Monumentale, totale, maestoso; è difficile ricordarsi una mostra organizzata all’Hangar Bicocca di Milano, che non ci abbia dato l’impressione di grandezza e che non abbia avuto una certa serietà sottocutanea che l’accompagnava. Sheela Gowda (nata a Bhadravati, Karnataka, India, 1957) con la mostra “Remains” non ci delude a riguardo, invitandoci in un mondo estraneo e profumato. La mostra è curata da Nuria Enguita e Lucia Aspesi e sarà visitabile fino al 15 settembre 2019.
È passata una trentina di anni da quando l’artista ha iniziato a lavorare, partendo dalla pittura tradizionale a olio su tela, spostando poco a poco l’attenzione sugli oggetti e sui materiali d’uso quotidiano. Prima, Gowda studiò pittura alla Ken School of Art di Bangalore. Successivamente frequentò la M.S. University di Baroda e la Visva-Bharati University a Santiniketan, ancora rimanendo nel linguaggio artistico classico, bidimensionale e tradizionale. Dopo essersi diplomata al Royal College of Art di Londra nel 1984, ritornò in India. “Manipolare un materiale è un modo per comprenderne i limiti e il potenziale… Per questo non rendo esplicita la dimensione fisica del mio fare arte” – spiega l’artista.
“Remains” – i resti, gli avanzi, gli oggetti rimanenti – sono i manufatti e i materiali di scarto con un certo valore simbolico, trovati dall’artista, osservati, modificati e messi al centro dell’interesse della sua prima mostra individuale in Italia. Gowda sottolinea che è una grandissima sfida portare un concetto a un linguaggio formale. I materiali che usa hanno giustamente i loro contesti propri, dunque l’artista cerca di trasformarli fisicamente in vari modi, senza farne perdere di vista l’identità. Allo stesso tempo, la creatrice indiana prova a intrecciare e comunicare le sue idee con il loro contributo. Gowda dichiara di non aver mai realizzato sculture in senso stretto, ma installazioni che si rapportano con ciò che la circonda, così come con gli spettatori. “Quando l’oggetto è ben definito, non c’è più niente da dire. Quando invece trovi qualcosa, che al momento, è contemporaneamente in una fase di essere e non essere, di diventare, penso sia molto più stimolante ed interessante, ed anche più adeguato per ciò che tu vuoi esprimere” – dice.
Ci sono ventitré opere di Sheela Gowda esposte lungo le Navate di Hangar Bicocca, create dal 1992 ad ora. Le più recenti sono “In Pursuit of” (2019) – 15 chilometri di corde fatte di capelli umani – distesi opportunamente nello spazio crudo dell’ultima sala, e il “Tree Line” (2019) composto da un largo pezzo di gomma nera. Tutte e due sono state ideate appositamente per la mostra. L’uso dei capelli rimanda a rituali – offerte votive per invocare una divinità; quotidianità – amuleti portafortuna; economia – vendita sul mercato mondiale. Così, l’ordinarietà concreta è rappresentata dal materiale, laddove la presenza dei materiali nello spazio, le dinamiche accadute all’interno dei rapporti, le modifiche indotte dall’artista, il risultato astratto e l’approccio effimero, rimandano al gesto artistico, dove forma, materiale e contesto si uniscono. “L’arte è come vedi e come valuti le cose che ti circondano” – ricapitola Gowda.
Le stesse regole e processi spingono l’artista a usare lo sterco bovino, in India, dove questo animale è sacro e il suo sterco ha un contesto così ampio: rituale, religioso, produttivo (lo sterco di mucca serve a generare combustibile, fertilizzante, mattoni, sculture e giocattoli) e di sostentamento (latte). La parallela natura del materiale, sia di scarto che della sacralità, dà un valore aggiunto e una prospettiva concettuale. In conseguenza, viene usato nella pratica artistica e diventa per Gowda uno strumento per esprimere una presa di posizione politica che usa i simboli religiosi per finalità conservatrici.
Alcuni incensi della collezione di oggetti titolati “Collateral” (2007) sono bruciati fino a trasformarsi in cenere. L’osservazione della sostanza tanto effimera tanto delicata evoca la sensazione dello scorrere del tempo, ricorda la memoria e porta al tema dei resti. Degno di nota, “i resti” esposti in galleria sono sempre raffinati e collocati nello spazio con alta precisione. Si potrebbe rischiare chiamarli “reliquia” per il loro peso storico, metafisico, e l’atmosfera sacra e poetica che portano con sé.
Con un’abbondanza della delicata ed onnipresenti aroma dell’incenso, gli odori dello sterco con cui sono spalmati tre lavori (“Mortar Line”, 1996; “Untitled (Cow Dung)”, 1992-2012; “Stock”, 2011;), il ponderoso profumo di gomma, ed i colori vibranti di kumkuma ovunque, corriamo davvero il rischio di avere l’impressione di ritrovarci in uno spazio meditativo dall’altra parte del mondo.
Dobrosława Nowak
Info:
Sheela Gowda. Remains
a cura di Nuria Enguita e Lucia Aspesi
4 Aprile – 15 Settembre 2019
Pirelli HangarBicocca
via Chiese 2 Milano
video: Sheela Gowda – ‘Art Is About How You Look At Things’ | TateShots
For all the images: Sheela Gowda. Remains installation view at Pirelli HangarBicocca
Laureata in Fotografia e Arte della Registrazione Visuale all’Università dell’Arte di Poznan (Polonia) nel 2013. Laureata in Psicologia all’Università di Adam Mickiewicz a Poznan nel 2015. Nel 2018 ha frequentato il corso “Ultime Tendenze nelle Arti Visive” all’Accademia di Belle Arti di Brera. Scrive d’arte per varie riviste in inglese, italiano, francese e polacco. Artista, curatrice e ricercatrice. Nata in Polonia, vive e lavora a Milano.
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