Estetica e materialità della forma sono alla base dell’indagine che l’artista Luciana Lamothe (Buenos Aires, 1975) conduce in dialogo tra corpo e scultura. Un ritorno in Laguna importante per l’artista, protagonista di una personale alla Galleria Alberta Pane e, nel contempo, rappresentante del Padiglione Argentina alla 60esima Biennale d’Arte di Venezia, con Ojalà se derrumban las puertas, progetto curato da Sofía Dourron e considerato da molti una delle migliori proposte di quest’anno.
In Folding Roads, solo show ospitato nella sede veneziana della Galleria Alberta Pane, Lamothe si esprime con sculture, lavori su carta, fotografie e video realizzati nel corso dell’ultimo decennio. Ritroviamo la maestosa Untitled (2018), scultura precedentemente esposta nella stessa galleria e voluta fortemente dall’artista per questa occasione: tubi innocenti si piegano in modo anomalo, paiono simulare due ali nel loro abbandono della natura originaria in favore di una forma nuova e leggera. L’opera sottolinea come tutti i materiali nascondono un’anima dinamica e flessibile, concetto fondamentale nella pratica artistica di Lamothe. Forma coppia con essa una seconda scultura “alata” di tubi innocenti, denominata ugualmente Untitled. Costruita con gli stessi materiali, Untitled (2014) mira a coinvolgere lo spettatore in un’armoniosa combinazione di equilibri e incastri, sorprendendolo ancora una volta con un uso insolito dei materiali e una perfetta sintesi di geometria bilanciata. «A nostra sorpresa, nel momento in cui siamo dinnanzi a un’opera dell’artista argentina ci accorgiamo che la materia che ci circonda, apparentemente inerme e puramente al servizio dell’essere umano è in realtà pulsante e relazionale», afferma Ilaria Gianni nel testo critico che accompagna la mostra veneziana.
Le mani sono uno strumento ricorrente in mostra, essenziale nell’esplorazione delle proprietà dei materiali da parte dell’artista e nella percezione che se ne ottiene rispetto alla tradizionale nozione umana. Nella serie Perspectiva (2012), le mani dell’artista, prevalenti e in primo piano nel riquadro fotografico, catturano la silhouette di un ignaro passante, che viene “misurato” tramite saliva. Ritornano protagoniste nei disegni esposti (realizzati a matita e pastello su carta tra il 2022 e il 2024), dove sembrano catturate, su tinte rosse e scure, nell’atto di creare, lavorare, interagire, emulare – come ombre cinesi – la manipolazione della materia o addirittura lo strumento di cui si servono. Le sculture della serie Adentro (2022) sono maniglie cui l’artista ha alterato leggermente forma e materiale, facendo loro perdere l’originaria funzione di elementi necessari per aprire porte per consentire di varcare spazi.
Caja Tarra Silla Marco è un video del 2011 (6’52”), girato in un paesaggio rurale, in cui l’artista si muove, camera alla mano, tra scarti, natura e architetture industriali, raccontandoci una parte importante di sé: il grande fascino di materiali industriali e costruzioni. A continuazione di questi dettagli introspettivi che ci avvicinano all’universo di Lamothe, Retrato Borde (2022), serie fotografica dove un’immagine fugace e temporanea in una pozzanghera cittadina riflette, come Narciso, il corpo dell’artista fuso nell’acqua e nei rifiuti urbani.
I materiali di cui l’artista fa uso, principalmente acciaio, tubi innocenti e legno, ritornano nel grande progetto Ojalá se derrumben las puertas (Magari crollassero le porte alla 60esima Biennale di Venezia. Nel Padiglione Argentina, visibile nelle Sale d’Armi dell’Arsenale, grandi sculture invitano i visitatori a spingersi oltre i consueti confini spaziali entro cui normalmente ci muoviamo, stimolando una riflessione sui limiti imposti dallo spazio tangibile e intangibile (sociale, mentale, ecc). Il titolo della grande installazione richiama un desiderio ardente di cambiamento. Attraverso la trasformazione del legno, materiale principale dell’opera, la mente si apre a infinite strade che ci mostrano diversi percorsi possibili, dove gli alberi attraversano assi nella loro interezza, armonizzandosi in una lotta amorosa che sembra essersi fermata solo per il piacere di farsi ammirare. In questo incontro-scontro si aprono varchi che ci invitano a non rimanere impassibili, ma a lasciarci guidare dalla fantasia, dall’emozione e dalla sorpresa.
Luciana Lamothe crea un’esperienza sensoriale coinvolgente, spingendoci a mettere da parte le percezioni abituali e a immergerci in un labirinto di potenzialità. L’opera, come sottolinea la curatrice Sofía Dourron, propone «un modo di relazionarsi con i materiali (e con il mondo) che, sebbene ricco di tensioni, permette un equilibrio generativo di scambi e solidarietà». Per realizzare le sculture presenti nel padiglione, è stato utilizzato legno riciclato proveniente dal Padiglione Argentina della precedente Biennale di Architettura, assieme a legno recuperato da una falegnameria di gondole veneziane, da una nave abbandonata e altri luoghi nascosti della città. Imperdibile evento che corona le presentazioni dei lavori di Lamothe: un talk con l’artista il 21 settembre alle ore 15.00, nel Padiglione Argentina della Biennale di Venezia.
Info:
Luciana Lamothe. Folding Roads
16/04 – 28/09/2024
Galleria Alberta Pane
Calle dei Guardiani 2403/h Dorsoduro – 30123 Venezia
Giorni e orari di apertura: martedì – sabato, 10.30 – 18.30
Nota: La galleria sarà chiusa dal 30 luglio al 25 agosto 2024
albertapane.com
Ojalá se derrumben las puertas
Opere di Luciana Lamothe
A cura di Sofía Dourron
20/05 – 24/11/2024
Padiglione Argentina, Arsenale di Venezia, Biennale di Venezia
Campo della Tana 2169/F, Venezia
https://www.labiennale.org/
Italo argentina, curatrice indipendente specializzata in arte argentina, con alle spalle studi e pubblicazioni sul tema (“L’Argentina alla Biennale d’Arte di Venezia” in Storie della Biennale di Venezia, Ed. Ca’ Foscari, 2020), fondatrice nel 2014 di arteargentina.it, prima piattaforma italiana dedicata all’arte argentina in Italia. Attualmente collabora a Venezia con gallerie d’arte e artisti contemporanei.
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