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Judith Röder. A rock formation, a stream, a wood, ...

Judith Röder. A rock formation, a stream, a wood, a cloud

Stone, loam, soil.
The earth plowed in long rows.
Tire tracks stand out, tracing in loops.
Water collects in the depressions.
It is much too warm for this time of the year.
The rain should have already changed over to snow.

(Judith Röder, Vulkaneifel, libro d’artista, 2020)

Le opere di Judith Röder (Vulkaneifel, vive e lavora a Colonia) emergono dal desiderio di evocare quell’immagine latente suggerita dal paesaggio, a lei da sempre caro, della regione di Vulkaneifel appartenente alla Renania-Palatinato, ex contea prussiana in cui ritrovare le tracce di un’archeologia romana. Perseguendo un’archeologia del presente, Röder attinge da immagini della memoria per plasmare, nel vero senso scultoreo del termine, le sue opere silenti e l’atmosfera rarefatta che queste emanano. Così è per il paesaggio immaginativo che suggerisce la personale A Rock Formation, A Stream, A Wood, A Cloud, 2021, alla Temporary Gallery di Colonia, un paesaggio tanto realistico quanto sospeso in cui, come suggerisce la curatrice Aneta Rostkowska, l’artista invita a superare il binomio soggetto-oggetto, per immergersi in un’esperienza affettiva perseguendo una perfetta simbiosi tra natura e cultura. Nel trarre il titolo della mostra da versi presenti nel libro d’artista Vulkaneifel (2020), felice risultato  di un omonimo progetto filmico e installativo come vedremo in seguito, la personale articola sapientemente la doppia valenza materiale e immateriale delle opere di Röder, suggerendo tanto sottilmente quanto intelligentemente un orizzonte interdisciplinare che articola i codici filmici con quelli scultorei e installativi in un discorso tra immagine, scrittura e voce. Questo giustifica l’approccio poetico dell’artista che si rende manifesto secondo un divenire plastico e poetico, a partire dalla materia per plasmarsi in movimento fino a divenire metafora.

Una serie di nuovi lavori installativi introducono la mostra. Tra i primi, Lightdots (2021), una serie di opere di carta su vetro in cui l’artista riflette su un susseguirsi di fenomeni luminosi così come suggeriti dalla proiezione della luce naturale sulla parete del suo studio attraverso la superficie di vetro, circoscrivendo dei nimbi di luce che interrogano i limiti dell’ordinaria percezione visiva per suggerire un’immagine diafana sullo sfondo di una superficie bianca, ponendo enfasi sull’aspetto plastico dell’immagine stessa. Nel citare strategie minimaliste, Röder contribuisce a indirizzare un aspetto affettivo, materiale e plastico alla pratica scultorea attraverso la proiezione, interrogando sensibilmente la sempre costante relazione tra uomo e natura in termini di interno-esterno. Così è per Projection VII (2021), un’installazione che tratta del binomio tra natura e artificio avvalendosi di un dispositivo di proiezione applicato al supporto di differenti superfici vitree meticolosamente scelte dall’artista, per proiettare una variazione in sequenza di immagini liberamente tratte da studi anatomici di superfici di alberi e manipolate rievocando la tecnica dell’intaglio per soffermarsi sul ripetersi e il divenire di cromie, pattern ed effetti in superficie. Nel complesso, Projection VII risulta come la proiezione di una serie di immagini contraddistinte da linee sinuose e venature che evocano un’idea di sublime vicina al sentire romantico ma rifiutano al contempo ogni drammaticità, sostituendo ogni punto di vista soggettivo con l’azione del filtro artificiale per mezzo della superficie vitrea attraverso cui l’immagine vibra di una nuova energia tanto vitalistica quanto meditativa. A seguire, con l’opera Projection VI (2018), viene presentata un’immagine tanto latente quanto sublime che è indicativa del suo approccio riduzionista ed essenziale nei confronti del paesaggio, pensando a una fenomenologia della luce attraverso la proiezione per trarre il massimo dell’esperienza da un’immagine tanto palpabile quanto acuta che ben si inserisce nel contesto delle poetiche femminili moderniste nella composizione di immagini diafane.

L’ambiente della mostra si apre a due lavori filmici anticipati da una serie di fotografie che introducono alla visione paesaggistica e che si contraddistingue non per uno specifico taglio cinematografico, ma per il susseguirsi di variazioni tratte da osservazioni e registrazioni di fattori ambientali e climatici come da lei documentati in situ e tradotti secondo una forma di pittorialismo filmico. Con il film sperimentale, Hohes Venn (High Fens), 2021, l’artista include per la prima volta l’aspetto cromatico nei suoi lavori, accompagnandolo alla riproduzione audio di scritti d’artista che hanno il fine di evocare una serie di tropi visivi e narrativi, come ad esempio le metamorfosi insite nei micro-climi di paludi e aree lacustri, suggerendo il ritmo del film attraverso immagini mai nitide, ma anch’esse materialmente soggette al divenire del tempo e per questo connotate da un’impalpabile velatura: non c’è invenzione, ma l’immagine filmica emerge da sguardi e percezioni sottili amplificati dal mezzo filmico pensato in senso plastico per divenire un’immagine di spessore.

The stones are older. They speak. They persist and they survive contiene l’dea di voler evocare un’immagine latente, ovvero quell’immagine mancante che a causa di condizioni naturali irripetibili o per i limiti del medium non risultano più documentabili. In Vulkaneifel-Installation (2019-2021) l’autrice presenta uno dei suoi primi film sperimentali pensato come testimonianza storica e poetica del paesaggio di Vulkaneifel, un paesaggio ancora capace di parlare attraverso la natura, il fruscio degli alberi, gli effetti luministici e il passaggio di nuvole basse su una vallata, tradotti in analogico e secondo lo stile delle immagini in bianco e nero. Nell’evocare i film d’avanguardia, in questo caso, si traduce l’aspetto plastico delle immagini filmiche in scultura pensando a un complesso installativo consistente  in una serie di vessilli in vetro grezzo e smerigliato diversamente disposti sul pavimento della galleria, pensando un gesto scultoreo che nel riprendere le strategie minimaliste, integra le arti applicate in un discorso materico, connotando il vetro di un valore plastico e suggerendo uno slittamento metaforico dal film alla scultura e viceversa. In una triangolazione perfetta, l’installazione si conclude con la presentazione del libro d’artista, Vulkaneifel, un invito a ripercorrere intimamente queste immagini di paesaggio, non solo quelle visive in mostra ma soprattuto quelle latenti evocate dai frammenti dell’artista, per tradurli in un paesaggio interiore.

Info:
Judith Röder. A ROCK FORMATION, A STREAM, A WOOD, A CLOUD
Temporary Gallery, Colonia
26/06/2021 – 17/10/2021
www.temporarygallery.org

Judith Röder, Projection VII, 2021, ornament glass, Overhead-Projectors, variable dimensions. Photo credits: Helge Articus/ Articus + Röttgen Fotografie, courtesy Temporary Gallery Cologne

Judith Röder. A rock formation, a stream, a wood, a cloud. Installation view. Photo credits: Helge Articus/ Articus + Röttgen Fotografie, courtesy Temporary Gallery Cologne

Judith Röder, Lightdots, 2021, colour effect glass, sanded, framed, 30 x 21 x 3 cm. Photo credits: Helge Articus/ Articus + Röttgen Fotografie, courtesy Temporary Gallery Cologne

Judith Röder, Hohes Venn (High Fens) – Serie, 2021, foto prints, framed, 28 x 22 cm. Photo credits: Helge Articus/ Articus + Röttgen Fotografie, courtesy Temporary Gallery Cologne

Judith Röder, Vulkaneifel-Installation, 2019-2021. Experimentalfilm, 16mm transferred to HD-Video, 43 min.-Loop, b/w, 4:3, silent, Glass sculptures, each 45 x 42 x 42 cm, Artist book, 28 x 19,5 cm, 260 p. Photo credits: Helge Articus/ Articus + Röttgen Fotografie, courtesy Temporary Gallery Cologne


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