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Jonathan Lasker “New Paintings” alla galleria Thaddaeus Ropac Marais, Parigi

La personale di Jonathan Lasker in corso alla galleria Thaddaeus Ropac Marais è incentrata su una serie di “Nuovi dipinti” del pittore astratto americano, il cui lavoro ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo della pittura postmoderna. Nuovi senza dubbio, ma solo in termini di intermezzo temporale. In For Jonathan (olio su lino, 2019), ad esempio, si trovavano già tutte le coordinate ben note del mezzo pittorico (piano e spazio, colore, linea, forma, firma, pigmento e materialità), oltre a codici legati a certi modernismi (impasto, geometria, scarabocchi automatici) e, audacemente, alcuni elementi ricorrenti nell’identità espressiva dell’artista, tra cui il blob, una forma biomorfica, paffuta al punto da essere inoffensiva, e i colori acidi ma a volte zuccherini portati dai suoi ultimi avatar. Cosa c’è allora di nuovo negli ultimi dipinti di Jonathan Lasker? Il fatto che siano stati creati molto recentemente ed esposti per la prima volta, sembra essere l’unica risposta plausibile; questi nuovi dipinti possono incarnare solo il senso letterale della parola. Ed è forse questo il lusso più prezioso di Lasker, la cui astrazione è stata combinatoria per più di quarant’anni: dalla metà degli anni ‘80 (il suo metodo creativo ha poi preso la sua struttura definitiva) ha utilizzato elementi formali come farebbero sia uno scrittore e sia chi si esprime oralmente. Nel territorio pittorico di Lasker, tanto quanto nella comunicazione verbale, il rinnovamento non ha bisogno di cambiamento. In altre parole, il senso radicale che di solito attribuiamo alla parola cambiamento è inadeguato a descrivere la traiettoria pittorica di Lasker: appare privo di significato, o almeno secondario, poiché le opere di Lasker sono proposizioni che assumono il loro significato completo quando risuonano con altre. Lo stesso vale per un elemento discreto in un’opera d’arte, che assume il suo ruolo solo se collegato con gli altri nonostante le chiare distinzioni, sommandosi a una relativa incommensurabilità: un linguaggio in cui le parole – il blob sarebbe una delle parole pittoriche preferite di Lasker – non sarebbero parole senza la loro natura doppia e paradossale, quasi ossimorica, fatta di singolarità e dipendenza. L’astrazione di Lasker equivale quindi a un sistema linguistico chiuso e autoreferenziale, legato al suo contesto attraverso la comunicabilità (particolarmente palpabile quando Lasker parla degli spettatori delle sue opere e dell’arte in generale) e la storicità nel più ampio corpus di opere di Lasker così come negli sviluppi passati di pittura. Essere già vecchio, come déjà-vu che voglia rinnovarsi.

Nel 2022, sette dipinti sono “Nuovi dipinti”. Sulle stesse pareti, dieci dipinti del 2012 sono stati definiti recenti, tra cui The Commerce of Dreams e i suoi tre blob, due impasti e uno ricavato da un contorno, ritagliandone la presenza direttamente dallo sfondo. La presenza durevole del blob e l’esistenza ormai letterale della firma parlano dell’antichità intrinseca della novità di Lasker al livello più visibile: non originale perché già visto, ogni macchia e ogni firma sono gemelli identici (o no) di tutti i rispettivi altri, in cui la natura indifferenziata, quasi amorfa della forma paffuta si aggiunge alla sua mancanza di personalità. L’inevitabile incontro del blob – tutti e sette i dipinti ne contengono almeno una versione – in una mostra intitolata “Nuovi dipinti” è problematico e l’accezione ironica del titolo appare ancora più chiaramente guardando a qualche anno indietro. La tesi secondo cui il rinnovamento di Lasker non ha bisogno di modifiche ha in sé qualcosa di magico (una sorta di magia paradossalmente veritiera rispetto alla sua accezione intellettuale della pittura), è anch’essa dovuta a innegabili evoluzioni. In passato Lasker sembrava orientare la carica pittorica dei suoi dipinti verso il vuoto piuttosto che il pieno; tra The Boundary of Luck and Providence (2011) ed Equitable Landscape (2021) si è verificata una sorta di svuotamento dello spazio pittorico, che ha portato a un affinamento della frase visiva. Mentre i “Dipinti recenti” erano deflagrazioni formali, i “Nuovi dipinti” giocano solo con il fuoco di uno spazio pittorico aspirato. Questo alleggerimento ha chiarito la posizione di Lasker e ha addensato il potere semantico dei suoi dipinti, avvicinando sempre di più la sua firma concettuale alla seguente sfida: mantenere una presenza, uno spazio e un’opera tra l’anonimato del linguaggio e l’intimità dell’espressione. Il linguaggio, che non appartiene a nessuno, è comunque usato da tutti per esprimere la propria inimità e i dipinti di Lasker, insieme alla poetica lapidaria dei loro titoli, continuano a parlare freddamente di fatti e sogni pittorici.

Un altro aspetto non nuovo è l’eventualità persistente che i dipinti di Lasker parlino di qualcosa di più della pittura, ma non come se la pittura non bastasse. C’è, naturalmente, un’intenzione formale definita, evidenti giochi formali e poetici; anche giochi percettivi, interpretativi e concettuali. Queste polarità livellate non scompaiono mai, ma alla fine potrebbero atterrare nel reale al termine di un percorso ironico. Formalmente, la relativa fissità di un’immagine è un argomento cruciale, ovvero la fertile possibilità di un’immagine dipinta congelata nella materia e mobile nell’immaginazione. Questo tema non potrebbe in definitiva riferirsi alla minacciata integrità della coscienza, smaterializzata ma pesantemente armata nella febbre tecnologica che ne definisce la condizione postmoderna? La novità ricorsiva di Lasker potrebbe anche raccontare come ottenere qualcosa in una rete dialettica intessuta di Nuovo e Vecchio: loop dopo loop. Una sorpresa postmoderna – post-originalità, post-eroismo, post-valori e post-ingenuità – quando il nuovo è quasi destinato a essere un argomento commerciale connotato dalla creatività, il frutto di un processo meccanico automatizzato unito alla riproduzione, o un imperativo economico costoso. I nuovi dipinti di Lasker, rimanendo legati a una sincera preoccupazione per e riguardo al mondo, continuano a rappresentare la maculata rilevanza di un Possibile, la vitalità e l’interesse sempre spostati del reale quando ha un domani (anche se sembra ieri). Rimanendo fedeli al lucido ottimismo (che sembra naturale per un pittore ancora impegnato con la sua prassi dopo cinquant’anni di lavoro), ci chiediamo se questi dipinti rimangano, nel loro nucleo più fondamentale, esaltanti (persino speranzosi?).

Guillaume Oranger

Info:

Jonathan Lasker. “New Paintings”
June 21-July 30, 2022
Thaddaeus Ropac Marais
7 Rue Debelleyme, 75003 Paris

Jonathan Lasker, “New Paintings” (June 21-July 30, 2022), Thaddaeus Ropac Paris Marais. From left to right: For Jonathan (2019, oil on linen, 152 x 203 cm); Esoteric Construction (2020, oil on linen, 152 x 203 cm), Equitable Landscape (2021, oil on linen, 191 x 254 cm). Courtesy Thaddaeus Ropac

Jonathan Lasker, “New Paintings” (June 21-July 30, 2022), Thaddaeus Ropac Paris Marais. From left to right: Declarative Painting With Metaphoric Transaction (2019, oil on linen, 152 x 203 cm); Why Opinions Form (2021, oil on linen, 152 x 203 cm); Bold Horizon (2021, oil on linen, 76 x 102 cm). Courtesy Thaddaeus Ropac

Jonathan Lasker, “Peintures Récentes” (January 10-February 2, 2012), Thaddaeus Ropac Paris Marais. From left to right: The Boundary of Luck and Providence (2011, oil on linen, 191 x 305 cm); Life Without Thought (2011, oil on linen, 152 x 203 cm); The Commerce of Dreams (2011, oil on linen, 152 x 203 cm). Courtesy Thaddaeus Ropac

Jonathan Lasker, For Jonathan, 2019, oil on linen, 152 x 203 cm, courtesy Jonathan Lasker

Jonathan Lasker, The Boundary of Luck and Providence, 2011, oil on linen, 191 x 305 cm, courtesy Jonathan Lasker


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