La Galleria Spazio Testoni inaugura il nuovo anno con Silent, prima retrospettiva italiana di Caroline Le Méhauté a cura di Alberto Mattia Martini che farà parte del circuito Art City Bologna 2014. La giovane autrice francese che vive e lavora tra Marsiglia e Bruxelles ha conosciuto Paola Veronesi in occasione della fiera Art Brussels durante la sua residenza semestrale presso la famiglia Servais.
Caroline Le Méhauté, Négociation 36 : Latitude 43°17’51 N, Longitude 5°22’38 E, PVC, métal, tourbe de coco, 2011
Il lavoro di quest’artista conduce alle pieghe più segrete dell’esistenza attraverso l’esplorazione del suo misterioso mondo silente, popolato da creature indefinibili animate da una vitalità schiva e tenace. È una mitologia di entità introverse disposte ad allentare le loro difese solo con chi è disposto a mettere in gioco la propria vulnerabilità personale, rinunciando a certezze acquisite e giudizi affrettati. Ogni scultura è contrassegnata dallo stesso titolo, Négociation, associato a un numero che la identifica, per sottolineare come la realtà artistica sia basata su un patto di fiducia e comprensione reciproca stipulato in primo luogo tra l’artista e la fisicità dei materiali e successivamente tra le opere e lo spettatore invitato a custodirne il valore.
Caroline Le Méhauté trae ispirazione e forza da un rapporto privilegiato con l’ambiente naturale indagato nella complessità dei suoi equilibri, emulato come generatore di forme, fonte dei tesori materici che vengono rielaborati e manipolati durante la gestazione delle opere. I suoi lavori (disegni, sculture e installazioni) sono infatti accomunati dalla ricorrente presenza di cera, piume, metallo, spugne e soprattutto fibra di cocco sbriciolata che riveste la maggior parte delle opere più recenti. La fibra di cocco simbolicamente ricollega la terra, a cui assomiglia per colore e consistenza, all’aria in cui matura il frutto da cui è ricavata, che cresce sulla sommità di una palma tropicale dal lungo tronco.
Caroline Le Méhauté, Négociation 57, Grow grow grow, boi, métal, tourbe de coco, 2011
L’esperienza artistica è vissuta come sperimentazione di fenomeni fisici, onirici e poetici, come rimescolamento della sostanza del mondo che scava all’interno delle cose per estrarne nuove combinazioni di significato. Ogni opera funziona autonomamente come dispositivo di pensiero che innesca una catena di associazioni d’idee potenzialmente rivolta all’infinito, cattura lo sguardo e i sensi con una bellezza feconda che ricorda l’opulenza barocca, galvanizza con la sua presenza lo spazio in cui vive. L’opera d’arte è efficace quando suscita reciprocità, è un incontro che avviene hic et nunc, come suggerisce Négociation 36: due tubi in PVC ricoperti di fibra di cocco sorgono dal terreno come se fossero periscopi e ogni volta che vengono installati assumono nel titolo le esatte coordinate spaziali della posizione che occupano. È una scultura curiosa che sembra osservare il mondo circostante e allo stesso tempo fa intravedere la possibilità di esplorare con lo sguardo il regno sotterraneo da cui proviene. Nell’incertezza sull’esistenza del divino, l’artista crede in ciò che è tangibile, come la terra che sembra racchiudere il segreto della creazione: Négociation 57, Grow, grow, grow è un cerchio di fibra di cocco sul pavimento il cui centro impercettibilmente si solleva e ricade su se stesso, mosso da un lieve respiro che potrebbe anche essere un timido tentativo di comunicare con l’esterno. Ciò che sospira la terra rimane un mistero, avvertibile solo da chi si oppone all’illusoria evidenza delle apparenze prendendosi il tempo necessario per una conoscenza ravvicinata.
Caroline Le Méhauté, Négociation 59, Decisions sourdes, Tourbe de coco, mousse polyuréthane extrudée, métal, table, chaise, lampe, 2011La vocazione ambientale di queste opere è particolarmente evidente in Négociation 59, Decisions sourdes, una grande installazione che sarà visibile ad Arte Fiera presso lo stand della galleria Spazio Testoni: una stanza minimale abitata da un tavolo, una sedia e una lampada che ne proietta l’ombra cruciforme a terra, tutto interamente rivestito di torba di cocco. Uno spazio avvolgente e attutito in cui il pensiero può sedimentare con lentezza, ma anche un locale senza aperture che fa dell’introspezione un macrocosmo. L’unico elemento privo di scorza è uno specchio incrinato posto sullo scrittoio, che rimanda la fioca luce della lampada e che rifletterebbe il volto di chi si mettesse seduto. Le decisioni placano il disordine della vita, sono delicate e per questo devono essere protette, si prendono in silenzio ascoltando per primi se stessi. Ogni stanza della nostra casa è viva e parlante, abitata da una folla di ricordi, è spazio di un’immensità intima dove tutta la nostra esperienza trova dimora e rifugio prima di rivolgersi di nuovo all’esterno in cerca della sognata corrispondenza tra lo spazio universale e la profondità del mondo interiore.
Emanuela Zanon
Informazioni:
mostra in galleria
14 dicembre 2013 – 1 febbraio 2014
da martedì a venerdì 16.00-20.00; sabato 10.30-13.00 e 16.00-20.00; domenica, lunedì e altri orari su appuntamento
Arte Fiera
23 – 27 gennaio 2014
Pad. 25 stand. B68
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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