Nel libro di Marguerite Yourcenar Fuochi, v’è una breve aforisma in cui la scrittrice afferma: «non ho paura degli spettri. I vivi sono terribili soltanto perché hanno corpo»[1]. Pare che l’artista Iva Drekalovich (Trieste, 1995), cui galleria romana Operativa Arte Contemporanea sta dedicando una personale in programmazione fino al 30 settembre 2022, nasca proprio da questo pensiero: difatti, la mostra è volta a indagare lo stato del sonno quale attimo di figurazione non di corpi concreti, ma di ectoplasmi. Tale ricerca è spinta da una motivazione personale dell’artista, interessata a scandagliare gli aspetti del riposo e dei disturbi notturni; da qui la retrospettiva si pone come una ricerca poetica che si piega verso lo stato di incoscienza che porta il riposo notturno. Una poetica, quella di Drekalovich, che si esprime sia con tecniche pittoriche sia con lo sperimentalismo scultoreo del materiale ceramico, filoni entrambi che si inseriscono come momenti di ricerca della giovane artista, caratterizzati come sono da un afflato sperimentale e in continua evoluzione.
La mostra è caratterizzata da un sofisticato allestimento dal sottile carattere concettuale, dimodoché ogni opera è frutto di un’astrazione dello spirito. Elemento altrettanto peculiare è il vivo e intenso dialogo che il gallerista Carlo Pratis intrattiene con l’artista, fedele alla scelta anticonformista di mantenere sempre libero tale rapporto, senza l’intermediazione di alcun curatore. Così, Drekalovich risulta svincolata nella fase creativa del progetto, generando approfondimenti artistici personali in cui, paradossalmente, nonostante il tema trattato, non esistono momenti di oscurità, ma anzi il sonno viene indagato nel suo aspetto più limpido e spontaneo. In questo modo i nostri occhi non si chiudono, ma si schiudono, nella dubbia consapevolezza di cosa avvenga nella fase del riposo caratterizzata da sopravvivenze spirituali. Nel complesso l’ambiente galleria è ovattato, anche se equilibratamente allestito con opere scultoree, pittoriche e installative, tutte protese verso la scoperta di un ordine alternativo e onirico, dal potenziale fortemente rivoluzionario.
Le opere su tela di cotone (la scelta di questo materiale deriva dal mondo della nautica), sono giocate sulla tonalità del verde e sono caratterizzate da una libera conformazione dal carattere auto generativo, giacché vengono trattate con una tecnica mista, che unisce in maniera audace la pittura assieme all’uso di protuberanze di fili ricamati. In queste opere Drekalovich raffigura corpi dal carattere liquido, difficilmente definibili che si inseriscono in paesaggi dall’ampio orizzonte o in interni abitativi in cui si evocano fantasmi notturni. Tale pittura intende indagare il seminascosto oltre noi e l’artista dimostra di non temere affatto gli spettri, di cui svela il carattere narrativo, quale controcanto alla ricchezza della tecnica pittorica caratterizzata da delicate tinte dai grossi e incerti contorni che rivelano vacui dettagli.
Il percorso della mostra è basato sul principio di immedesimazione dello spettatore, simulando abilmente la percezione di chi sta appena entrando nella fase del sonno, sospinto verso il sogno. In questo modo l’esposizione si potrebbe considerare come composta da “moduli espressivi”, in cui le opere di Drekalovich appartengono a una realtà onirica nel disordine cognitivo della mente e della memoria. Tra i pezzi più interessanti della mostra sono visibili un gruppo di sculture dal venato carattere oggettuale, allestite in maniera alternativa: appese come se fossero dei feticci pronti all’uso per le fantasie dello spettatore, sono utili, nel contempo, a scansare i cattivi auspici dal riposo notturno. In questo modo l’artista modella le ceramiche come tanti diversi episodi di pareidolia, ovvero la nostra propensione inconscia a riconoscere forme antropomorfe negli oggetti, per realizzare sculture in cui si fondono brandelli di busti umani e intrecci materici in un unico corpo.
Diversamente, a voler rappresentare il chiarore erotico del sogno, vi è la seconda sala della galleria, pervasa di teli che fungono come da giunture ambientali capaci come sono di imporre mobilità allo spazio oltre a un soffuso senso di luogo ignoto. Da questa installazione ambientale emergono vivide le sculture di ceramica smaltata a mo’ di cangianti escrescenze che attendono di essere appena rischiarate dalla notte, gonfiori ceramici esplicativi di una meta-riconfigurazione del luogo, proprio come una doppia immersione nei bacini afotici del buio assoluto. Di altrettanta pregevole importanza è la scultura in legno di ciliegio, ideata dall’artista assieme all’architetto Andrea Eusebi. L’opera si inserisce con stretta coerenza nella produzione di Drekalovich, sia per il carattere sperimentale sia per essere intimamente connessa con il tema della mostra, composta com’è di rilievi acuminati di metallo forgiato a mano che paiono le ciglia di una creatura animale in fase di sonno.
In conclusione, la personale si presenta con un carattere tonico e metamorfico, che procede per evoluzione attraverso tecniche differenti e tutte contraddistinte da esiti lontanissimi. Tuttavia, Drekalovich intende tracciare, riuscendoci, un dialogo univoco tale da donare un carattere innovativo al classico linguaggio ceramico e pittorico. In altri termini, la mostra si cifra di un’egida dalla vena intimistica contraddistinta da un’analisi della componente fisiologica dell’uomo, qual è quella del sonno, momento pregno di imponderabilità che l’artista affronta senza alcuna paura o preoccupazione di sorta.
[1] Marguerite Yourcenar, Fuochi, Tascabili Bompiani, 2001, p. 29
Info:
Iva Drekalovich, Pensiero Notturno
17/6/2022 – 30/9/2022
Operativa Arte Contemporanea
Via del Consolato 10, 00186, Roma
info@operativa-arte.com | https://www.operativa-arte.com/
Orari di apertura: dal giovedì al venerdì dalle 16:30 alle 19:30
Iva Drekalovich, Pensiero Notturno, installation view, ph. Credit Giorgio Benni, courtesy Operativa, Roma
Iva Drekalovich, Pensiero Notturno, installation view, ph. Credit Giorgio Benni, courtesy Operativa, Roma
Iva Drekalovich, Pensiero Notturno, installation view, ph. Credit Giorgio Benni, courtesy Operativa, Roma
Iva Drekalovich, Hanging people, 2021, ceramica smaltata, dimensioni variabili, ph. Credit Giorgio Benni, courtesy Operativa, Roma
Maria Vittoria Pinotti (1986, San Benedetto del Tronto) è storica dell’arte, autrice e critica indipendente. Attualmente è coordinatrice dell’Archivio fotografico di Claudio Abate e Manager presso lo Studio di Elena Bellantoni. Dal 2016 al 2023 ha rivestito il ruolo di Gallery Manager in una galleria nel centro storico di Roma. Ha lavorato con uffici ministeriali, quali il Segretariato Generale del Ministero della Cultura e l’Archivio Centrale dello Stato. Attualmente collabora con riviste del settore culturale concentrandosi su approfondimenti tematici dedicati all’arte moderna e contemporanea.
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