A volte si parla di artisti nella loro tarda (e ancora fertile) maturità come di giovani da scoprire. Succede guardando un’esposizione di Giuliana Balice (1931) alla Fondazione Sabe, realtà nata a Ravenna circa un anno fa e già diventata un punto di riferimento nel campo spesso trascurato della scultura contemporanea, grazie all’ottimo lavoro del direttore artistico Pasquale Fameli e a un comitato scientifico di alto valore. La mostra Equilibri instabili, a cura di Italo Tomassoni, racconta a colpo d’occhio una storia molto articolata. Entrando nelle sale espositive è subito evidente la partecipazione di Balice al clima del neoconcretismo, ossia a un contesto che nel secondo dopoguerra recupera la volontà di forme pure delle avanguardie di inizio secolo.
Senza mai fuoriuscire da quel mondo creativo calibrato e regolare, l’artista, trasferitasi da Napoli a Milano all’inizio degli anni Sessanta, trova modi sempre avvincenti per dare un soffio vitale alle sue geometrie. In ciò sembra rinnovare gli slanci immaginativi dei costruttivisti russi, che Tomassoni cita in effetti tra i suoi punti di riferimento, ma li aggiorna, incontrando immaginari che sembrano figli di quelle lontane utopie. Si osservi Torre anomala (1972), piccolo sogno architettonico che trova echi in certi progetti dello studio BBPR, come l’edificio (1967-1970) in zona corso Buenos Aires a Milano, noto per i suoi appartamenti aggettanti in gradoni di varie altezze e dimensioni.
Balice a Milano s’interessa ad altri artisti e formazioni dell’area neoconcretista (come Grazia Varisco e il Gruppo T), ma la sua ricerca rimane piuttosto solitaria, cogliendo spunti ed eredità in modo libero. In un’opera del 1971 (Senza titolo), per esempio, una serie di sfere occhieggiano dai tubi di plexiglas di una più ampia struttura cilindrica: di certo l’artista conosce le ricerche Optical e dell’arte cinetica, così forti in quel momento; eppure, più che sfruttare i principi di ambiguità visiva o addirittura il reale movimento meccanico tipico di quelle realizzazioni, Balice introduce effetti più sfumati e meno “programmabili”.
Gli oggetti di Giuliana Balice non sono mai chiusi in sé stessi, ma si aprono volentieri a una dimensione narrativa. Di fronte a opere come Due grigi si incontrano (1993) o Due ori si incontrano (1993) viene da evocare persino il lirismo di un Brancusi, magari immaginando il profilo dei Due ori come l’evoluzione di un suo Oiseau, nato però dall’incontro di forme regolari come in una fiaba di Leo Lionni. Anche l’interazione variabile con i rispettivi supporti fa sì che i lavori di Balice non restino circoscritti alla loro essenziale fisicità, come invece le poetiche vicine al Minimalismo.
Per comprenderlo basta guardare la svettante Delfica (1990), capace sin dal titolo di evocare antiche mitologie: il suo schema lineare in tondino d’acciaio disegna una specie di rampa per lanci spaziali o, forse, una forma vagamente umanoide che avanza reggendosi su due piloni, come un robot dei manga. Oppure, ancora, il tracciato grafico di un altro curioso volatile, come dimostra il successivo Dal triangolo (2011) che ne è una specie di versione corazzata. Pur muovendosi entro le misure obbligate della geometria, l’autrice ha la fantasia dei bambini che con piccoli balocchi s’immaginano grandi imprese (Allunaggio di un prisma, 2005) e spesso modella in modi nuovi le soluzioni formali già adottate, magari recuperando un basamento e assegnandogli il ruolo di protagonista (Equilibrio instabile – Una torre per Olimpia, 2001).
Italo Tomassoni, che giovedì 9 marzo alla Fondazione Sabe racconterà il percorso dell’artista, ha parlato di un “caso Balice”. Di certo la mostra ravennate è un’occasione per riscoprire una produzione di altissimo livello e di sorprendente longevità, che merita di essere considerata con un’attenzione non passeggera.
Pierluca Nardoni
Info:
Giuliana Balice. Equilibri instabili
a cura di Italo Tomassoni
14.01.2023 – 01.04.2023
Fondazione Sabe per l’Arte
via Pirano, 7, 48122 Ravenna
sabeperlarte.org
is a contemporary art magazine since 1980
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