La statunitense Nancy Spero (1926-2009) è considerata una delle prime grandi artiste intensamente promotrici del movimento femminista e attivista. Una donna instancabile che attraverso un lavoro creativo fatto di segni essenziali, colmi di energia semantica e di equilibrio compositivo, manifesta e narra instancabilmente la dimensione iconografica e simbolica femminile nella società contemporanea.
Il Museo Tamayo di Città del Messico le dedica una mostra dal titolo emblematico “Paper Mirror”. Il suo percorso si snoda tra New York e Parigi, la città che alla fine degli anni Cinquanta, assiste alla genesi delle sue opere più mature, i cosiddetti Black Paintings. Prediligendo la carta come supporto materico, dopo una prima fase di lavori eseguiti a olio su tela, la Spero elabora cicli che denunciano tematiche sociali e politiche dove non è raro incontrare parallelismi con la dimensione letteraria di Antonin Artaud. Appunto, nella serie Codex Artaud relativi agli anni Settanta, l’artista connette estratti di Artaud con immagini dipinte e collage che alludono chiaramente a segni geroglifici egizi.
Si tratta di un’arte che colloca la figura femminile nel cuore di una delicata trasfigurazione fatta di gesti e movimenti, di concetti che si riferiscono alla dimensione del mito, del folklore, del passato delle società arcaiche in cui proprio il concetto di società ha origine. Tra queste il mondo figurativo bidimensionale della Grecia arcaica e classica con la sua sacralità, specialmente in riferimento al vocabolario iconografico che è facile incontrare nella produzione ceramica, irrompe nelle sue creazioni. Non si tratta di casualità.
Occorre parlare di democrazia, di tematiche sociali, di politica, di uguaglianza e pari diritti attraverso il mondo iconico dell’arte. Nancy Spero è una di quelle artiste che coraggiosamente dedicano la loro esistenza a una causa che si traduce esteticamente in cicli dal grande impatto non solo figurativo ma anche ideologico. Sono opere caratterizzate da un intenso dinamismo e rigogliosa cromaticità, dove il rimando al passato è certamente percepibile ma si presenta trasfigurato in un linguaggio assolutamente contemporaneo, immediato ed elegante. Il richiamo al mito, alla plastica preistorica ed arcaica, al mondo egizio, specialmente all’iconografia di Nut, dea del cielo, è particolarmente forte. Anche i titoli fanno riferimento a questo territorio simbolico e cosmogonico.
Il tragico e il sacro, l’esperienza del dolore biografico quanto collettivo, la letteratura e l’immaginazione, la lotta per l’uguaglianza, il rifiuto dell’azione bellica, diventano così elementi che identificano una produzione stilisticamente e tecnicamente coerente. Le opere della Spero sono specchi di carta che registrano composizioni interessanti, decifrando e amplificando un messaggio universale, restituendo allo spettatore una realtà che esiste da sempre determinando il funzionamento dei meccanismi sociali, aspirando a una rivoluzione che possa davvero ribaltare equilibri, spingendo a esplorare e ridefinire l’ecosistema delle nostre percezioni circa l’uguaglianza tra polarità maschile e femminile
La mostra sarà visitabile sino a febbraio 2019 negli spazi espositivi del Museo Tamayo di Città del Messico.
Giuliana Schiavone
Nancy Spero, The Goddess Nut II, 1990. Foto: Michael Bodycomb. Cortesía Galerie Lelong & Co. © The Nancy Spero and Leon Golub Foundation for the Arts / VAGA at ARS, NY
Nancy Spero, Sky Goddess and Snakes, 1981. Foto: Wilfied Petzi. Cortesía Barbara Gross Galerie, Múnich. © The Nancy Spero and Leon Golub Foundation for the Arts / VAGA at ARS, NY
Nancy Spero, Female Symbols I, 1981. Foto: David Reynolds. Cortesía Estado de Nancy Spero y Barbara Gross Galerie, Múnich. © The Nancy Spero and Leon Golub Foundation for the Arts / VAGA at ARS, NY
Storico dell’arte, critico e curatrice indipendente. Lavora attivamente in progetti dedicati alle arti visive occupandosi in particolare di scrittura critica e comunicazione. Attualmente vive in Messico dove lavora come docente universitario di Gestione delle Arti Visive. Parallelamente al suo percorso di studi in Storia dell’arte, archeologia e curatela di eventi culturali, si é diplomata in canto jazz presso il Conservatorio di Bari N. Piccinni. Al centro dei suoi interessi si incontrano le manifestazioni artistiche connesse alla relazione tra musica, voce e suoi aspetti rituali e iconografici.
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