MakerArt, inedito progetto dedicato alla relazione tra arte contemporanea e nuove tecnologie che avrà luogo nella cornice di Maker Faire Rome – The European Edition 2019, manifestazione promossa e organizzata della Camera di Commercio di Roma attraverso la sua Azienda Speciale Innova Camera che si svolgerà presso la Nuova Fiera di Roma dal 18 al 20 ottobre, segna, per la prima volta nella storia della rassegna, l’apertura all’arte contemporanea attraverso la creazione di percorsi sinergici e integrati tra maker e artisti internazionali selezionati dal curatore Valentino Catricalà. Capiamo ora dalle sue parole l’importanza di questo momento espositivo.
DS: Quali pensi siano, complessivamente, i punti di forza di questa edizione di Maker Faire?
VC: Essendo la Maker Faire di Roma l’edizione ufficiale europea e, quindi, la più grande, ha tante sfaccettature che vanno dalla robotica, all’intelligenza artificiale, alla sostenibilità ambientale e tecnologica e quest’anno all’arte, la nuova sezione sulla quale stiamo puntando molto, anche nella previsione di progetti futuri. Quindi, sicuramente l’arte entra come grande novità, ma direi anche che la Maker Faire può rappresentare una grande novità per l’arte.
DS: Cosa ti aspetti, a livello di riscontro, da questa prima volta di MakerArt e dall’apertura nei confronti del contemporaneo da parte di un evento di tale rilevanza?
VC: È anche per me una nuova sfida. Sono anni che mi occupo del rapporto arte e tecnologia, sia da un punto di vista curatoriale che di studio. Negli ultimi anni il mio interesse nei confronti del rapporto tra arte e innovazione è aumentato (sta per uscire un mio libro su questo per l’editore londinese Rowmann & Littlefield), poter entrare nel contesto più grande in Europa di creatività e innovazione è un’occasione importante. Mi affascina come poter mettere insieme artisti con aziende del settore tecnologico, come creare nuove sinergie con ingegneri e tecnici, come pensare nuove forme di produzione, come collaborare con centri di ricerca. Tutto ciò rappresenta un nuovo mondo ancora tutto da esplorare.
DS: Anche alla luce dei tuoi studi, quanta importanza credi stia acquisendo, nella ricerca artistica, il rapporto con le nuove tecnologie?
VC: Credere che il rapporto con la tecnologia sia qualcosa di nuovo è un errore. È l’errore che fanno molti che si buttano oggi su queste tematiche, uno sguardo al passato è fondamentale. È vero però che oggi c’è un maggiore interesse sia da parte del mondo dell’arte per il settore tecnologico, che da parte del settore tecnologico per il mondo dell’arte. Può essere l’apertura verso un nuovo mondo. Il problema è che questa sinergia deve essere ben orientata e indirizzata, altrimenti si rischia una incomprensione e quindi un fallimento. A mio avviso, questo può essere il nuovo ruolo di una istituzione culturale oggi, o di un curatore: riprendere in mano le redini ed essere una guida.
DS: Pensi che nello sviluppo del binomio Arte/Tecnologia la collaborazione fra artisti e aziende di settore possa rivestire un ruolo determinante?
VC: Da molti anni gli artisti lavorano all’interno di aziende, pensiamo agli anni Settanta ai Bell Labs negli Stati Uniti, ma solamente oggi si sta creando un vero e proprio trend. Pensiamo al programma di Microsoft Research 99, o alle residenze d’artista di Google, Adobe, ecc. Quello che si sta creando è un vero e proprio nuovo trend, sia culturale che di mercato. La Maker Faire è il luogo adatto per questa sperimentazione, essendo il regno dell’innovazione. L’arte deve assumere un ruolo guida all’interno di questo contesto. L’artista inventa nuove tecnologie sperimentando, il suo fine non è mai, tuttavia, l’invenzione in sé, ma la possibilità che dà il medium per la sua ricerca poetica, per l’epifania della sua visione. Questo è fondamentale oggi per il mercato: per la produzione di nuovi contenuti creativi per nuove piattaforme, l’inserimento di una visione etica e più profonda, per orientare eticamente l’innovazione.
DS: Dando una lettura d’insieme, quali credi siano i tratti stilistici che emergono maggiormente dal lavoro degli artisti in esposizione?
VC: Per prima cosa sottolineo che abbiamo adottato una impostazione curatoriale particolare. Ho preferito non avere un padiglione arte, ma diffondere le opere all’interno della fiera, creando un percorso ad hoc e permettendo l’emergere di una nuova sinergia con il contesto. Non è stato semplice scegliere le opere, ma sono molto contento di avere dai padri del rapporto con la tecnologia come Bill Vorn, Joaquin Fargas, Cod.Act, Patrick Tresset, ad artisti nazionali e internazionali più o meno giovani, come Aura Satz, Donato Piccolo, Richard Garet, Fedrico Solmi, Chiara Passa e molti altri. Abbiamo preferito focalizzarci quest’anno su tematiche quali intelligenza artificiale, sostenibilità ambientale, robotica e universo sonoro.
DS: Tirando le somme, infine, senti che il confronto con l’arte possa essere una scommessa vincente per una manifestazione della fattispecie e, soprattutto, qualcosa di futuribile?
VC: Come accennato sopra, questa esperienza rappresenta una sfida che, se vinta, può veramente portare a qualcosa di nuovo. Quel di più che può apportare l’arte è oggi fondamentale e questo anche il mondo dell’arte lo dovrebbe capire. Se operiamo bene, può venire fuori qualcosa di inaspettato. Ciò che sto cercando di fare è proprio portare l’arte nel mondo dell’innovazione e, allo stesso tempo, portare l’innovazione nel mondo dell’arte.
Info:
Joaquiìn Fargas, Rabdomante, 2019
Mattia Casalegno, Grass Roller, 2017
Sergey Komarov e Alexey Grachev, EXALTATION, 2018
Cod.Act, πTon, 2017
Bill Vorn, Hysterical Machine, 2010
Critico d’arte contemporanea e curatore, ha curato mostre in gallerie, spazi indipendenti e istituzionali. Ha tenuto conferenze in Italia e all’estero. Suoi testi e ricerche sono pubblicati su cataloghi, magazines di settore, edizioni di gallerie e monografie. È curatore di archivi d’artista, contributor di riviste e uffici stampa specializzati. Collabora con fondazioni, musei pubblici, case editrici e università a progetti di ricerca e curatoriali.
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