Nella rielaborazione psicanalitica dei sogni, cosa veramente ricorda l’analizzante è meno importante di quanto ne riesce a raccontare. È lì, nel filtraggio operato dall’uso del linguaggio, parlando con un interlocutore disponibile (l’analista) che le immagini perentorie o sfuggenti intraviste dormendo possono acquistare senso. O, più precisamente, un senso utile a risalire ai meccanismi inconsci dai quali le stesse immagini sono affiorate al punto tale di restare impresse nella memoria.
Che c’entra tutto ciò con i sette dipinti dell’artista serbo Nevosa Despotović (Belgrado, 1982) esposti da CAR DRDE nella mostra Another Race of Vibrations? In questo titolo c’è un sintomo che orienta verso una risposta: vibrazioni lontane, diverse (di un’altra razza, appunto) rispetto a quelle coscientemente percepite. La serie si presenta come una registrazione su tela e altra materia di tracce lasciate da immagini famigliari e quotidiane di donne e uomini (amiche/i, colleghe/i e artiste/i) prossimi all’autore e a lui legati da intese tanto pregnanti da essere al limite dell’indescrivibile. Ecco dove sta, se non il cuore, una fonte importante delle “vibrazioni” catturate e tradotte in immagine dai quadri di Despotović.
L’artista, laureatosi in pittura presso l’Accademia di Belle arti di Venezia, attualmente vive e lavora tra Treviso e la città lagunare. Dopo varie esperienze anche internazionali, alla galleria bolognese propone una selezione di dipinti dove le pennellate, tanto dense e cariche di suggestioni disparate da sfiorare il rischio del caos, evocano un’idea, spesso vaga e quasi indecifrabile, di presenze dal tratto onirico, immerse in un’aura tra l’inquietante e il confidenziale. Il bluastro, il grigio, il marrone, il rosa (sempre intercalati da interventi quasi occasionali d’altra tonalità) dominano spesso la scena.
Ma gli strumenti di questo artista non si limitano ai soli colori e ai pennelli. I suoi quadri sono infatti travagliati da altri materiali che rendono multi-stratificata la già complessa rappresentazione offerta, come carte incollate sulla tela e poi slabbrate e raschiate come se fossero ulteriori velature di colore, o il legno che da supporto pittorico diventa elemento quasi scultoreo, quando viene intaccato e inciso per alludere con il suo colore naturale riportato a vista alle “alte luci”.
Come scrive Andrea Busto[1], per Nevosa Despotović «dipingere è anche una pratica, è una ginnastica e un esercizio fisico, che si compie di fronte al vuoto della tela vergine su cui affiorano, a poco a poco, le immagini create dal colore e dalla composizione. L’artista appartiene a una generazione che, senza problemi, accomuna e assomma i grandi capolavori della storia dell’arte ad anonime immagini di Instagram. La tecnica della citazione non è presente nel suo lavoro, quella dell’appropriazione sì. […] Egli si immerge mentalmente nel racconto dipinto sulla tela, per poi estraniarsene e, facendo un passo indietro, per riassumere la veste del creatore e quindi regista della scena. Il teatro, la pittura, la persona, i personaggi, il regista e gli attori, i ruoli e la vita, veri o falsi che siano vivono in un balletto mentale e reale che si esprime oltre la tela/sipario/fondale, oltre lo studio dell’artista, ma anche tutto dentro la sua mente».
Quelli che vediamo in mostra sono quindi ritratti di persone singole o accoppiate, i titoli dei quali (come Nic a Borca, Nic e Anna a Borca, Manu e Keta, Mia…) nella loro diretta semplicità fanno pensare a un’intensa empatia tra l’autore e i suoi soggetti, suggerendo che sia proprio questa, anziché la reminiscenza delle loro sembianze fisiche, a orientare le sue scelte stilistiche, cromatiche e formali. In particolare, in questa carrellata di volti e corpi lasciati a differenti stadi di definizione si impone il volto di Mia, che nella sua gioiosa, ma enigmatica posa pare proprio uscire dalle vibrazioni lasciate da un sogno, forse d’amore.
[1] nel catalogo della mostra Nebojša Despotović – The Golden Harp da lui curata nel 2020 al MEF – Museo Ettore Fico, Torino
Info:
Nebojša Despotović. Another Race of Vibrations
21.01.2023 – 04.03.2023
CAR DRDE
Valerio Romitelli (nato a Bologna nel 1948) ha insegnato, fatto ricerche e tenuto conferenze in Italia e all’estero. Suoi ambiti disciplinari: Storia delle dottrine politiche, Storia dei movimenti e dei partiti politici, Metodologia delle scienze sociali. Tra le sue ultime pubblicazioni: L’amore della politica (2014), La felicità dei partigiani e la nostra (2017), L’enigma dell’Ottobre ‘17 (2017), L’emancipazione a venire. Dopo la fine della storia (2022).
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