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In conversazione con Lorenzo Rubini, fondatore di THEPÒSITO Art Space

Incontriamo Lorenzo Rubini, fondatore di THEPÒSITO Art Space, spazio espositivo e piattaforma virtuale fondata nel 2023 a Narni. Il direttore artistico ci parla dei progetti e della programmazione dello spazio, riflettendo sulla situazione artistica contemporanea in Italia.

“I fumi delle giostre” from the exhibition “Catastrofe” by Sasha Toli, photo credit Tanita Gennari, courtesy THEPÒSITO Art Space

Sara Buoso: Vorresti parlarci del tuo background che consta di progetti nazionali e internazionali, e del motivo che ti ha spinto a scegliere Narni e più ampiamente l’Umbria, quale contesto favorito per THEPÒSITO? Come coniugare l’interesse nel valorizzare un territorio così culturalmente stratificato nei confronti di una visibilità nazionale e internazionale, proprie dell’arte contemporanea?
Lorenzo Rubini: Mi laureo in Storia dell’Arte, laurea magistrale, Sapienza, Roma, a cui seguono una serie di esperienze come assistente curatore per il MLAC, Museo Laboratorio Arte Contemporanea affiliato all’Università, che riapriva al pubblico nel 2013 e questo mi ha consentito di interessarmi alla curatela. Dopo due anni a Shangai in Cina, mi affaccio al mondo delle gallerie con collaborazioni indipendenti, acquisendo esperienze nel campo curatoriale a cui ho affiancato la mia formazione storico-artistica, scegliendo di concentrarmi sul contemporaneo. Tornato in Italia, frequento un Master per l’organizzazione di eventi culturali, tra i docenti figura anche Gabi Scardi, all’Università Cattolica ed è lì che entro a far parte della Galleria Lia Rumma a Milano, dove dopo un breve stage, vengo confermato per una posizione a 360° gradi. Comincio a coltivare il rapporto con artisti e i collezionisti come registrar, occupandomi fluidamente delle fasi di allestimento e progettazione di mostre in galleria e fiere. Questa esperienza ha segnato professionalmente e profondamente il mio approccio da curatore. Come direttore artistico di THEPÒSITO oggi, mi piace dire che ogni progetto espositivo, dal concept all’allestimento, porta con sé il suo significato specifico. Dopo tre anni a Milano in fase pandemica, sono tornato in Umbria perché volevo pensare a qualcosa di personale. Facendo un resoconto delle mie conoscenze, ho pensato di costituire dapprima una piattaforma e poi di riutilizzare degli spazi vuoti per progetti espositivi. Due mesi dopo si è concretizzata l’opportunità di lavorare a dei progetti paralleli e di utilizzare due spazi in disuso del comune di Narni che oggi sono gli uffici di THEPÒSITO. Ho cominciato con dei progetti istintivi, non ancora formalizzati per capire dove voler andare. Quindi, perché l’Umbria? Perché è casa. Conosco bene il posto e il mio obiettivo è quello di portare qui il contemporaneo. Si tratta di fare e sperimentare. Non nego a volte sia complicato gestire un tale progetto, ma, senza dover essere necessariamente romantico, qui mi sento libero di approcciarmi alle situazioni. Rispetto alla differenza tra local e global, dopo la pandemia, mi ricollego alla mia idea di tornare a casa.  In quel periodo, il sistema si è sfaldato, e come per altri nuovi spazi espositivi, con THEPÒSITO, è stato necessario tornare ai territori dissociati dell’arte contemporanea, legati alla ricerca, contesti iper-locali dove è ancora percepibile il bisogno di parlare al territorio. In Umbria, a Narni, mancava uno spazio contemporaneo dove l’artista potesse sentirsi a suo agio al momento della mostra. Aggiungo come credo che in Italia, il territorio abbia ancora bisogno di essere ammirato ed è quindi necessario darne una nuova visibilità.

Alex Urso, “Painting Clouds”, installation view, photo credit Tanita Gennari, courtesy THEPÒSITO Art Space

Come definiresti il tuo approccio curatoriale? In altri termini, qual è la visione di THEPÒSITO e come si traduce nei confronti degli artisti che rappresenti e nella programmazione in corso?
La mia pratica curatoriale è molto istintiva. Procedo soprattutto online, ma dove riconosco essere importante avere una presenza, scrivo un messaggio, approfondisco, e cerco di capire se il lavoro dell’artista è in linea con la mia ricerca, infine come curatore guardo allo spazio. Ho invitato artisti mid-career come Laura Santamaria per la mostra orbite sacre corpi celesti ad aprile 2024, con lei abbiamo lavorato a questa mostra dall’impianto site-specific in una chiesa del centro storico di Narni. È stato stimolante lavorare fianco a fianco con Laura mentre parallelamente mi focalizzavo sullo spazio espositivo che stava per essere inaugurato. In seguito Alex Urso, per la personale Painting Clouds, è intervenuto nel nuovo spazio di THEPÒSITO con un’impostazione quasi da ‘cantiere in costruzione’. Questa prima mostra diventa il contesto perfetto per la nascita di un progetto che sta prendendo forma, il lavoro di Alex creava un ambiente nuovo, decontestualizzato, a confronto con lo spazio espositivo. È uno shock ogni volta. Ad ogni artista, chiedo infatti, di lavorare sullo spazio, di utilizzarlo in maniera unica, e così intendo mantenere la visione di THEPÒSITO. L’Umbria rappresenta il mio contesto e qui ambisco ad alternare il livello nazionale e internazionale, convocando gli artisti e chiedendo loro di lavorare sul territorio. Conduco anche una ricerca nei confronti degli artisti umbri oltre che nei confronti di artisti nazionali, e penso anche a progetti fuori dal territorio. Mi interessano i contesti che in qualche modo devono essere riletti e questa parte dell’Umbria è un contesto che ben si associa ad altri. Infatti, il luogo in cui si inserisce THEPÒSITO si presenta come industriale vicino alle industrie dell’area, ma volendo, possiamo trovare riferimenti nel Medioevo.

Laura Santamaria, “Orbite sacre corpi celesti”, installation view, photo credit Lorenzo Raffanelli, courtesy THEPÒSITO Art Space

Il 14 settembre ha inaugurato la mostra Catastrofe, prima personale dell’artista umbro, Sasha Toli. Vorresti parlarci del progetto e della collaborazione con l’artista?
Sasha Toli è un artista che svolge ricerca sul territorio, un artista che ha un approccio che parte da una ricerca pittorica per esplorare l’installazione e la scultura, e che qui si misura per la prima volta, con incredibili pratiche site-specific, spinto a sperimentare oltre i limiti della propria ricerca nei confronti della project-room di THEPÒSITO. Sasha Toli è legato alla figurazione e nello specifico alla pittura del ‘500 e del ‘600 come per Hieronymus Bosch, che rivisita riferendosi ai contesti sudamericani attraverso la rappresentazione di figure schiacciate tra l’umano e il sovraumano. Attraverso il riferimento a sostanze psicotiche come i funghi, le sue opere installative diventano medium tra realtà e figurazione e suggeriscono una metamorfosi accrescitiva che trova le radici nei culti e nei microcosmi venerati dalle popolazioni Maya e Azteche, della Grecia e della Mesopotamia, per attivare energie tratte dal contesto divino come per la figura simbolica del fulmine che cadendo brucia, ma dalla cui energia riesce a nascere nuova vita. Sono stato catturato dal suo lavoro e da quello che è il fulcro della sua ricerca per la quale l’opera non crea contenuto ma è essa stessa esperienza.

Sasha Toli, “Catastrofe”, installation view, photo credit Tanita Gennari, courtesy THEPÒSITO Art Space

La pandemia ha indubbiamente segnato uno spartiacque nel sistema dell’arte contemporanea. Quali ritieni siano i cambiamenti più rilevanti in tal senso? Qual è la situazione degli artisti e del sistema dell’arte in Italia? Quali continuità e quali differenze?
Se parliamo dell’Italia, è indubbio trovarsi di fronte a più difficoltà rispetto all’Inghilterra, alla Francia, o alla Cina che artisticamente parlando, meriterebbe un capitolo a sé. Questo accade perché in Italia, persiste un certo stereotipo nei confronti della figura dell’artista. Si incontrano difficoltà nell’essere artisti in Italia, i finanziamenti sono pochi, spesso non ci sono i collegamenti giusti, ed è difficile promuoversi. Spazi indipendenti come THEPÒSITO, con la loro presenza, vogliono cercare di colmare queste lacune. Non esiste una cultura dei collettivi artistici in Italia come invece è preponderante nel Regno Unito, anche se sussistevano anni fa in Italia e sembrano ora tornare tra gli artisti più giovani. La rete dei musei e delle gallerie sembra distante ed è forse, compito delle accademie spingere gli artisti in contesti altri. Di regola, lascio gli artisti intervenire al progetto liberamente, e rimango sempre affascinato dal potere produttivo del costruire mostre con loro: è questo approccio che fa maturare il mio lavoro da curatore. Penso a una galleria di quartiere dove l’accento locale è fondamentale in virtù dell’approccio che si instaura con il pubblico che a sua volta si associa al posto. È questa l’impostazione che vorrei dare, aprendo anche ad altri artisti e collaborazioni internazionali come quelle già instaurate con Lunnawabi, artista messicana e con la spagnola Ines Capella, questo mi ha aperto a collaborazioni esterne e che desidero concretizzare con residenze artistiche nel futuro. È infine importante il rapporto con la mostra nello spazio e ogni mostra è diversa. Pur concependo in anticipo ogni progetto, rimane fondamentale la presenza e il sostegno dell’artista così come oggi è importante assumere una visibilità online.

Info:

THEPÒSITO
Via del Parco 1, 05035, Narni Scalo (TR) – IT
Piano 1
Orari di apertura: Martedì – Venerdì 17.00 – 19.00 e su appuntamento
theposito.com


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