L’Armani / Silos presenta la mostra Racconti Immaginari. Paolo Ventura. Sono esposte oltre cento lavori tra fotografie, scenografie, oggetti e installazioni. Il percorso espositivo traccia un’ampia panoramica della ricerca condotta dall’artista milanese durante la sua carriera. All’inizio tre grandi opere compongono la serie La cercatrice di conchiglie, realizzata espressamente per l’Armani/Silos. Non si capisce bene se siano fotografie, dipinti o collage, rimane un po’ di enigma e di mistero. Particolarmente espressiva e significativa è l’opera in cui il figlio di Paolo Ventura è ritratto con una goccia di sangue che gli scende dal naso. Il formato è grande, l’espressione del bambino è coinvolgente e stupita, sembra che tutto si sia fermato, non c’è tempo e non c’è spazio. Lo spettatore non può far altro che contemplare continuamente questo giovane volto dal cui naso scende una goccia di sangue, sullo sfondo un mare e un cielo infiniti fanno lavorare l’immaginazione.
È proprio l’immaginazione la dimensione fondamentale con cui l’opera di Venura fa i conti. L’artista si trasforma, crea scenografie, ambientazioni e fondali. Raccoglie storie e racconti, li rielabora e poi li mette in scena, utilizzando la pittura e il teatro. Solo alla fine la fotografia. L’artista è narratore, compositore, attore e regista allo stesso tempo. Nelle sue opere, compaiono quasi sempre lui, la moglie, il figlio e il fratello. I soggetti sono pochi mentre le possibilità creative sembrano infinite.
Nella seconda sala è possibile perdersi osservando un’installazione con tanti soldati minuscoli: Un reggimento napoleonico va sotto la neve. Piccole sculture di carta formano una narrazione tridimensionale in cui i poveri militari marciano sotto la neve in guerra. Procedendo nell’esplorazione del mondo fantastico e misterioso di Paolo Ventura ci si imbatte nella serie The Automaton. Qui l’artista utilizza dei manichini per le sue rappresentazioni. Le opere raccontano una vicenda ambientata a Venezia durante la seconda guerra mondiale. Un vecchio ebreo, triste e solo, forse ancor più abbattuto dall’umidità lagunare, decide di costruirsi un automa che gli tenga compagnia. Tutto sembra andare per il meglio, fin quando ci si accorge che qualcosa sta cambiando. Le strade si fanno deserte, le figure umane scompaiono, tutto tace, la nebbia diventa regina incontrastata delle immagini. L’atmosfera si fa sempre più inquieta e spettrale, alla fine si capisce perché: i soldati tedeschi hanno rastrellato la zona, portando via tutti, gli uomini e le loro anime, compreso l’automa. Il male mostra il suo volto più crudo e spietato, non risparmia nessuno.
Lasciata alle spalle Venezia si entra in un altro contesto urbano, del tutto diverso. La sala centrale ospita le immagini che compongono la serie La città infinita realizzata tra il 2013 e il 2018. L’atmosfera è unica, a tratti metafisica, a sprazzi futurista, per diventare alla fine surreale. C’è una poetica della visione che spinge l’immaginazione verso approdi inaspettati. Le piazze, le strade e le case compongono uno spazio tutto da esplorare e da attraversare, con la vista e con la mente. Si mescolano inquietudine e desiderio di conoscere. L’artista gioca, creando uno strano intreccio tra reminiscenze personali e collettive, come nel caso dell’opera Il ricordo di mio padre nel 1977. Qui si vede un uomo in divisa militare con testa di corvo, sullo sfondo un muro grigio e freddo. Più sopra la facciata di un grande palazzo. In cima uno scorcio di cielo azzurro. Si può restare a contemplare l’immagine per un tempo lunghissimo, i significati sono tanti, i rimandi infiniti. Il padre come animale totemico, spirito metropolitano della legge che si trasforma in corvo, può guardarci e osservarci da dovunque, può fare la sua comparsa in ogni momento, in qualsiasi angolo della città. La strana figura ci attira, gli si vorrebbero porre delle domande. Non è possibile, si può solo intuire qualcosa. Poesia del mistero.
Sono rappresentazioni dense e complesse quelle di Paolo Ventura, pensate e costruite con creatività e artigianalità, è un artista colto. Questa sapienza costruttiva la si avverte molto bene nelle Short Stories presenti in mostra. Molte delle storie sono messe in scena e fotografate nello sudio dell’artista ad Anghiari. Protagonisti dei racconti sono l’artista, il fratello Andrea, la moglie Kim e il figlio Primo. C’è l’invenzione di mondi immaginari e favolosi, come in The Birdwatcher dove l’artista, scena per scena, spinge il figlio nel cielo, fino a farlo volare con gli uccelli tra l’azzurro chiaro e il bianco di nuvole dolci.
Tutta la mostra è un percorso che conduce lo spettatore in un mondo fantastico, intenso e magico e Paolo Ventura è un grande artista perché in un colpo solo riesce a farci pensare e sognare.
Andrea Grotteschi
Info:
Racconti Immaginari. Paolo Ventura
8 marzo – 29 luglio 2018
Armani / Silos
Via Bergognone, 40 Milano
Paolo Ventura, THE AUTOMATON 7, 2010 (ed. 2/3) Stampa inkjet print su carta montata su di-bond 77 x 96 cm Courtesy Galleria Marcorossi artecontemporanea
Paolo Ventura, IL RICORDO DI MIO PADRE NEL 1997, 2018 Collage fotografico e pittura- opera unica 115 x 84 cm Courtesy Galleria Marcorossi artecontemporanea
Paolo Ventura, SHORT STORY-THE BIRDWATCHER, 2013 (ED.3/5) Stampa inkjet print su carta 58 x 39 cm Courtesy Galleria Marcorossi artecontemporanea
Andrea Grotteschi (1987) vive e lavora tra il Lago Maggiore e Milano. Si laurea in Estetica all’Università Statale di Milano nel 2013. Dopo gli studi inizia la sua attività curatoriale nell’ambito dell’arte e della cultura contemporanea, collaborando in particolare con l’associazione culturale Asilo Bianco. Ha curato progetti espositivi e culturali a livello pubblico, come Studi Aperti Arts Festival (2015, 2016) e Sor’riso Amaro. Il lavoro e la risaia, visioni contemporanee (2017). Dal 2018 lavora come curatore indipendente e critico.
NO COMMENT