Jiří Georg Dokoupil è nato nel 1954 a Krnov in Cecoslovacchia, negli anni in cui vigeva ancora la cortina di ferro. Dopo l’invasione sovietica del 1968 e la successiva repressione della cosiddetta Primavera di Praga, la famiglia si rifugiò in Germania e nel 1976 Dokoupil iniziò i suoi studi presso l’Accademia di Belle Arti di Colonia. In seguito perfezionò il suo percorso scolastico all’Università di Francoforte e alla Cooper Union di New York. I suoi primi lavori sono fortemente influenzati dall’artista concettuale Hans Haacke, insegnamenti che poi rigetterà completamente perché li riterrà falsi e fuorvianti.
Nel 1979, insieme agli artisti Hans Peter Adamski, Peter Bömmels e Walter Dahn, fonda il Mülheimer Freiheit Gruppe (il nome fu preso dalla via dove era collocato il loro atelier). Tutti questi autori poi vennero inseriti nel più ampio contesto dei Neue Wilden o del più generico neoespressionismo tedesco o di un ancor più generico ritorno alla pittura e alla figurazione narrativa. In quegli anni il loro lavoro diede vita a un nuovo stile figurativo dove soggetti tradizionali e del tutto riconoscibili erano animati da colori vivaci e il loro intento era quello di supere l’intellettualismo e l’artificiosità dell’arte concettuale e minimalista ancora dominanti. Tuttavia, fin dai primi tempi, Dokoupil sviluppò un suo stile del tutto personale e meno “selvaggio” dei suoi compagni di strada, tanto che definirlo con l’etichetta di neoespressionista suona un po’ riduttivo.
La sua produzione, pur essendo supportata da costanti iconografiche, siccome risente di una continua vena sperimentale, non è per nulla stabile e nemmeno programmata, ma spazia con disinvoltura dalla grafica alla scultura, affrontando gli stili più inusuali e i temi più disparati: dalla natura morta al paesaggio, dall’ambiente urbano al ritratto, dall’iconografia religiosa alle tradizioni popolari. Anche il suo linguaggio materico è caratterizzato da una molteplicità di tecniche, tra le più note è l’uso di pigmenti naturali, fuliggine, bolle di sapone, alluminio. Ne è un esempio la sua serie di dipinti Soap Bubble, dove Dokoupil univa vari pigmenti di colore alla soda caustica, creando un sottile strato di bolle trasparenti quasi immateriali sulla superficie della tela.
L’autore ha tenuto numerose personali in tutto il mondo e in Italia il suo lavoro è stato rappresentato dallo Studio Cannaviello di Milano, ma il suo primo mentore, fin dal 1982, fu il mitico mercante d’arte Paul Maenz. Le sue opere sono state esposte a documenta 7 (Kassel, 1982) e alla Biennale di Venezia del 1987, e figurano in prestigiose collezioni, tra le quali ricordiamo l’Hamburger Bahnhof, la National Gallery di Berlino, il Centro Pompidou a Parigi, il Centro Reina Sofia di Madrid e il Museo Nazionale di Arte Contemporanea di Seoul. In definiva bisogna ammettere che Dokoupil, in controtendenza e remando contro qualsiasi logica di riconoscibilità, non ha mai voluto sottomettersi a uno stile ripetitivo; non ha mai sviluppato uno stile uniforme che permettesse all’osservatore di identificare in maniera semplice e di primo acchito il suo lavoro. Piuttosto è sempre stato motivato dalla volontà di parafrasare gli stili di altre epoche e di altri autori e diverse modalità espressive, giocando con essi e inventando nuove tecniche o perfino prendendo per i fondelli le stesse modalità tecniche. Solo una certa espressività e la sua affinità per il tema erotico possono definire il suo mondo molto variegato e variopinto di immagini. La sua opera colossale ha fino a oggi superato le sessanta serie tematiche, incrociando più di cento tecniche o di stili espressivi.
Per esempio, nel 1989 Dokoupil ha sviluppato la tecnica dei Soot Paintings, dipingendo immagini proiettate con la fuliggine di una candela accesa o, in opere più grandi, con la fiamma di una torcia su una tela bianca appesa al soffitto. I Soot Paintings, che sono spesso considerati la serie più importante dell’opera di Dokoupil, contengono diverse tipologie figurative come le raffigurazioni di aste d’arte, la serie Subastas, del 1989 o quelle più recenti chiamate Leopards (2000-2009). Veniamo ora alla mostra realizzata per il Museo Correr e curata da Reiner Opoku. Venetian Bubbles segna un’evoluzione significativa nella pratica di questo versatile artista: rifacendosi ai suoi Soap Bubble Paintings del 1992-93 l’autore ci propone questi iconici dipinti di bolle di sapone trasformati in otto sculture di vetro e metallo di grandi dimensioni (fino a 200 cm di altezza).
E visto che Venezia è indubbiamente la capitale del vetro d’arte e dell’artigianato del vetro la sfida mi sembra del tutto ragionevole e ben centrata. Alle sculture verranno affiancati sette dipinti inediti di grandi dimensioni (fino a 200 x 400 cm) e una serie di lavori su carta. Il dialogo di queste opere è istituito con i capolavori di Veronese, Tiziano, Tintoretto e Zelotti, presenti nel percorso di visita del museo. Un grande azzardo, ma il confronto con il passato stimola sempre la fantasia degli autori e li muove alla sfida. D’altronde nemmeno Kiefer o Twombly ne rimasero immuni.
Bruno Sain
Info:
Jiří Georg Dokoupil, Venetian Bubbles
22/06/2024 – 18/08/2024
Biblioteca Nazionale Marciana
Museo Correr
Venezia
corer.visitmuve.it
is a contemporary art magazine since 1980
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