinas, che trae spunto dall’effetto moiré in tridimensionale e l’opera Gifmeister, 2017, di Raumzeitpiraten, che capovolge le tecnologie del movimento cinematografico tra fotogrammi e flash, fondendole in un effetto stroboscopico cerebrale. Sul fronte della ricerca digitale, l’installazione Journey, 2019, di Nohlab Utazás, è un’esperienza completamente immersiva così come per l’installazione multimediale Multiverse.Unfolded, 2018, di Fuse*, opera derivata dalla teoria scientifica del Multiverso attraverso codici digitali e algoritmi, una metafora visiva davvero impressionante sulla possibilità di pensare infiniti universi in cui non esiste un’immagine simile a un’altra. Troviamo invece una dimensione interattiva nell’opera Lumin, 2020, di Ahmet Said Kaplan, che tratta della bioluminescenza da studi di animali che vivono nelle caverne della Nuova Zelanda; in questa ottica la fotosintesi è alla base della pratica traducendosi in forme di interazione. Sulla stessa linea, l’opera Life Support System, 2020, di Disnovation.Org, interroga in modo simile il naturale e l’artificiale sottolineando quanto profondamente sfruttiamo le risorse naturali in termini di sostenibilità. L’opera commissionata Uranopatia, 2023, del duo Sárgany (Barta Bence, Borsos János), è un lavoro sulla radioattività, che utilizza il vetro di uranio per visualizzare, tra i raggi UV e la gamma, una radiazione che si esprime attraverso il movimento di un martello, che emerge come uno strumento musicale del periodo post apocalittico. La questione del tempo è affrontata dall’opera Material Memories, 2023, di Gyula Vàrnai, che si presenta contemporaneamente analogica e digitale utilizzando la stampa 3D; un progetto tridimensionale sull’antropologizzazione degli oggetti, disegnandone la memoria tra luce e ombra, come il disegno di una natura morta. L’opera Modulator V3, 2022, di Szauder David Ariel, si ispira all’iconica opera di László Moholy-Nagy, Light Prop, una reinterpretazione dell’originale, come omaggio alla luce come creazione. Infine, Clock-Work, 2017, di Attila Csörgő, pone una domanda su come rappresentare e connettere le due diverse nozioni di tempo: il tempo lineare e quello circolare. L’artista ha voluto creare una forma che rappresenti questa dualità e ciò che si vede è l’ombra della struttura cinetica stessa, che cambia continuamente: il segno dell’infinito e del normale orologio in un meccanismo.

Kit Webster, “Supernova”, 2012, Photo: Dávid Bíró/Light Art Museum Budapest

A proposito di queste ultime opere, quanto è importante l’eredità degli artisti ungheresi nell’arte della luce? Come si bilancia tale eredità con l’innovazione e gli approcci all’avanguardia?
Dobbiamo essere consapevoli del contributo che artisti come György Kepes e Nicolas Schöffer hanno apportato in questa direzione ed è importante rappresentarlo. Ecco perché alcune delle loro opere saranno sempre presenti nello spazio museale. Erano presenti per la prima mostra inaugurata nel 2022, Light Revolution, e lo sono per Superluminal. Lo saranno anche per la prossima apertura nell’estate 2024 ma, più in generale, prenderemo in considerazione anche artisti internazionali che stanno lavorando nella stessa direzione a partire dagli anni Sessanta e Settanta. È importante dimostrare che questo approccio alla luce e alla tecnologia era già presente nel modo di pensare degli artisti, ma sempre assoggettato alle circostanze tecnologiche del tempo. L’intento e la visione sono però simili: per questo vorremmo rappresentare sia esempi storici sia innovativi e all’avanguardia. Vogliamo creare una piattaforma per la ricerca che guarda all’industria tecno-scientifica e a quella visiva, al settore delle menti creative autonome e alle istituzioni. Questi settori si trovano in circostanze, ecosistemi, sistemi di valutazione e canonizzazioni completamente diversi. È pertanto impegnativo cercare menti artistiche dell’industria creativa che abbiano il potenziale per un’arte autonoma, ma sarebbe interessante se riuscissero a fondersi ed essere portati avanti insieme. È infatti stimolante cercare di trasmettere messaggi che provengono dalle autonomie artistiche attraverso una piattaforma, per orientare infine il nostro pubblico.

Info:

AA.VV., Superluminal
a cura di Barnabás Bencsik e Borbála Szalai
06/09/2023 – 23/06/2024
Light Art Museum Budapest
Hold utca 13, 1054 Budapest, Ungheria
hun.lam.xyz


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