In barba alla lentezza dell’uomo il Covid-19 continua a seminare problemi, falcidiando vite umane e bloccando qualsiasi possibilità di programmazione a lunga distanza. Le motivazioni di questa situazione strisciante sono molteplici: un mondo fin troppo sovrappopolato e privo di aree disabitate, alta percentuale di anziani ovviamente caratterizzati da una spiccata fragilità, persone con naso da toccio che non rispettano la disposizione della mascherina, della distanza di sicurezza, e dell’igienizzazione delle mani (vuoi per protervia, vuoi per dissennatezza, vuoi per fede politica, vuoi per menefreghismo, vuoi per giovanilismo…), la frenesia degli spostamenti (per divertimento, per gioco, per lavoro), i pochi metri quadri a disposizione nella maggior parte degli appartamenti popolari che rendono ancor di più i cittadini insofferenti ai regolamenti restrittivi (questo grazie ai padri del razionalismo storico che con il postulato dell’Existenzminimum pretesero di dare piccole abitazioni dignitose a ogni essere umano), impreparazione iniziale della scienza a dare una risposta univoca e certa, mancanza di strutture e carenza di personale a causa dei tagli della sanità pubblica, “ammuine” recitative tra la periferia e il centro della politica.
Ora, a causa di questo “fantasma epocale” che si aggira nel mondo, e che non si riesce ad arginare, la vita culturale, intesa come frequentazione fisica di luoghi e persone, nella maggior parte dei casi si è come per incanto fermata. Le eccezioni sono davvero rare e forse non del tutto sensate. In Svizzera, per esempio, a seguito delle normative emanate dal Consiglio Federale anche il Kunsthaus Glarus dichiara di rimanere chiuso fino al 28 febbraio 2021. Perciò le mostre in corso sono bloccate e non visitabili e la programmazione futura è stata sospesa poiché non c’è certezza sul fatto che il 28 febbraio le cose possano per davvero sbloccarsi.
Il Kunsthaus Glarus è una piccola realtà operativa, ma, pur con uno staff di poche persone (è diretto da Judith Welter, con la collaborazione del curatore Otto Bonnenma), ha un’attività di tutto rispetto. È membro del Consiglio internazionale dei musei della Svizzera (ICOM), dell’Associazione dei musei in Svizzera (VMS / AMS), dell’Associazione dei musei d’arte svizzeri (VSK / AMB / AMA) e dell’Associazione delle istituzioni svizzere di contemporaneità Arte (VSIZK / AISAC).
Le mostre bloccate dall’epidemia di Covid-19 sono due: la prima s’intitola “Kunstschaffen Glarus 2020” (una sorta di lodevole inventario di autori del territorio); la seconda, ispirata dal pretesto di un tema legato all’abitazione, s’intitola “Ein Haus ohne Licht ist nur ein halbes Haus” (Una casa senza luce è solo metà di una casa). In definitiva due collettive che presentano lavori (anche curiosi) di autori poco conosciuti. Nella prima sezione troviamo le opere di: Ali Mahdi, Lotte Müggler, müller-emil, Andrea Maria Mutti, Evelyn Nagengast, Paul Nievergelt, Pat Noser, Eva Oertli, Rahel Opprecht, Elsa Quadri, Karin Reichmuth, Sibyl Rezgueni, Marco Russo, Edith Schindler, Sybille Schindler, Ernst Schmid Brunner, Albert Schmidt, Silvia Schneider, Erika Schneider, Sylvia Senz-Benkert, Erika Sidler, Mirko P.Slongo, Biggi Slongo Gastrich, Stjepan Slukan, Sabina Speich, Werner Stauffacher, Martin Stützle, Malinda Topa, Christina Vanomsen, Jolanda Vogel, Fridolin Walcher , Hans Waldvogel, Antonio Wehrli, Christa Wiedenmeier e Catharina Yersin. Nella seconda sezione sono invece state accostate le opere di: Severin Benz, Eva Bertschinger, Anni Blumer, Helen Dahm, Oskar Dalvit, Madlaina Demarmels, Paul Fröhlich, Christine Gallati, Georg Anton Gangyner, Mathis Gasser, Nanette Genoud, Giovanni Giacometti, Konrad Grob, Hermann Huber, Karl Hügin, Ernst Ludwig Kirchner, Alfred Leuzinger, Roy Lichtenstein, Ernst Morgenthaler, Fritz Eduard Pauli, Marta Riniker-Radich, Ottilie Wilhelmine Roederstein, Gustav Schneeli, Alexander Soldenhoff, Viktor Tobler, Ueli Torgler, Lill Tschudi, Vre Tschudi, Louis-Auguste Veillon, Jan Vorekis e Mathias Wild.
Troppi i nomi per poter tentare di dare una pur minima lettura di qualche singola opera. Ricordiamo piuttosto gli intenti di queste due iniziative: la prima è un’opportunità espositiva per gli artisti che risiedono nel cantone di Glarona; una specie di presentazione annuale del lavoro svolto nel proprio atelier nell’arco di un anno, un po’ come i pretesti che stavano alla base delle grandi esposizioni parigine di fine Ottocento o alle collettive sindacali del primo Novecento. Perciò, sebbene qualche purista di serie A storcerà la bocca in una smorfia di disapprovazione e pretenderà che questa quasi non-selezione possa cadere sotto il giogo della demagogia populista, io ritengo invece che sia una buona cosa che una struttura pubblica voglia offrire questa opportunità espositiva. Poi spetterà alla caparbietà del singolo individuo procedere nella direzione di relazioni a macchia di leopardo, e se ne avrà la capacità, e se sarà abbastanza forte da farsi vagabondo attraverso le rotte del mondo e se il suo lavoro saprà interfacciarsi con le richieste del momento storico, allora potrà procedere su altri binari verso traguardi più ragguardevoli. La cosa curiosa è che quest’anno veniva assegnato il GlarnerSach Audience Award, ma anche questo progetto, a causa dell’epidemia, è rimasto, per il momento, nel cassettino.
Il secondo appuntamento espositivo è invece legato ai 150 anni del Glarner Kunstverein (l’associazione degli artisti, un’istituzione che nei paesi di lingua tedesca registra una vitalità ancora molto diffusa radicata) e presenta, nell’insieme delle opere e dei documenti esposti, uno spaccato cronologico, riferendosi peraltro alle relazioni sociali che sono state determinanti per la vita e il lavoro della stessa associazione e dei singoli associati.
Giacomino Pixi
Info:
Kunsthaus Glarus
im Volksgarten
8750 Glarus
office@kunsthausglarus.ch
Vista parziale della mostra Kunstschaffen Glarus 2020, Kunsthaus Glarus, 2020–2021, ph CE, courtesy Kunsthaus Glarus
Vista parziale della mostra Kunstschaffen Glarus 2020, Kunsthaus Glarus, 2020–2021, ph CE, courtesy Kunsthaus Glarus
Sabina Speich, crocketgiantfood Pizza, 2017, lana, ph CE, courtesy l’artista e Kunsthaus Glarus
Edith Schindler, Pflanzenwerk, 2017, acrilico su tela, 2 parti, ph CE, courtesy l’artista e Kunsthaus Glarus
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