Fondazione Zucchelli si è costituita nel 1959 a Bologna con l’obiettivo di sostenere la formazione degli allievi dell’Accademia di Belle Arti e del Conservatorio di Musica attraverso borse di studio, premi al talento e altre iniziative volte ad accrescere la visibilità dei loro lavori, nell’ottica di supportarne l’ingresso professionale nel campo delle arti visive e della musica. In riferimento al primo ambito, dal 2022, il bando annuale all’esito del quale vengono identificati i beneficiari delle sovvenzioni si è arricchito con il rafforzamento della collaborazione con l’associazione culturale Alchemilla, già partner della fondazione come ente ospitante del progetto “Residenze Studio”, che ora offre al secondo giovane artista classificato del bando i suoi spazi per una residenza trimestrale culminante in una restituzione al pubblico. I giovani artisti, affiancati dal team curatoriale di Alchemilla, sono quindi stimolati a confrontarsi con un ambiente ampio e fortemente connotato come i saloni settecenteschi di Palazzo Vizzani, sede dell’associazione. La sfida coincide con la preziosa opportunità di sperimentare la “tenuta” delle loro poetiche ancora in fase di definizione con una sede affascinante, complessa ed esteticamente stratificata, auspicabilmente la prima tappa di una carriera che ne vedrà molte altre.
Il protagonista della residenza in corso, che fino al 28 settembre mostrerà al pubblico i risultati della sua ricerca site-specific è Giacomo Mallardo (2000, Bra), vincitore del secondo premio del Concorso Zucchelli 2024 e ospite dell’associazione da giugno a settembre 2024. Gli spazi di Alchemilla non sono nuovi per l’artista: nel 2023 era stato coinvolto (assieme a Chiara Marchesi e Ylenia Joiner Santurio) nella collettiva “Ø” a cura di Ivana Spinelli durante Opentour, rassegna annuale in cui gli spazi espositivi cittadini concludono la programmazione espositiva prima della pausa estiva accogliendo mostre di studenti dell’Accademia, altra virtuosa manifestazione di sinergia tra realtà pubbliche e private bolognesi nella promozione degli emergenti. Sempre per Opentour, due sue opere erano presenti nella mostra “L’Ospite atteso: il limes attivo dell’esporsi” del collettivo artistico 30023-BO a Kappa Noun, spazio gestito dal collezionista Marco Ghigi. Se in queste due occasioni l’artista, studente del Biennio di Scultura – Arti Visive, aveva presentato lavori scultorei realizzati con materiali soffici che instauravano un’intrigante relazione con le location espositive giocata su una minimale ambivalenza tra mimetismo e discontinuità, a distanza di un anno le stesse caratteristiche appaiono nutrite da una consapevolezza speculativa più matura e sfaccettata.
Il punto di partenza di tale evoluzione si può già individuare nell’opera vincitrice del Concorso, il dittico fotografico “Shinig out of nowhere”, non incluso nella mostra ma visibile nello studio-laboratorio dove Mallardo ha lavorato durante i mesi estivi. Le due immagini ritraggono dettagli di quelle che immaginiamo essere architetture storiche, resi evanescenti da una postproduzione che, assimilandoli visivamente a riverberi incorporei, mostra come la sua ricerca si concentri ora sulla luminosità intrinseca e sul valore estetico puro di una forma che, pur volendosi astratta, non perde attinenza con lo spazio di cui è emanazione. Il tema della luce e la concezione dell’opera come estensione poetica di un ambiente sono ancora cruciali nella mostra conclusiva della residenza, intitolata “Lucciole” e curata dalla giovane Olivia Teglia. A conferma del nuovo corso della ricerca di Mallardo, anche qui il mezzo fotografico utilizzato in accezione scultorea ha la stessa importanza della scultura strettamente intesa e le due pratiche appaiono accomunate dall’ossimorica assimilazione dell’immaterialità della luce con una sorta di struttura che individua e riscrive le chiavi di volta visive di un ambiente.
Nelle stampe fotografiche della serie “Shining out of nowere” gli spazi di Alchemilla sono evocati in maniera allusiva da immagini sfocate che catturano particolari luminosi delle sale di Palazzo Vizzani (come il riflesso del piano di un tavolino, dell’ornamento di un lampadario o il vetro di una finestra), resi irriconoscibili da una sgranatura ottenuta con uno zoom ravvicinato al punto da far evaporare il dettaglio in una nuova forma a sé stante, a cui di nuovo si ancora per via concettuale lo spazio reale. Tutte le fotografie, tranne una ripresa notturna di luci di case lontane all’orizzonte, sono state realizzate in loco, come l’intervento scultoreo “It’s time to shine”, in cui tre grandi stelle in alluminio mandorlato appaiono inscritte in una struttura che richiama un traguardo sportivo o un’insegna pubblicitaria commerciale. Questo materiale povero, di solito usato in ambito edilizio per pavimentazioni e rampe antiscivolo, viene qui nobilitato dall’enfatizzazione delle rifrazioni luminose che la sua superficie è in grado di innescare, confermando l’interesse dell’artista per una valorizzazione poetica dei materiali basata sull’attenta osservazione delle loro proprietà fisiche.
Il tema del brillare e l’allusione morfologica al traguardo introducono, inoltre, il tema più autobiografico che fa da sottofondo a tutta la mostra, in cui Mallardo prova a restituire sia lo spazio, in un approccio che potremmo chiamare “diversamente oggettivo”, sia la sua individuale esperienza esistenziale al suo interno, in questo caso legata alla residenza (esito di una competizione tra artisti) e alla sua condizione di emergente impegnato a muovere i primi passi in un mondo altamente selettivo come quello dell’arte contemporanea. Richiama con intelligente ironia questo contesto il trittico fotografico “L’oro è solo giallo, stupidamente giallo”, il cui titolo cita una frase tratta da un testo di Ettore Sottsass. A essere qui inquadrata, questa volta nitidamente a fuoco, è la bocca socchiusa dell’artista impreziosita da un gioiello per denti in argento fatto realizzare su misura, che da un lato allude al suo secondo posizionamento nel concorso, dall’altro riprende la riflessione sui materiali evidenziando, con un processo mentale opposto e complementare a quello messo in atto nell’installazione scultorea, come il valore che viene assegnato ad alcuni di essi sia null’altro che un costrutto convenzionale.
Il percorso espositivo si conclude con la simulazione di una sorta di camerino-backstage avvolto nella penombra, in cui vediamo un comodino illuminato da una lampada da tavolo sul quale il calco dei denti dell’artista con le protesi-gioiello d’argento riposa all’interno di un bicchiere vuoto. L’installazione ricrea un momento di intimità, in cui Mallardo alla fine del lavoro si può mettere a nudo, riponendo il suo trofeo perché nella solitudine notturna non ha più bisogno di mostrare i denti ed essere feroce per emergere nella quotidiana competizione verso il successo. Ma la sospensione della tensione competitiva è solo provvisoria e un nuovo giorno è già in agguato: sul piano del comodino è infatti incisa un’altisonante frase motivazionale (un contributo dell’artista Federico Grilli) che dovrà ripetere tre volte al suo risveglio per trovare la forza di «aspirare al supremo con superba audacia».
Info:
Residenza Concorso Zucchelli 2024 – Giacomo Mallardo
15/06 – 15/09/2024
Lucciole: Open studio di Giacomo Mallardo
A cura di: Olivia Teglia
Su prenotazione fino al 28 settembre: info@alchemilla43.it
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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