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Julie Mehretu: Ensemble. Eloquenza inespressiva

Julie Mehretu: Ensemble. Eloquenza inespressiva

Palazzo Grassi ospiterà fino al 6 gennaio 2025 la grande mostra Ensemble dedicata all’artista etiope naturalizzata statunitense Julie Mehretu (1970, Addis Abeba), curata dall’artista stessa e da Caroline Bourgeois. A dialogare con oltre cinquanta opere realizzate tra il 2001 e il 2024, la mostra raccoglie i lavori di altri sette artisti – Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Tacita Dean, David Hammons, Robin Coste Lewis, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin – scelti per la loro collaborazione e amicizia con Mehretu nel corso della sua carriera. Questa soluzione, che privilegia il legame biografico rispetto alla coerenza formale tra le opere, insieme alla decisione di distribuire i lavori in modo non cronologico o tematico, testimonia la volontà di discostarsi dall’idea convenzionale di retrospettiva, mirando a un insieme meno definibile.

Julie Mehretu, “Desire was our breastplate”, 2022-2023, Pinault Collection. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Che i lavori di Mehretu siano di grande impatto è innegabile. Le tele, spesso imponenti e dai toni cupi e colori dissonanti, magnetizzano l’ambiente in cui si trovano. La superficie è completamente uniforme e piatta, ma ingloba una profondità di segni intricati e stratificazioni che quando si accorpano in nuclei creano centri gravitazionali. Al cospetto, per esempio, di Fragment (2009), di oltre 3 x 4 metri, attratti da tale densità, ci si avvicina alla tela e si scopre così un reticolo di architetture che emerge a fatica dalle campiture fumose e dalle linee di forza che catturano lo sguardo da una maggiore distanza. L’opera allora si rivela: si tratta di un paesaggio urbano, martoriato da forze incomprensibili che lo plasmano e confondono.

Julie Mehretu, “Your hands are like two shovels, digging in me (sphinx)”, 2021-2022, Courtesy of the artist and White Cube. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Eppure non sempre un’analisi ravvicinata rivela la possibile chiave di lettura delle opere. In quasi tutti i lavori più recenti la stratificazione poggia su un fondale di sfumature di colore indefinite, ed è solo con l’aiuto della guida cartacea che si può scoprire che si tratta di immagini di cronaca riguardanti eventi di storia contemporanea, sfocate e alterate al computer oltre ogni riconoscimento e infine trasferite su tela. Ma non importa quanto diversi possano essere i temi trattati, il risultato finale pare immutabile. I titoli sono vaghi, l’immagine di partenza è generica (non appartenente alla memoria collettiva e quindi non riconoscibile se alterata) e i segni apposti sembrano non rispondere né al soggetto né alla sua manifestazione estetica. Inoltre la successione all’apparenza randomica delle opere, che alterna in maniera costante le fasi dello sviluppo artistico di Mehretu – e quindi soggetti di partenza del tutto diversi – evidenzia immediatamente la monotonia della sua produzione.

(Left to right) Julie Mehretu, “Vanescere”, 2007, Pinault Collection; Fragment, 2009, Private Collection. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Ciò che si registra nel corso della visita è una totale variazione dei concetti sottostanti alle opere unita all’imperturbabilità del gesto astratto in cui consistono. Vengono toccati soggetti come la guerra in Medio Oriente, gli incendi boschivi negli Stati Uniti, l’epidemia di Covid, la tragedia della torre di Grenfell e tanti altri, aventi di primo acchito in comune solo la rilevanza attuale, e a tutti viene sovrapposta con modalità indiscriminata una densa patina di trasformazioni e segni pittorici, con il risultato che le opere appaiono simili – o comunque similmente indecifrabili e poco comprensibili – pur promettendo una grande quantità di contenuti tematici, senza filo conduttore e per intero nascosti alla vista. La dichiarata presenza di evocative immagini di partenza impedisce di concentrarsi sulla sola dimensione estetica, spostando l’attenzione dalla superficie astratta del lavoro al significato che cela, ma l’incoerenza tra i temi e la completa dissoluzione di qualsiasi figura intelligibile frustrano la ricerca di un filo conduttore tematico o formale.

Julie Mehretu, “Maahes (Mihos) torch”, 2018-2019, Pinault Collection. Ph: Tom Powel Imaging. Courtesy of the artist and Marian Goodman Gallery, New York

Le opere degli altri artisti di Ensemble, così esplicite ed eloquenti in confronto, che si tratti delle immediate simbologie di Hammons o dei personaggi informi di Baghramian, non fanno che enfatizzare per contrasto la reticenza della Mehretu. La dichiarata ambiguità è così totale e prolungata che presto si trasforma in inespressività, resa evidente dalla ripetizione delle tele ma intrinseca ad esse proprio per il processo che le ha generate. Sorge il sospetto che l’ordine non cronologico e l’aggiunta di altri artisti siano tentativi di nascondere la vacuità della produzione della protagonista della mostra.

(Foreground – Left to right) Nairy Baghramian, “S’accrochant (crépuscule)”, 2022; “Se levant (mauve)”, 2022; “S’accrochant (ventre de biche)”, 2022. Courtesy of the artist and kurimanzutto, Mexico City, New York; (Background- Left to right) Julie Mehretu, “They departed for their own country another day”, 2023, courtesy YAGEO Foundation Collection, Taiwan; Nairy Baghramian, “S’asseyant”, 2022, courtesy of the artist and kurimanzutto, Mexico City, New York; Julie Mehretu, “Ghosthymn (after the Raft)”, 2019-2021, private collection. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection

Può nascere però anche un altro sospetto: che la straordinaria freddezza che emana da opere in teoria così ricche sia intenzionale. Che la vera operazione artistica sia il partire da un contenuto già di per sé scottante, aggiungervi una miriade di segni pittorici e ottenerne un’opera completamente silenziosa e asettica, e infine dimostrare che tale operazione può essere ripetuta all’infinito ottenendo così il riconoscimento del mondo dell’arte. Come se si trattasse di un negativo del De Kooning cancellato di Robert Rauschenberg, o meglio di un’applicazione della stessa idea alla scena artistica attuale, impiegando tendenze contemporanee come il grande formato, immagini di cronaca alterate, il ritorno all’espressione astratta, l’estetica digitale del pixel e del glitch. Rauschenberg ha dimostrato settant’anni fa attraverso un singolo foglio bianco incorniciato che il gesto artistico poteva consistere nell’assenza dell’arte, Mehretu dimostra, oggi, attraverso centinaia di enormi tele colorate che l’arte può non consistere in contenuti politici e gesti creativi.

Luca Avigo

Info:

Julie Mehretu. Ensemble
A cura di Caroline Bourgeois e Julie Mehretu
17/03/2024 – 06/01/2025
Palazzo Grassi
Campo San Samuele 3231, Venezia
https://www.pinaultcollection.com/palazzograssi/it


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