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Sogno o son desto? CAR DRDE presenta l’artista ser...

Sogno o son desto? CAR DRDE presenta l’artista serbo Nebojša Despotović

Nella rielaborazione psicanalitica dei sogni, cosa veramente ricorda l’analizzante è meno importante di quanto ne riesce a raccontare. È lì, nel filtraggio operato dall’uso del linguaggio, parlando con un interlocutore disponibile (l’analista) che le immagini perentorie o sfuggenti intraviste dormendo possono acquistare senso. O, più precisamente, un senso utile a risalire ai meccanismi inconsci dai quali le stesse immagini sono affiorate al punto tale di restare impresse nella memoria.

Nebojša Despotović, Another Race of Vibrations, installation view at CAR DRDE, courtesy the artist and CAR DRDE, Bologna

Che c’entra tutto ciò con i sette dipinti dell’artista serbo Nevosa Despotović (Belgrado, 1982) esposti da CAR DRDE nella mostra Another Race of Vibrations? In questo titolo c’è un sintomo che orienta verso una risposta: vibrazioni lontane, diverse (di un’altra razza, appunto) rispetto a quelle coscientemente percepite. La serie si presenta come una registrazione su tela e altra materia di tracce lasciate da immagini famigliari e quotidiane di donne e uomini (amiche/i, colleghe/i e artiste/i) prossimi all’autore e a lui legati da intese tanto pregnanti da essere al limite dell’indescrivibile. Ecco dove sta, se non il cuore, una fonte importante delle “vibrazioni” catturate e tradotte in immagine dai quadri di Despotović.

Nebojša Despotović, Another Race of Vibrations, installation view at CAR DRDE, courtesy the artist and CAR DRDE, Bologna

L’artista, laureatosi in pittura presso l’Accademia di Belle arti di Venezia, attualmente vive e lavora tra Treviso e la città lagunare. Dopo varie esperienze anche internazionali, alla galleria bolognese propone una selezione di dipinti dove le pennellate, tanto dense e cariche di suggestioni disparate da sfiorare il rischio del caos, evocano un’idea, spesso vaga e quasi indecifrabile, di presenze dal tratto onirico, immerse in un’aura tra l’inquietante e il confidenziale. Il bluastro, il grigio, il marrone, il rosa (sempre intercalati da interventi quasi occasionali d’altra tonalità) dominano spesso la scena.

Nebojša Despotović, Bach, 2022, acrylic,gesso, ink and characoal on canvas, 215 x 200 cm, courtesy the artist and CAR DRDE, Bologna

Ma gli strumenti di questo artista non si limitano ai soli colori e ai pennelli. I suoi quadri sono infatti travagliati da altri materiali che rendono multi-stratificata la già complessa rappresentazione offerta, come carte incollate sulla tela e poi slabbrate e raschiate come se fossero ulteriori velature di colore, o il legno che da supporto pittorico diventa elemento quasi scultoreo, quando viene intaccato e inciso per alludere con il suo colore naturale riportato a vista alle “alte luci”.

Nebojša Despotović, Another Race of Vibrations, installation view at CAR DRDE, courtesy the artist and CAR DRDE, Bologna

Come scrive Andrea Busto[1], per Nevosa Despotović  «dipingere è anche una pratica, è una ginnastica e un esercizio fisico, che si compie di fronte al vuoto della tela vergine su cui affiorano, a poco a poco, le immagini create dal colore e dalla composizione. L’artista appartiene a una generazione che, senza problemi, accomuna e assomma i grandi capolavori della storia dell’arte ad anonime immagini di Instagram. La tecnica della citazione non è presente nel suo lavoro, quella dell’appropriazione sì. […] Egli si immerge mentalmente nel racconto dipinto sulla tela, per poi estraniarsene e, facendo un passo indietro, per riassumere la veste del creatore e quindi regista della scena. Il teatro, la pittura, la persona, i personaggi, il regista e gli attori, i ruoli e la vita, veri o falsi che siano vivono in un balletto mentale e reale che si esprime oltre la tela/sipario/fondale, oltre lo studio dell’artista, ma anche tutto dentro la sua mente».

Nebojša Despotović, Mia, 2022, oil on engraved wood, 50 x 40 cm, courtesy the artist and CAR DRDE, Bologna

Quelli che vediamo in mostra sono quindi ritratti di persone singole o accoppiate, i titoli dei quali (come Nic a Borca, Nic e Anna a Borca, Manu e Keta, Mia…) nella loro diretta semplicità fanno pensare a un’intensa empatia tra l’autore e i suoi soggetti, suggerendo che sia proprio questa, anziché la reminiscenza delle loro sembianze fisiche, a orientare le sue scelte stilistiche, cromatiche e formali. In particolare, in questa carrellata di volti e corpi lasciati a differenti stadi di definizione si impone il volto di Mia, che nella sua gioiosa, ma enigmatica posa pare proprio uscire dalle vibrazioni lasciate da un sogno, forse d’amore.

[1] nel catalogo della mostra Nebojša Despotović – The Golden Harp da lui curata nel 2020 al MEF – Museo Ettore Fico, Torino

Info:

Nebojša Despotović. Another Race of Vibrations
21.01.2023 – 04.03.2023
CAR DRDE


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