È nell’attraversamento del limite ultimo che si definisce una nuova prospettiva identitaria, svincolata dal peso della propria autodeterminazione. L’ora del passaggio permette di fluire in vie impreviste e i segreti dell’ignoto si schiudono rivelando la ricchezza della potenzialità dell’infinito. A rinnovare la promessa nei confronti della ricerca artistica è l’artist-run space romano Spazio In Situ, che a seguito del lascito della direzione di Christophe Constantin ad Andrea Frosolini, ha aperto la stagione autunnale con la mostra Lorem Ipsum. A collective exhibition without a theme curata da Irene Sofia Comi, chiamata a cui risponde l’intera scuderia di artisti di In Situ. A risaltare, già nei termini del titolo, come primo elemento di discontinuità nell’orientamento della programmazione curatoriale è la scelta di privarsi di un tema centrale specifico, a cui possa convergere l’attenzione riflessiva degli artisti e da cui possa effettivamente prendere avvio l’esibizione.
In questo frangente l’ideazione della collettiva si discosta già in principio dalla metodologia curatoriale classica, rinnegando la rigidità e la prevedibilità di un percorso ormai canonizzato a livello istituzionale e rivendicando la genuinità della libera espressione esortata dalla sperimentazione. Il primo sforzo sulla strada del superamento del limite è rappresentato quindi dalla necessità di rompere il vincolo tra la progettazione ideativa della mostra e il focus di tematizzazione dalla quale essa si struttura. Annullando la co-dipendenza di queste due sfere, Lorem Ipsum apre il lucchetto del vaso di Pandora liberando lo spirito di In Situ, intento a vivere una nuova dimensione esperienziale di fluidità. Il racconto Franco (Lorem Ipsum) in apertura di mostra è presa diretta della condizione di costrizione nella quale verte il sacralizzato white cube, che è poi Spazio In Situ. La tenerezza dello sfogo, in una narrazione intima e toccante con cui lo spazio confida ai suoi lettori i soprusi di cui si è sentito vittima durante gli anni, diventa chiave di lettura di percorso di rinascita e riqualificazione spaziale e ideologica, che si focalizza finalmente sui desideri privati dello spazio stesso, che non può esimersi dalla relazione con i suoi coinquilini.
L’antropomorfizzazione del luogo porta l’attenzione sul valore dello stato di dipendenza relazionale vissuto dallo spazio in rapporto ai suoi artisti: «Eppure la prima volta che ho cambiato natura è stato orribile. In pochi minuti mi sono sentito violato. Ricordo bene che urlai con voce stridula: “La mia forma non si tocca! La mia anima è inviolabile”, ma quelli procedettero con i loro affari, in silenzio; spostarono quello e quell’altro, sopra e sotto; non riposero la minima attenziona alle mie necessità, avevano solo premura del mio bell’aspetto»[1]. La difficoltà di trovare un punto di incontro, come emerge dalla testimonianza, sembra trovare un momento di risoluzione nel compimento di un’aspirazione del luogo, che traspare in controluce: l’essere vissuto nella pienezza della sua essenza in una comunione che porti aggregazione. In questo senso l’azione congiunta degli artisti diviene una veste coerente per l’architettura spaziale, che riscopre il piacere dell’orientamento unitario. Ciò si traduce a livello compositivo in una condivisione organica della superficie espositiva.
La visione serpentina di My Anaconda don’t, interminabile stivale dalla fluida texture di serpente, opera di Andrea Frosolini, congiunge gli spazi della sala, costituendosi come elemento di continuità e attrazione, mentre sopra di esso rimangono sospesi ganci e catene di Evasioni, simulacri realizzati con l’ausilio di una stampante 3D da Guendalina Urbani, che riportano alle origini di garage della galleria, indagando contemporaneamente la parvenza della mimesis. Grida estatico poi, sulla parete che inframmezza il white cube, Disarmour has been struggling, incisione di una lastra di alluminio eseguita con cacciavite da Francesca Cornacchini, riecheggiando la crudezza della lotta dell’atto creativo, mentre Daniele Sciacca cristallizza nella video-installazione Attempt to fly il moto perpetuo di una moto in corsa, catturando l’attimo del suo distacco dal terreno. Sul versante spaziale opposto gli avatar di Federica Di Pietrantonio nella video-installazione Rain on me immergono l’astante nella dimensione fluida aquatica, facendosi letteralmente attraversare da piogge e cascate in un loop corrosivo. Sveva Angeletti indaga poi l’intelligenza artificiale realizzando Tell me about it, piattaforma intelligente in grado trascrivere le frasi intercettate dalla folla.
A riflettere sul rapporto natura-artificio è invece Chiara Fantaccione con l’installazione Sublime stop before the visible lights, poetica connessione visiva tra lo spazio della rappresentazione virtuale e la sfera intima della dimensione naturale. Collante organico sono le performance ideate da Alessandra Cecchini e Marco De Rosa che, riproducendo la vitalità di stralci di vita, cancellano la dimensione aurorale tipica del white cube, come dimostrano l’allenamento coatto di un avventore della galleria in Not sure what i’m looking at e l’escursionismo utopistico di Edilizia acrobatica. In particolare quest’ultima prova riverbera un anelito non unicamente individuale, quanto piuttosto un’utopia condivisa e ricercata incessantemente dalla comunità degli artisti che popolano In Situ. Un desiderio di esplorazione, che si riflette nel voler rompere i confini spaziali dell’architettura stessa, come dimostra anche l’espansione installativa della mostra. Nella cornice di Lorem Ipsum, quindi, l’eterogenea convivenza di ricerche individuali determina il realizzarsi di una tendenza iperbolica verso un orientamento comune di estensione verso quei territori in ombra al di là del visibile. La collettiva segna in questa prospettiva un nuovo indirizzo ideologico, e contestualmente un punto di non ritorno oltre il quale si può solo procedere in avanti e scoprire cosa riserva la linea oltre l’orizzonte.
Erika Cammerata
[1] I.S.Comi, Franco(Lorem Ipsum), testo critico della collettiva Lorem Ipsum, Spazio In Situ, 2022
Info:
Lorem Ipsum. A collective exhibition without a theme
18/10/22-19/11/22
Spazio In Situ
Via S. Biagio Platani, 7, Roma
is a contemporary art magazine since 1980
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