Alla galleria Studio La Città Jacob Hashimoto (nato nel 1973 a Greeley in Colorado, vive e lavora a New York) presenta una serie di lavori inediti che riflettono sulle possibili intersezioni tra paesaggio e astrazione con la mostra The Heartbeat of Irreducible Curves.
Anche in questo caso la ricerca parte dai suoi ormai celebri aquiloni, realizzati con centinaia di dischi di carta giapponese incastonati in cornici di bambù di dimensioni e colori diversi. La complessa stratificazione sospesa di questi moduli crea visioni mutevoli ed estremamente suggestive, basate sulla gioiosa convivenza di opposti apparentemente inconciliabili, come densità e leggerezza, incommensurabilità e ordine, regola e licenza, rigore concettuale e sollecitazione sensoriale. Ogni opera è concepita come un variegato macrocosmo in cui anche il più piccolo dettaglio sembra poter racchiudere mondi potenzialmente espandibili ma allo stesso tempo è parte insostituibile della polifonica armonia dell’insieme. I singoli componenti, mai perfettamente identici tra loro, agiscono come molecole che, unendosi secondo modelli predeterminati, danno vita a veri e propri ecosistemi di ispirazione naturale, vegetale o artificiale che sintetizzano un accadimento esistenziale di infinita durata. Alle suggestioni visive e tattili si aggiunge poi la risonanza poetica dei titoli con cui l’artista suggerisce ulteriori immagini mentali che si sovrappongono delicatamente alle percezioni dello spettatore in un continuo gioco di evocazione ed elusione.
Jacob Hashimoto, sempre con Studio la Città, sarà presente fino al 28 luglio anche a Venezia in occasione della 58a edizione della Biennale all’interno della collettiva Recursions & Mutations sull’Isola della Giudecca, mentre nell’autunno 2019 tornerà nella galleria veronese per arricchire l’allestimento esistente con una grande e inedita installazione che completerà il progetto.
In occasione dell’opening gli abbiamo posto qualche domanda per scoprire qualcosa in più sulla genesi dei suoi lavori.
Le tue opere sono formate da centinaia di elementi modulari legati tra loro, ciascuno dei quali è dipinto a mano con pattern decorativi geometrici o preziose calligrafie. Li realizzi personalmente o sei affiancato da qualcuno?
Realizzo personalmente alcuni pezzi, ma la maggior parte è fatta dal mio staff e poi io assemblo tutto. Ne mio studio lavorano sette persone, tutti sono molto specializzati: uno dei miei assistenti da 10 anni si occupa solo della produzione di questi piccoli pezzi.
Come avviene la produzione?
Ci sono delle regole, io sono molto presente con tutti i miei assistenti: parliamo tutti assieme prima di decidere di cambiare dettagli o colori. I membri dello staff si insegnano reciprocamente abilità molto specifiche in modo che il linguaggio espressivo diventi sempre più complicato. Alla fine io ho bisogno di toccare tutto, se qualcosa non va bene il lavoro torna in laboratorio e ragioniamo in gruppo sulla motivazione. È un processo lungo.
Da dove provengono i titoli, così evocativi e misteriosi, delle tue opere?
Quelli sono miei. Li immagino quando l’opera è conclusa e sono concepiti come piccole poesie sull’idea suggerita dalla composizione. È un modo per cambiare il punto di vista da cui guardare il lavoro. L’intenzione è creare complessità e relazione tra diversi tipi di bellezza.
I tuoi lavori sono caratterizzati da lussureggianti accostamenti cromatici che vivono in uno spazio aereo e tridimensionale. Definiresti te stesso più come un pittore o come uno scultore?
Più come un pittore.
Lo pensi anche quando costruisci enormi installazioni ambientali?
Sì, perché le mie installazioni funzionano come scenografie e le vedi collegate come una superficie. Cambiano, spariscono e tornano.
Come sei arrivato a questo particolare processo creativo che ora è diventato il tuo “marchio di fabbrica”?
Ho iniziato perché costruivo aquiloni per farli volare in un parco dall’altra parte della strada. Nel mio studio ne avevo molti e quindi ho pensato a come avrei potuto usarli. Anche mio padre e mio nonno realizzavano aquiloni, è parte della tradizione della mia famiglia.
Info:
Jacob Hashimoto. The Heartbeat of Irreducible Curves
4 maggio – 9 novembre 2019
Studio La Città
Lungadige Galtarossa 21, Verona
Jacob Hashimoto. The Heartbeat of Irreducible Curves, 2019 Installation view at Studio la Città – Verona
ph: Michele Alberto Sereni
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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