Per ricordare un avvenimento, un luogo o un volto, bisogna viverlo, osservarlo. Se ciò non accade, scattare una fotografia è il miglior modo per sopperire a questa mancanza: il potere delle immagini, infatti, consiste proprio nell’innescare meccanismi come il ricordo, l’immaginazione e l’immedesimazione. In Requiem for Pompei accade tutto questo. La personale del fotografo giapponese Kenro Izu (Osaka, 1949), inaugurata al MATA di Modena e promossa dalla Fondazione Modena Arti Visive insieme al Parco archeologico di Pompei, non solo apre le porte di uno dei luoghi più suggestivi d’Italia, ma impone, soprattutto, di soffermarsi a riflettere sull’essenza e il lascito di quel luogo.
Le cinquantacinque fotografie esposte, affidate alla curatela di Chiara Dall’Olio e Daniele De Luigi e visibili fino al 13 aprile 2020, non presuppongono l’intenzione di restituirci una documentazione degli scavi o una loro ricognizione. Come si allude nel titolo, l’intento di Izu è piuttosto quello di commemorare il tragico avvenimento che colpì Pompei al fine di perpetuarne la memoria. Fissare in uno scatto gli angoli e gli scorci per congelarne eternamente l’immagine. Izu, per l’occasione, posiziona inoltre alcuni calchi delle vittime dell’eruzione in punti nevralgici della città, come il Foro e l’Anfiteatro, al fine di riprenderli insieme ai resti. Tra poesia e dolore, i corpi instaurano in questo modo un dialogo profondo con il contesto circostante, divenendo protagonisti della sua preghiera visiva. Il suo gesto amplifica l’esperienza della visione, che si intensifica fino a tramutarsi in condivisione: Izu lascia che siano gli altri – ossia noi – a proseguire la preghiera, condividendo il ricordo di un dolore senza tempo che ha interessato il passato, ma che potrebbe manifestarsi nuovamente in futuro.
Non è la prima volta che Izu decide di commemorare antichi luoghi: già con la serie Sacred Places, iniziata nel 1979, egli si confronta con l’atmosfera suggestiva di siti come Stonehenge, Palmyra e Machu Picchu. Il legame spirituale che instaura con essi si percepisce immediatamente osservando i suoi lavori, nei quali il medium fotografico sembra costituire una sorta di passaggio, un varco temporale utile a comprendere la natura, l’essenza stessa di quei luoghi. In Requiem for Pompei questo rito si rinnova coinvolgendo in maniera ancora più decisa lo spettatore: la serie fotografica, intrapresa nel 2015, cattura infatti la nostra attenzione fino a proiettarci indietro nel tempo, facendoci assaporare il dramma – e insieme la bellezza – di una città unica al mondo. Contribuisce in tutto questo la scelta di Izu di realizzare le fotografie mediante l’utilizzo del banco ottico, strumento già di per sé poetico che permette di ottenere immagini altamente nitide: i contrasti del bianco e nero esaltano così l’aura mistica del luogo e concorrono a farne apprezzare ancora di più i dettagli.
A corredo dell’apparato fotografico, la mostra espone inoltre alcuni calchi provenienti dal Parco archeologico di Pompei, gli stessi che Izu ha posizionato e immortalato nelle sue fotografie. La loro presenza intensifica il pàthos, dando corpo al dramma immaginato. Questo crea una sorta di corto circuito della visione: è come assistere alla materializzazione di figure osservate in un vecchio album di famiglia. Ci si rende conto, in questo modo, che i corpi fotografati, pur avendo oggi sembianze scultoree, sono reali e che, soprattutto, in passato hanno goduto di vita propria. Il corto circuito ci spinge inoltre a capire che anche il dolore e la sofferenza sono stati reali – si possono “toccare con mano”. Il lavoro di Kenro Izu costituisce, dunque, un’ulteriore testimonianza della forza intrinseca della fotografia: essa non solo è in grado di immortalare al fine di perpetuare, di evocare al fine di ricordare, ma è capace anche di attestare ciò che si pensa dubbio, di conferire corpo a un qualcosa che potrebbe ritenersi vero – e in questo caso lo è del tutto. Per dirla con la Sontag, “le immagini sono […] più reali di quanto chiunque avesse supposto”.
Antongiulio Vergine
Info:
Kenro Izu. Requiem for Pompei
A cura di Chiara Dall’Olio e Daniele De Luigi
6 dicembre 2019 – 13 aprile 2020
FMAV – MATA
Via della Manifattura dei Tabacchi 83, Modena
Kenro Izu, Casa degli Amorini Dorati, Pompei, 2016
Kenro Izu, Requiem for Pompei, Installation View, Fondazione Modena Arti Visive, MATA, Modena, 2019, Photo credits – Rolando Paolo Guerzoni
Kenro Izu, Requiem for Pompei, Installation View, Fondazione Modena Arti Visive, MATA, Modena, 2019, Photo credits – Rolando Paolo Guerzoni
Nato a Campi Salentina (LE). Dopo la facoltà triennale di Tecnologie per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali presso l’Università del Salento, frequento il Corso di Laurea Magistrale in Arti Visive presso l’Università di Bologna. Ho collaborato con la Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. di Bologna e con il MUMA – Museo del Mare Antico di Nardò (LE). Mi interessano le vicende riguardanti l’arte contemporanea, in particolare quelle legate alle pratiche video-fotografiche e performative. Scrivo per ATPdiary e Juliet Art Magazine.
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