“Sono un uomo che ha bisogno di guardare il mare, con la memoria, guardarlo avendolo lì a un passo, come lo avevo certamente guardato da bambino”, svelava nel 1983 Piero Guccione (Scicli, 1935 – Modica, 2018) a Giorgio Soavi, un critico che, da subito, riconobbe le doti poetiche della sua arte. Dopo essere stato insignito di numerosi riconoscimenti e premi (Nel 1970 Guccione realizzava il dipinto Le linee del mare e della terra, ,finalista nel 1988 al premio Artista dell’Anno, promosso da 120 critici italiani, a Napoli, nominato nel 1995 Accademico di San Luca) e aver collaborato con artisti del calibro di Sonia Alvarez e Franco Sarnari, torna oggi la prima retrospettiva post mortem dedicata a lui: Piero Guccione. La pittura come il mare, organizzata al Museo d’Arte di Mendrisio.
Un catalogo di 120 pagine documenta con fotografie e schede tutte le opere in mostra, introdotte dai contributi di studiosi e seguite da apparati riportanti una bibliografia scelta e una selezione delle esposizioni. Una mostra incantevole per ricordare un grande artista italiano. Le 56 opere in mostra, tra oli e pastelli, realizzati dal 1970 fino al 2008, sono un declinarsi di luci e ombre nelle quali la presenza dell’uomo è assente, ma percepibile. Paragone intrinseco nelle sue parole, anche se mai pienamente evidente, è il piano della tela rispetto a quello del mare; se la prima è una superficie palpitante in attesa di essere ondeggiata di sprazzi di colore, il secondo è movimento impercettibile di spazio e tempo, in un moto di tumultuosa serenità.
Un esempio lampante della sua personale interpretazione del mare è il dipinto “Mare a punta corvo” (1995-2000): la superficie è striata di lievi increspature, non è chiaro se sia il mare a riflettere le sfumature del cielo o viceversa, i chiari sono limpidi e assorbiti nel suo silente clamore. La dimensione della luce s’incontra e si scontra con le differenti tonalità di azzurro, in una relazione che sa di pura perversione del colore: “Mi attira l’assoluta immobilità del mare, che però è costantemente in movimento” affermava Guccione, affrontando quotidianamente una sfida oltre i confini della sua stessa visione del mare. La rarefazione è il punto chiave delle sue ultime opere: vi è uno strabiliante senso di vuoto a far sì che lo spettatore sia sospeso in bilico tra concretezza ed astrazione.
Egli si riconosceva pittore in una tradizione radicata nel dato realistico e figurativo: “La mia pittura oggi va verso un’idea di piattezza che contenga l’assoluto, tra il mare e il cielo, dove quasi il colore è abolito, lo spazio pure. Insomma, una sorta di piattezza, che però, in qualche modo, contenga un dato di assolutezza, di una cosa che assomiglia a niente e che assomiglia a tutto”. È la sua stessa pittura a contenere contraddizioni intrinseche nel suo concepimento, è essa stessa un ossimoro; ciò che Guccione ha ricercato spasmodicamente, difatti, è stata una forma di realtà estremamente personale, racchiusa nelle astrazioni che pervadevano il suo essere. Persino lo scrittore Alberto Moravia ne colse bene l’essenza: “Piero Guccione non illustra figure e situazioni, ma cerca anzi di ridurre il più possibile il riferimento illustrativo… si è messo fuori dalla storia, si è tenuto alla passione che è di tutti i tempi e di tutti i luoghi e a quella soltanto”. Dunque, cogliere le unicità di Piero Guccione significa osservare, a lungo, le sue creazioni; proprio perché, attraverso la sua prole artistica, è riuscito a raccontare chi fosse davvero.
Carlotta Casolaro
Info:
Piero Guccione. La pittura come il mare
7 aprile – 30 giugno 2019
Museo d’arte di Mendrisio
Piazzetta dei Serviti 1
CH – 6850 Mendrisio
Ritratto di Piero Guccione
Piero Guccione, Il nero e l’azzurro (cat. 27) 2003 olio su tela 150 x 276 cm Senato della Repubblica Italiana
Museo d’arte, Mendrisio Foto Cosimo Filippini 2019
Piero Guccione, La linea azzurra (cat. 31) 2006-2007 olio su tela 81 x 111 Collezione privata
Museo d’arte, Mendrisio Foto Cosimo Filippini 2019
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