We walked the Earth è una potente narrazione visiva dai rimandi teatrali, ideata dall’artista multidisciplinare Uffe Isolotto (1976) per il Padiglione della Danimarca in occasione della Biennale d’arte del 2022. Va detto, fin da subito, che avviene qualcosa di nuovo e di diverso dentro questo padiglione, con la curatela di Jacob Lillemose, perché ci si sente introdotti senza nessuna mediazione in una tradizionale fattoria danese, per poi trovarsi al centro di una storia drammatica, appartenente a una famiglia di centauri, in un mix di arcaicità e slancio metafisico-fantascientifico. Storia dai connotati tragici, in cui una donna centaura, realizzata con incisivo e impressionante tratto scultoreo iperrealista, sta dando alla luce un figlio mentre nella stanza accanto il marito si è appena impiccato. Con queste sculture, Uffe Isolotto porta i visitatori «nel dramma inquietante della vita e della morte». La morte pende dallo sguardo del marito centauro ed è presente in modo spiazzante più della vita che sta per nascere. Non ci sono altri miti a cui appellarsi poiché il centauro stesso è una creatura mitologica, presa in prestito dall’immaginario greco, ma potrebbe anche essere il risultato delle riflessioni sulle acquisizioni biotecnologiche. Ma, in questa intervista all’autore, ci si addentra in una ulteriore considerazione sulla spietata crudeltà del nostro tempo, sulla morte e sui processi di cambiamento, temi cruciali della sua ricerca artistica.
Nilla Zaira D’Urso: La tua visione narrativa sviluppata per il Padiglione della Danimarca era scioccante. Sembrava, apparentemente, che non ci fosse più speranza perché anche i simboli dei miti sono morti. In realtà, con questa idea di morte, hai ricreato prepotentemente un processo di “catarsi” nello spettatore. Hai portato la tragedia, tipica del teatro greco, nel terreno delle arti visive. Così, in chi vede la morte del centauro può esserci, forse, una possibilità di salvezza. Raccontami qualcosa della tua idea di morte e del messaggio che consegni alla mente dello spettatore.
Uffe Isolotto: Nella mostra We Walked the Earth lo spettatore incontrava, allo stesso tempo, lo shock del reale e dell’irreale. Qualcosa che sembrava così reale da mettere in dubbio i sensi, ma allo stesso tempo era anche chiaramente un simbolo. Questo valeva per i centauri, ma anche per il resto dell’installazione. Volevo creare una scena che aggirasse la mente analitica e gettasse a capofitto gli spettatori nelle proprie emozioni, aprendo a prospettive allegoriche attraverso la narrazione. La morte era presente nella scena, ma c’erano ambiguità e forse anche speranze. Il centauro impiccato era sicuramente morto, ma la centaura era morta o stava solo riposando prima dell’ultima contrazione, che avrebbe dato vita al puledro? Facevamo il tifo per qualsiasi versione di cui avessimo bisogno e penso che sia qui che si trovasse la possibilità di una catarsi individuale. Questo faceva eco alla catarsi di cui tutti abbiamo bisogno su scala più ampia. Il lavoro che ho creato non era più scioccante degli eventi che si svolgono oggi nel mondo. La tragedia in mostra poteva anche essere piuttosto debole rispetto all’assurda tragedia dello stato del mondo, ma era attraverso la messa in scena di questa tragedia che potevamo incanalare le nostre emozioni e connetterci ai nostri sentimenti, nonostante esse potessero essere contraddittorie o difficili da verbalizzare. E questo faceva spazio a una possibile salvezza e a una comprensione che andava oltre la ragione. E per me è lì che sta la speranza.
Nella tua ricerca artistica non ci sono confini. Fai continui riferimenti alla filosofia, al “corpo post organico”, alla tecnologia, al concetto di narrazione, quasi filmica. Mi puoi dire qual è il ruolo dell’arte contemporanea e il tuo concetto di multidisciplinarietà nell’arte?
Sono molto ispirato dal worldbuilding come metodo per creare mondi all’interno dei quali si svolgono le narrazioni. Invece di buttarsi ai piedi del mercato dell’arte, il worldbuilding è più vicino al modo di lavorare di molti artisti. I mondi sono tutti intorno a noi e saranno importanti in questo secolo. Parliamo di andare in altri mondi o immaginare un altro mondo in cui vivere. Film, letteratura e giochi per computer hanno già creato queste sfere per anni. Quindi perché non l’arte contemporanea? Creare un mondo intero può essere un po’ troppo per una persona, quindi ha senso uscire dalla propria testa e iniziare a lavorare con altre persone con competenze diverse dalle proprie. Per We Walked the Earth ho avuto la possibilità di lavorare con molti artigiani e artisti molto abili – designer di mobili, stilisti di moda, truccatori di effetti speciali, tassidermisti, scenografi, un artista del vetro, un modellista e un grafico – e li ho scelti tutti in base alle loro inclinazioni artistiche e alla chimica tra di noi. Volevo che questo progetto non solo avesse successo in termini di proiezione delle mie idee, ma anche che fosse un’esperienza significativa e appagante per le persone con cui lavoro.
Stai già lavorando a un altro progetto in cui ritorna il concetto di morte e trasformazione? Puoi dirmi qualcosa a riguardo?
Molto presto ho capito che questo progetto era probabilmente qualcosa con cui avrei dovuto confrontarmi per un bel po’ di tempo, anche dopo la Biennale di Venezia. Quindi ho deciso che poteva svilupparsi in altri progetti. Ho preso accordi per mostrare il lavoro in tre istituzioni artistiche per l’anno prossimo e ogni iterazione sarà diversa. Mostrerò il lavoro a Copenaghen, al Den Frie Center for Contemporary Art durante l’estate 2023, dove aggiungerò una serie di nuove sculture, ma tralascerò anche alcune parti che non si adattano all’architettura di Den Frie. Il dramma dei centauri è essenziale per il lavoro, ma l’atmosfera dell’ambientazione è altrettanto importante, ed è qui che posso sviluppare il lavoro artistico esistente con nuovi strati di interpretazioni ed emozioni.
Credo che gli artisti come te oggi sentano il bisogno di guarire l’anima del mondo. Cosa ne pensi di questo mondo e di come sta cambiando la modalità di percepire l’arte contemporanea?
Mi lusinga che tu la pensi così, ma è anche un peso gravoso da portare. Sono nuovo al fenomeno dell’essere così tanto sotto gli occhi del pubblico, ma sto iniziando ad adattarmi all’interesse della gente e alla responsabilità di pubblicare immagini forti affinché in tanti possano vederle. La risposta è stata straordinariamente positiva davanti ai miei lavori, con solo pochissime reazioni negative. Sono davvero grato per tutto l’amore e le diverse modalità con le quali le persone si sono relazionati con le mie opere d’arte.Questo mi sta infondendo speranza e la sensazione che le persone non cerchino risposte facili a situazioni complesse, ma piuttosto vogliano sperimentare l’arte che rispecchi la complessità dell’essere vivi. Penso che ci sia un gran numero di voci silenziose là fuori che sono stanche della noiosa dicotomia del mondo e vogliono parlare delle cose in un modo diverso. Forse, sto solo proiettando le mie aspirazioni, ma dalla risposta che ho ricevuto, sento che c’è un pubblico futuro per questo tipo di opere.
In chiusura, una tua riflessione sulla dualità. Siamo sempre in processi duali quali vita-morte; finzione-realtà; natura-tecnologia; anima-corpo; mondo virtuale-mondo reale. Questa dualità è un limite o una possibilità di indagine sulla nostra esistenza?
In We Walked the Earth ci sono alcune dualità abbastanza ovvie rispetto all’opera e questo potrebbe essere parte della risposta alla scomparsa dei centauri. È come se stessero cercando di allontanarsi dalla biologia diventando personaggi mitologici, ma non fossero in grado di affrontare il trauma causato dall’effetto di quel desiderio. Le dualità sono create dagli esseri umani per comprendere meglio il mondo, ma è una prospettiva ereditata che sta combattendo con la realtà. Non abbiamo il giorno o la notte, ma abbiamo una lunga continuazione ripetitiva di luce e oscurità, causata dalla rotazione terrestre. Visitare il Padiglione della Danimarca negli ultimi sette mesi è stata un’esperienza in continua evoluzione. Le condizioni di luce sono cambiate dalla luce cruda e calda dell’estate alla luce azzurra e al buio totale dell’autunno. Mi sono sempre piaciute le zone grigie, che siano tramonto, alba o esseri ibridi, perché è lì che mettiamo in discussione la dualità.
Info:
Attraverso l’arte sente l’esigenza di accostarsi sempre di più alla natura, decidendo di creare una residenza artistica sull’Etna come un “rifugio per l’arte contemporanea” per artisti e studiosi. Nasce così Nake residenza artistica. Vince il Premio Etna Responsabile 2015. Nel 2017, è invitata nella Sala Zuccari, Senato della Repubblica, come critico d’arte. Scrive per artisti italiani e stranieri. Curatrice del primo Museo d’Arte Contemporanea dell’Etna e del progetto “Etna Contemporanea”.
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