Nella cornice espositiva della Fondazione Merz di Torino, il maestro contemporaneo Khalil Rabah getta le basi di una rivoluzione culturale attraverso il suo straordinario progetto, il Museo Palestinese della Natura e dell’Umanità. Curata con sensibilità e perspicacia da Claudia Gioia, questa mostra rappresenta una profonda esplorazione dell’arte, della storia e dell’identità.
Nato a Gerusalemme nel 1961, Khalil Rabah è un artista visionario che si muove tra medium artistici, sfidando le classiche aspettative dell’arte contemporanea, la sua opera è un’indagine audace, un percorso attraverso i territori dell’identità, della memoria e del cambiamento. La mostra a Torino offre un’opportunità unica per immergersi in un mondo di riflessione e scoperta con il Museo Palestinese della Natura e dell’Umanità: un progetto straordinario, in continua evoluzione, lanciato dall’artista nel 2003 e presentato in tutto il mondo, da Istanbul a Londra, da New York ad Amsterdam. Con questo progetto Khalil sfida il potere delle istituzioni ufficiali nella costruzione della storia e mette in discussione il tradizionale modello espositivo dei musei.
Attraverso una collezione di planimetrie immaginarie o reali, immagini in movimento, fotografie e piccole sculture, l’artista offre ai visitatori l’opportunità di esplorare la storia in modo nuovo e rivoluzionario. Di fatto il museo stesso è un’opera in divenire, un enigma, un simbolo di come la cultura possa contribuire a riscrivere la storia. Le opere esposte sono profonde e significative, Acampamento Vila Nova Palestina del 2017 ritaglia figure umane sulle pareti, lasciando spazi vuoti che evocano la precarietà e l’esilio dei rifugiati in tutto il mondo. All’opposto, 50320 Names (2006-17) è un registro di edifici storici di villaggi palestinesi i cui proprietari non sono mai stati ufficialmente registrati, a causa delle politiche catastali del XIX secolo.
L’arte di Rabah offre un confronto analogico tra territori conquistati e prede di caccia in Common Geographies (2018-21), con pelli animali che vengono presentate come trofei di caccia. Recovered (2018) è invece una serie di scaffali impilati, in attesa di essere riempiti o svuotati, e stanno lì a simboleggiare la fluidità e l’evoluzione della storia. Khalil Rabah mette in discussione le aspettative del museo come istituzione e la sua capacità di tessere relazioni e significati, il percorso del museo culmina in Act III: Molding (2012), un neon rosso che recita la frase “In this issue: Statement concerning the institutional history of the museum”, affiancato da un grande archivio consultabile. Rabah sfida lo status quo, e usa la sua arte per ridefinire la storia e la cultura.
La sua capacità di spaziare tra diversi media artistici, gli hanno fatto affrontare temi complessi come l’identità e la memoria, portandolo in rassegne internazionali e nelle collezioni dei musei più prestigiosi al mondo. In questa mostra, a Torino, Khalil Rabah offre al pubblico l’opportunità di riconsiderare la storia e la cultura in un modo nuovo e rivoluzionario: si tratta di un’esperienza che sfida le convenzioni e invita a esplorare le sfide e le opportunità che la sua opera offre per una comprensione più profonda del mondo che ci circonda.
Info:
Khalil Rabah. Palestinian Museum of Natural History and Humankind (PMNHH)
30/10/2023 – 28/01/2024
Fondazione Merz
via Limone 24, Torino
https://www.fondazionemerz.org/
Artista e curatore indipendente. Fondatore di No Title Gallery nel 2011. Osservo, studio, faccio domande, mi informo e vivo nell’arte contemporanea, vero e proprio stimolo per le mie ricerche.
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